“Per Giulia contate su di me”: Sono le parole del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, mentre Giulia Ligresti è in carcere. Non sarebbe ora il caso di riflettere e di fugare ogni dubbio con le dimissioni da ministro?
“Per Giulia contate su di me…”.
Ricevere nei momenti di difficoltà, affetto e solidarietà da chi ti vuole bene è una testimonianza di grande civiltà. Un atto d’amore. E’qualcosa di straordinario.
Parole come quelle pronunciate dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, al telefono con l’amica del cuore di sempre, sconvolta dai grossi problemi giudiziari che sta attraversando la sua famiglia, per tramite del proprio compagno Salvatore Ligresti, sono carezze per l’animo. Aiutano ad affrontare meglio le asperità e le durezze della vita.
Anche quelle del carcere. Per chi in galera ci sta e magari è detenuto in attesa di giudizio.
Meglio, molto meglio se poi, quella disponibilità, dal carcere, ti fa uscire, magari grazie a qualche norma o cavillo che ti rimanda a casa con buona pace per tutti quelli, e sono decine di migliaia, che dietro le sbarre invece devono restarci solo perché non hanno la fortuna di conoscere, anzi di condividere amicizia e interessi, con un ministro potente come il Guardasigilli.
La storiaccia della liberazione di Giulia Ligresti a causa della sue precarie condizioni di salute, merita alcune riflessioni. Il 17 luglio scorso, nelle ore in cui la Guardia di Finanza su mandato dei giudici, procede all’arresto di Salvatore Ligresti e dei suoi tre figli, accusati di reati finanziari gravissimi, la compagna dell’ex dominus del gruppo Fonsai, Gabriella Fragni chiede al ministro di intervenire, di intercedere per la liberazione di Giulia, la figlia dell’ingegnere sofferente per problemi di anoressia legati alla detenzione.
Il ministro Cancellieri solidarizza con la sua amica e conferma che farà “di tutto” per trovare una soluzione.
Nelle settimane e nei mesi che seguono la retata della famiglia dell’ingegnere (arresti, è bene ricordarlo, resisi necessari in conseguenza dei pesanti tentativi di inquinamento delle prove da parte di Ligresti e dei suoi figli), i magistrati inquirenti negano la libertà provvisoria alla giovane donna proprio per timore che possa continuare l’inquinamento del quadro probatorio.
Scelta più che legittima contro la quale con il suo intervento si trova a remare il ministro che sempre nel corso della telefonata con la signora Fragni aveva spiegato che avrebbe fatto “qualunque cosa” pur di trovare una via d’uscita. Dal carcere.
Qualcuno può negare forse che il tono delle telefonate e la determinazione con la quale il ministro Cancellieri parla di una detenuta che definire eccellente è fin troppo ovvio, lasciano decisamente perplessi? E come si fa a dar torto a chi, oggi, al Guardasigilli chiede di spiegare e fugare ogni dubbio o dimettersi?
Su una cosa comunque vorremmo porre l’accento: dalle indagini della polizia tributaria risulta che il figlio del ministro Cancellieri, in passato dipendente dell’ingegnere, avrebbe ancora contatti con il gruppo Ligresti.
“Dal monitoraggio delle conversazioni telefoniche è emerso – scrivono gli inquirenti- “che lo stesso ex direttore generale di Fondiaria-Sai, Piergiorgio Peluso, continua a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che a quelle societarie…”.
L’’annotazione è del 29 agosto scorso, lo stesso periodo in cui dal ministero vengono avviate le procedure per portare fuori dal carcere Giulia Ligresti.
Dunque si è trattato davvero di “una telefonata di solidarietà dal punto di vista umano” o qualcosa di più?
In tempi drammatici di giustizia malata e situazione esplosiva nelle carceri italiane è chiaro che una vicenda del genere getta discredito e sfiducia nelle istituzioni.
E su questa considerazione il ministro Cancellieri farebbe bene a riflettere, magari dimettendosi e fugando così i dubbi crescenti di chi, dagli uomini che governano il Paese, esige trasparenza e correttezza di comportamento soprattutto quando si parla di leggi e libertà.
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