Ad Atene, ad esempio, dove vive poco meno della metà della popolazione greca, i poveri si radunano in modo discreto, dentro e fuori l’ingresso, situato in via Kapodistriou, non molto lontano da piazza Omonia, o della concordia, piena di traffico e di gente sino a sera quando si spopola per diventare un luogo poco raccomandabile per i turisti e gli stessi ateniesi. Con la pioggia, con il sole, aspettano con pazienza di entrare. Rifugiati, migranti, spesso con le loro famiglie, giovani donne con piccoli in braccio, e adesso anche tanti greci, trovano nel centro per i rifugiati della Caritas Atene un pasto caldo giornaliero, dei vestiti e un aiuto per sbrigare pratiche relative al loro status.
Arrivano anche siriani ma, come spiega il direttore della Caritas della capitale greca, padre Andreas Voutsinos, “sono pochi e di passaggio. Non si registrano in Grecia poiché intendono chiedere lo status di rifugiato nei Paesi del Nord Europa. Chiedono cibo, vestiti, in alcuni casi assistenza medica, fin quando non riescono a partire”. La fila in via Kapodistriou ogni giorno si fa più lunga, segno chiaro che la crisi economica colpisce strati sempre più ampi della popolazione. I numeri del centro lo confermano, spiega Panegiotas Siafaka, assistente sociale coordinatrice del programma “Rifugiati”: “Nel 2012 la mensa ha servito oltre 76mila pasti, una media di oltre 300 persone al giorno per cinque giorni alla settimana. Due volte a settimana diamo vestiti e coperte. Lo scorso anno abbiamo rifornito oltre 3.500 persone. Ogni mese abbiamo distribuito pacchi viveri a famiglie bisognose, per un totale di 524. Abbiamo vaccinato 116 bambini e tenuto oltre 2.500 incontri personali per informare le persone su possibilità di lavoro, assistenza sanitaria e legale. In ambito sociale è importante la collaborazione con associazioni e Ong per partecipare anche a programmi europei di cooperazione”.
Numeri che non hanno la pretesa di fornire risposte definitive alla povertà delle persone né tantomeno alla crisi in atto ma che rispondono nell’immediatezza e in maniera concreta alla necessità delle persone di essere accolte, amate, trattate con rispetto, senza distinzione di lingua, religione, razza, etnia.
Lo stesso stile di accoglienza e di servizi, raconta l’inviato del Servizio informazione religiosa (Sir) Daniele Rocchi, lo si ritrova anche nelle singole parrocchie della capitale greca, dove operano numerosi volontari, molti dei quali, però, sono persone di età avanzata. Si distribuiscono pagnotte in avanzo, ma si registrano anche frequentemente nelle chiese furti di candele che servono a illuminare le abitazioni private. Cresce tra i greci il numero di coloro che hanno perso il lavoro e che traggono beneficio da un pacco viveri, da un pasto della mensa e persino da una candela. Ci sono anche persone che si rifugiano di nascosto nelle parrocchie per trovarvi un riparo per la notte.
La generosità è diffusa, nonostante la crisi galoppante. In diversi casi la Caritas si fa carico di pagare bollette, utenze e spese mediche. Una volta al mese vengono distribuiti viveri a otto famiglie. “I contatti con le famiglie – spiega Irene Dalla Costa, dello staff Caritas, italiana da molti anni in Grecia – ci fanno conoscere persone che si contraddistinguono per la grande dignità nel cercare innanzitutto un lavoro per soddisfare i bisogni dei congiunti. Sono situazioni che non riusciamo sempre a fronteggiare. Abbiamo bisogno di un’assistente sociale, di uno psicologo, che sappiano accompagnare queste persone sotto ogni profilo. Migliorare le competenze, anche questo è un modo per rispondere alla crisi e per crescere come comunità ecclesiale”.
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