Tutti giocano a favore della Roma. Uno dei turni più interessanti di questo avvio di stagione apertosi venerdì con lo scontro diretto dell’Olimpico tra Roma e Napoli, ci consegna dei responsi che alimentano la già prepotente candidatura dei giallorossi al titolo e ora avanti di cinque lunghezze sia sul Napoli che sulla Juve. Un distacco che non conosce eguali nell’Europa che conta. A Firenze, contro una Fiorentina molto al di sotto delle sue possibilità e in completa balia dei bianconeri per oltre 75 minuti, la Juve, dopo aver sciupato più di un’occasione per il triplice vantaggio, riesce nell’impresa di incassare quattro reti in un quarto d’ora per il tripudio del pubblico viola che non assisteva ad un successo interno dei propri beniamini contro gli acerrimi rivali dal dicembre 1998 e per lo sconforto di un incredulo Conte, ancora incapace di spiegarsi l’accaduto. Alzino la mano, quelli tra gli appassionati di più vecchia data, quelli che non hanno riavvolto il nastro della memoria alle tre reti in una manciata di minuti con cui il Torino rovesciò il doppio vantaggio juventino nel derby di ritorno del campionato 1982/83. Visto l’esito di quel campionato, un dèja vu dolcissimo per tutti i tifosi romanisti. Due, di fatto, le partite disputatesi al Franchi: nella prima dominio quasi imbarazzante di una Juve che disponeva a piacimento dei padroni di casa, nella seconda, incoraggiata da un rigore persino più generoso di quello concesso per l’1-0 bianconero, la Fiorentina ha tentato il tutto per tutto. La Juve dell’anno scorso avrebbe tenuto alta la soglia della concentrazione e mantenuto se non incrementato il vantaggio. Ma questa è un’altra squadra, soggetta a non infrequenti black out. Inizialmente in difesa passiva del doppio vantaggio, vuoi per supponenza vuoi per centellinare preziose energie per il Bernabeu, poi, raggiunta sul 2-2, scriteriatamente in avanti. A pieno organico. Comodi i due contropiede viola per il 4-2 finale. Da annotare anche i riflessi appannati di Buffon sulla seconda delle tre reti di un “pepito” Rossi, restituito ai suoi livelli e ora capocannoniere. Che sta succedendo ai bicampioni in carica? Probabile che le insistenti voci di inizio stagione su un possibile addio di Conte (principale candidato a sostituire Prandelli sulla panca azzurra e attirato da un’esperienza all’estero) non abbiano aiutato.
La Lazio inciampa anche a Bergamo. Un tempo per parte ma il 2-1 finale per gli atalantini, tutto sommato, ci può stare. Partita piatta, Lazio anche di più. Una prestazione neanche troppo negativa, quella dei biancocelesti, ma priva di mordente, al di là dei soliti errori del pacchetto arretrato e di un centrocampo privo del necessario cambio di passo e, oltremodo penalizzato dalla decisione di risparmiare, almeno in avvio, il suo uomo più veloce e più in forma: Candreva. E’ rientrato, ma solo nel finale, Klose. Se ne sono accorti in pochi. Una prestazione da squadra senz’anima e neppure troppo bella. La rete biancoceleste è stata messa a segno da una delle pochissime note liete di questo periodo, il neoacquisto Perea. Non un caso, probabilmente. Della scarsa condizione e motivazione della vecchia guardia si è già abbondantemente scritto in precedenza. La sconfitta non è stata priva di strascichi. Nella tarda serata di ieri, infatti, erano circolate con insistenza voci sulle dimissioni di Petkovic ma, sei minuti dopo la mezzanotte, la società ha diramato un comunicato ufficiale smentendo tutto. In ogni caso, un’ulteriore conferma che l’ambiente è tutt’altro che sereno. L’insoddisfazione del tecnico, non accontentato come avrebbe voluto, in sede di mercato, e ora anche in confusione tattica, diventa sempre più difficile da nascondere. Ma avrebbe potuto e dovuto manifestare le sue perplessità quest’estate. Ora i buoi stanno scappando. E la polvere accumulata sta facendo capolino dal tappeto.
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