Viaggio nell’abbandono e nell’invivibilità della Capitale. Spazzatura, incuria, prostitute e rassegnazione sulla strada dell’Unindustria.
Ogni piazzola, sulla Collatina, è buona per abbandonare mobilio vario, elettrodomestici e altri ingombranti. Col fattore sicurezza che diventa rischio principale. Vicino Ponte di Nona è già un tripudio di plastica ai bordi delle carreggiate. Poi, materiali di risulta dei cantieri, lattine, indumenti. Più in là, scatoloni e una miriade di cartoni.
E ancora, verso Lunghezza, rami tagliati in terra e sanitari. Pali staccati giacciono ai lati dello stradone e la visuale si apre ad una montagna di cemento ammassato. Lo specchietto, utile per chi accosta, non esiste più: ne è rimasto solo l’ovale. Buche come crateri e una selva di vegetazione inframezzata da cumuli di immondizia nei cespugli completano il quadro.
Parlano le foto: dicono molto dello scempio della consolare abbandonata a se stessa a causa del rimpallo delle competenze istituzionali.
Ogni dieci metri, una discarica, in mezzo le postazioni delle “signorine” che aspettano i clienti sedute, qualche metro prima di arrivare al centro commerciale, al riparo di ombrellini colorati che risaltano nel grigiore generale. Lavorano dalle prime ore del giorno abbordabili a cavallo dei guard rail e negli anfratti: le auto parcheggiate sul ciglio, il via vai dei controllori delle lucciole con le chiome oltre la vita in abiti succinti, la maggior parte straniere.
La palina all’altezza della fermata del bus in via Longoni è praticamente crollata. Il 543 lo si aspetta in strada, incrociando le dita che passi e che si resti incolumi. Prima di giungere in direzione via Noale, dopo aver attraversato via di Salone in un silenzio interminabile, a pochi metri dalla sede territoriale del palazzone di Unindustria, la realtà supera l’immaginazione: balaustre di vetro in terra e una mega discarica di ferraglia.
I cartelloni con le indicazioni stradali abbattuti e rimasti sull’asfalto fanno parte del panorama. E una selva di rifiuti e ancora rifiuti in ogni dove. Gli interventi di pulizia straordinaria sono, dunque, serviti a poco; l’abitudine di scaricare immondizia e ingombranti nelle piazzole di sosta si è radicata nel tempo.
E il motivo sono i controlli latitanti dopo le varie bonifiche (sempre quando si decide di farle). Mentre in rete, sui blog e non solo, si moltiplicano le segnalazioni dei cittadini sulle difficoltà di transito e sul degrado dirompente della via a cui i romani, messi spalle al muro dall’evidenza, si sono pressoché arresi. Interventi sollecitati, messaggi rimasti inascoltati. Nella terra di nessuno.
Valentina Conti, romana, classe ’78, giornalista professionista. Scrive sul quotidiano Il Tempo. Una laurea con lode in Scienze della Comunicazione vecchio ordinamento (per intenderci, quando ancora non era nota ed era davvero una laurea…), con una tesi sperimentale mediatica in storia contemporanea sui giovani in politica fra il 1977 e l’89 (che oggi non sono più giovani e in politica ci sono lo stesso). Varie collaborazioni con diversi quotidiani e free press come Libero, Leggo, La Notizia, Epolis, settimanali di politica e cultura, mensili, testate online, fra cui la rivista “Nuove civiltà delle macchine” della Rai. Si occupa, prevalentemente, di cronaca e politica. Vincitrice della prima edizione del Premio giornalistico “Angelo Maria Palmieri” con un articolo pubblicato sul quotidiano Libero sui ‘sequestri di Stato’. Autrice di numerosi studi sulla politica nazionale letti in chiave storica. Addetta stampa di professione, ha lavorato oltre otto anni come ufficio stampa in Regione Lazio; si occupa della gestione di uffici stampa privati nei settori sanità, sociale, politica e altre tematiche.
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