Le gare della domenica danno poche emozioni. Pareggio dei giallorossi a Bergamo, la Signora vince tra i cori razzisti dei ragazzini.
A Bergamo per la Roma sarebbe stata dura, si sapeva, e per più di un motivo. Dal timore di perdere terreno dalla nuova capolista alla determinazione di un avversario che in casa concede sempre poco, all’ostilità del pubblico locale.
Ricordate il carro armato sulla macchina giallorossa di quest’estate? È stato il tema portante della coreografia dei tifosi atalantini all’ingresso delle squadre in campo. Sul campo si è vista una partita la cui sintesi migliore l’ha fornita Garcia davanti ai microfoni.
“La Roma ha giocato solo mezz’ora ma in quella mezz’ora lo ha fatto benissimo”.
Vero. Tutto il primo tempo scorre sulla falsariga di una Roma che tiene palla ma non punge e un’Atalanta che contiene senza affanni ma quando riparte qualche grattacapo lo crea. E, infatti, Brienza coglie una traversa. La ripresa si apre con il repentino vantaggio atalantino con una punizione balorda di Brivio che rimbalza davanti a un De Sanctis lentissimo di riflessi.
Poi, vuoi perché i bergamaschi, peraltro in formazione rimaneggiata, non sono granché di loro, vuoi perché la Roma si sveglia dal torpore, si vede solo la squadra giallorossa. Occasioni a grappoli, solita sfortuna mista a inconcludenza davanti e quando l’imbattibilità stagionali sembrava andata, ecco il pari, in pieno recupero, di uno dei migliori, della partita e del campionato, Strootman. Ispirato da Ljajic. Con Pjanic in campo.
Ecco il punto. Parlare di appannamento della Roma non sarebbe intellettualmente onesto, almeno per ora. La squadra di Garcia non ha giocato affatto nella prima ora, ma poi, incassato il ceffone, ha fatto vedere cose ottime. I tre punti non sono arrivati per errori del tecnico che, stavolta, ha sbagliato parecchio a cominciare dalla scelta di partire con i due slavi in panchina.
Perché la squadra, tutta, ha aspettato troppo per mostrare la faccia cattiva ma quando ha fatto “buh” l’avversario si è spaventato eccome, per il primo errore stagionale di De Sanctis, per la solita mira un po’ così di chi si alterna al tiro e, dulcis in fundo, per un rigore solare negato per un mani clamoroso di Canini su tiro di Maicon e per un altro (trattenuta anche per la maglia di Cazzola a Gervinho) che in Champions sarebbe stata penalty.
E ricordiamo che per un episodio analogo il Napoli, probabilmente, sarà costretto ad abbandonare l’Europa che conta. Non si vuol fare vittimismo o gridare a complotti ma quel che spetta va dato. La squadra, comunque, mantiene un impianto molto solido.
In pieno recupero anche la Juve svolta la sua giornata e quando sembrava che il pari di Bergamo fosse un risultato da rivalutare alla luce delle difficoltà che l’Udinese stava proponendo alla capolista con Buffon costretto a ben tre prodigi per salvare lo 0-0 e la tegola dell’infortunio a Pirlo (si parla di 40 giorni di stop), ecco l’incornata vincente di Llorente a risolvere un rebus che sembrava insolubile. Ma la voglia di crederci sempre è un innegabile merito. Per cui giù il cappello davanti ai ragazzi di Conte, di nuovo in simbiosi con la famelica sete di vittoria del proprio tecnico. E’ anche con successi come questo che si costruiscono primati.
Da segnalare la bella iniziativa della società torinese di riempire le due curve squalificate con i bambini. Che, si vede, crescono in fretta. I reiterati “m..da” urlati a Brkic ad ogni rinvio dimostrano come il problema dei nostri stadi sia di matrice culturale legati all’insulto e al dileggio dell’avversario come espressione esasperata di tifo contro piuttosto che di pretese discriminazioni, razziali o territoriali che siano. Questa ne è stata la prova provata.
Sempre ad un passo dal fischio finale, anche l’Inter ha visto cambiare l’umore di una giornata iniziata con l’accoglienza in pompa magna del suo nuovo patròn, Thohir. E con la rete di Guarin per l’1-0. Ma la Samp non ha rubato nulla.
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