Un Paese pigro e poco attento alla tutela e alla gestione degli animali. Soprattutto se consideriamo la percentuale, il 55%, degli italiani che in casa hanno un amico a quattro zampe, percentuale in aumento (+ 13,6% rispetto all’anno precedente), un po’ per motivi di solitudine, un po’ perché chi ne ha uno sostiene di trarre benefici psicofisici (circa il 90%) dalla sua presenza in casa. L’animale più diffuso è il cane, presente nel 55,6% delle famiglie, seguito dal gatto (49,7 %), mentre l’ultima moda in famiglia sono gli animali da fattoria come il coniglio che ha registrato un + 4,6%. Tutto questo nonostante la crisi – il 9% degli italiani non bada a spese per il proprio animale da compagnia e la principale categoria, quella degli alimenti per cani e gatti, è cresciuta del 2,1%, per un totale di 1 miliardo e 735 milioni di euro di fatturato , mentre più 2,4% per giochi, guinzagli, cucce, ciotole, gabbie e trasportini, con prodotti per l’igiene e cosmesi a trascinare la crescita.
Ma nonostante questo, il nostro non è un Paese attento alla tutela e alla gestione degli animali. Le migliori città raggiungono oggi a malapena la sufficienza (60 punti su 100), È quanto emerge dalla terza edizione “Rapporto Animali in Città”, l’indagine di Legambiente dedicata ai servizi e alle attività dei Comuni capoluogo di provincia per la tutela e la gestione degli animali, realizzata attraverso un questionario inviato a 104 Amministrazioni comunali e alla quale hanno risposto 81 Comuni. Il quadro che viene fuori è quello di un Paese che, seppur ama gli animali, è ancora molto indietro nell’effettiva tutela e nei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali d’affezione. Se l’86% delle amministrazioni dichiara di avere un assessorato e/o un ufficio comunale dedicato ad affrontare le problematiche animali, scende al 72% il numero delle amministrazioni che ha semplicemente chiesto alle ASL quale fosse il numero dei cani iscritti all’anagrafe canina (ad eccezione di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dove i Comuni tengono l’anagrafe canina), strumento indispensabile per fronteggiare il randagismo in Italia.
Per quanto riguarda i servizi mancano sufficienti spazi aperti dove portare quotidianamente a spasso i propri amici a quattro zampe: in media nei Comuni italiani è presente uno spazio dedicato ogni 28.837 cittadini. Ed ancora il 47% dei Comuni ha dichiarato di aver adottato regolamenti per l’accesso degli amici a quattro zampe in uffici e/o locali aperti al pubblico, mentre solo il 34% dei Comuni costieri che ha risposto al questionario ha adottato un regolamento per l’accesso al mare o al lago. Dati ancor più negativi arrivano anche quest’anno dalla conoscenza della biodiversità animale in città: solo il 26% dei Comuni realizza una mappatura delle specie animali presenti sul territorio. Nella Penisola le città che nel complesso si impegnano maggiormente per gli animali d’affezione sono le città medie che, nella classifica finale dell’indagine di Legambiente, superano la sufficienza come Prato, prima in graduatoria (79,36), seguita da Bolzano (74,34) e Modena (71,42). Le grandi e le piccole città, invece, arrancano. Padova, seppur prima tra le grandi città, ha un punteggio appena al di sotto della sufficienza (59,97) seguita da Firenze (50,81) e Verona (47,99). Tra le piccole città il gradino più alto lo conquista Pordenone che supera di poco la sufficienza (63,5), seconda e terza posizione in classifica per Chieti (59,1) e Biella (57,51).
Il quadro che emerge dal Rapporto Animali in Città – dichiara Antonino Morabito, responsabile nazionale Fauna e Benessere animale – mostra tutta l’urgenza, anche economica, di un totale cambio di strategia tra i diversi attori responsabili: Amministrazioni comunali, Regioni e Governo. Una città pet-friendly non è un sogno impossibile da realizzare, ma è fondamentale che le Istituzioni diano assoluta priorità ad anagrafe e sterilizzazione mettendo in campo soluzioni innovative ed economicamente vantaggiose per cittadini, al fine di ‘chiudere quei rubinetti’ oggi totalmente aperti che ininterrottamente alimentano le vie del randagismo di cani e gatti, con tutti i problemi e le sofferenze che porta con sé. Nel contempo non è possibile trascurare oltre l’attivazione di efficaci e regolari controlli e sanzioni per il funzionamento delle regole di civile convivenza in città”.
L’anagrafe canina è uno strumento fondamentale per combattere il randagismo. Dall’indagine emerge che il 72% dei Comuni conosce il numero dei cani presenti sul territorio (un dato in possesso delle ASL, ad eccezione dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia dove sono i Comuni che direttamente curano l’anagrafe canina). In particolare sui 13 grandi capoluoghi di provincia presi in esame, il 69% ha risposto positivamente. Tra le 37 medie città, il 73% ha risposto di sì. Su 31 piccoli capoluoghi di provincia il 74% ha risposto in maniera positiva. Ma è nel merito del dato che emerge il dramma: in media, ai Comuni capoluoghi risulta un cane ogni 24 cittadini residenti, passando da un cane ogni 33 residenti nelle grandi città, ad uno ogni 24 residenti nelle medie città ed uno ogni 21 residenti nelle piccole, cifre palesemente irrealistiche anche se solo confrontate con la media nazionale (un cane ogni 9 cittadini) e che dimostrano la totale assenza di attenzione data dagli uffici al valore e alla coerenza di quanto registrato.
Dal Rapporto Animali in Città emerge che l’86% dei Comuni capoluogo di provincia ha un assessorato e/o un ufficio comunale specifico per affrontare le problematiche animali. Ben il 100% delle grandi città, l’89% delle medie e il 77% delle piccole città. Invece per quanto riguarda le strutture e i luoghi dedicati ai servizi agli animali d’affezione (come canili, colonie feline, pensioni per cani e gatti, campi di educazione e addestramento cani, allevamenti, aree urbane per cani presenti sul territorio comunale), il 60% dei capoluoghi di provincia ha risposto positivamente, con migliori performance nelle medie città, dove il 72% delle amministrazioni ha censito tali strutture, contro il 54% delle grandi città e il 48% delle piccole città. In particolare per quanto riguarda le colonie feline, il 69% delle medie città ha dichiarato che esiste un piano di monitoraggio, contro il 61% delle grandi città e il 58% di quelle piccole.
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