Una manovra finanziaria di nuove tasse, niente tagli e tanti sacrifici (ancora) per tutti. Il presidente del Consiglio Enrico Letta, in un eccesso di generosa considerazione verso se stesso, ha parlato di “manovra della stabilità”.
Una manovra finanziaria di nuove tasse, niente tagli e tanti sacrifici (ancora) per tutti. Il presidente del Consiglio Letta, in un eccesso di generosa considerazione verso se stesso, al momento del voto sulla legge nata per mettere a posto i conti dello stato ha parlato di “manovra della stabilità”.
Una stabilità che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe durare tre anni e garantire la definitiva ripresa del Paese dopo un lustro di crisi totale ed una montagna di sacrifici sopportati soprattutto da imprese, pensionati, giovani e famiglie.
La realtà, al di là delle parole, è ben diversa e l’ottimismo di Palazzo Chigi nasconde solo l’imbarazzo di scelte tutt’altro che strutturali e niente affatto eque.
Con una assenza totale di coraggio, Gianni Letta ha scelto ancora una volta di scaricare sui ceti deboli il costo della crisi facendo pagare di più a chi meno ha e non toccando privilegi e rendite parassitarie di banche e finanza d’assalto.
Per il rilancio dell’economia e dell’occupazione inoltre dovremo attendere ancora.
Ma entriamo nel dettaglio della manovra finanziaria che potremmo sintetizzare così: niente investimenti, niente tagli e soprattutto più tasse.
In compenso, ancora favori a banche (che scaricando i crediti inesigibili potranno ripulire i bilanci) ed evasori (di fatto è stato varato un nuovo scudo fiscale per il rientro agevolato di capitali esportati clandestinamente all’estero), mentre non è stato aumentato di 2 punti (dal 20 al 22%) il carico fiscale sulle rendite finanziarie.
Gli unici ritocchi previsti, quelli sui titoli del debito pubblico, ovviamente a carico dei piccoli risparmiatori. Il blocco delle pensioni superiori ai tremila euro fa il resto. Prospettive nere, infine, per chi ha la disavventura di possedere uno o più immobili.
Il taglio dell’Imu sulla prima casa lo pagheremo caro perché la tassa che se ne va lascia il testimone alla Trise, la nuova service tax che assorbirà Tares e Tarsu. Il risultato di queste alchimie matematiche, un incremento generalizzato delle tasse, considerato anche il fatto che lieviteranno tutte le addizionali Irpef regionali e provinciali.
Come dire che caro ci costerà lo sbandierato “storico” abbattimento di una tassa odiosa proprio perché poco selettiva a causa dei vergognosi ritardi degli adeguamenti fisco-catastali che ancora attendono il varo di una profonda e seria riforma.
I tagli per 2,5 miliardi agli sprechi nella sanità (uno dei buchi neri del nostro sistema Paese), insieme alle spese folli della politica e delle istituzioni, sono stati infine graziati con buona pace della casta, degli incapaci, dei corrotti, dei furbi e della politica che da questa manovra finanziaria non hanno nulla, proprio nulla, da temere.
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