La nostra ancor giovane storia nel Sei Nazioni ci ha tramandato numerosi episodi di sconfitte onorevoli, rimediate dopo resistenze al limite dell’eroismo, ma sempre contro avversari superiori che facevano la partita e noi lì, a sudare, soffrire, tenere fin che si poteva. Salvo, poi, crollare inesorabilmente, sfibrati, nei secondi tempi. Contro l’Inghilterra questo copione non è stato rispettato: il 18-11 finale con cui il “quindici della rosa” ci ha battuti racconta solo in parte quanto, in realtà, i valori mostrati in campo siano stati vicini. Al punto che, dopo il fischio finale, il rammarico per un pareggio sfumato nei minuti finali era palpabile. Solita prestazione di sacrificio nel primo tempo, è vero, ma poi che ripresa! Un’Italrugby che prendeva, decisa, il possesso dell’ovale e occupava stabilmente la metà campo dei padroni di casa, ricacciando in gola al gremito tempio di Twickenham il tipico coro “Swing low, swing chariot”. Sì, avevano paura, proprio loro, gli inglesi, gli inventori del rugby e i padroni assoluti di questo Sei Nazioni, condotto a punteggio pieno e che verrà, salvo cataclismi, acquisito nell’ultima sfida di sabato a Cardiff con un Galles cui non basterà vincere, dovendo farlo anche con largo margine per recuperare una differenza punti che, al momento, premia chiaramente i “tuttibianchi”. Una partita che ha sublimato le nostre qualità difensive: tutti e 18 i punti inglesi sono venuti dal piede infallibile di Flood, ma nessuna meta per loro. Mentre l’unica, splendida meta del confronto l’ha ottenuta per noi McLean, bravissimo a riprendere un maligno e millimetrico calcetto a seguire di Orquera. Un secondo tempo in cui, pur non disponendo più dell’infortunato Castrogiovanni, ma con un Parisse riabilitato dopo la l’ingiusta squalifica patita nel campionato francese e che gli era costata l’esclusione dal match con il Galles, l’Italia ha dominato in mischia e con gli avanti, evitando di commettere le ingenuità costate troppi piazzati nella prima frazione, una, in particolare, a tempo scaduto per fuorigioco, costataci ulteriori tre punti evitabilissimi. Non esente da pecche, in ogni caso, l’arbitraggio del signor Clancy, molto attento a tutelare le ragioni dei padroni di casa. Poi, i palpitanti, drammatici ultimi minuti con gli azzurri a testa bassa a spingere verso la meta del possibile ( e meritato) pareggio. Purtroppo, l’emozione e la tensione dell’impresa ci sono costati un erroraccio di De Marchi che si lasciava sfuggire l’ovale sul più bello e una palla persa su touche a soli dieci metri dall’area di meta britannica. Diciamolo pure: già in condizioni di normalità nessuno avrebbe creduto ad un’Italrugby in grado di giocarsela alla pari a Twickenham, figurarsi dopo l’involuzione registrata con Scozia e Galles. E contro quest’Inghilterra. Eloquenti le parole a fine match di Sergio Parisse: “C’è un po’ di amarezza alla fine. Ma prima della partita ci eravamo detti che, più del risultato, era importante una reazione d’orgoglio dopo le ultime partite, con Scozia e Galles, non all’altezza. Siamo soddisfatti, alla fine potevamo anche pareggiare. Vedere però gli inglesi che alla fine calciano la palla in touche è una bella soddisfazione, significa che li abbiamo fatto soffrire. Purtroppo quando pensiamo di essere più forti sbagliamo e disputiamo delle brutte partite, quando invece abbiamo paura di affrontare le grandi, allora offriamo belle prestazioni, come con Francia e Inghilterra.” Ma le più grandi soddisfazioni ce le hanno regalate i quotidiani inglesi che hanno scritto di “eroici azzurri del monumentale Parisse” ( il Telegraph), di “un ottimo italian job” ( il Guardian) e anche di una “lezione di rugby di capitan Parisse che ha riportato gli inglesi sulla terra” ( il The Independent). Sì, li abbiamo proprio spaventati. E loro, i maestri, lo hanno dovuto ammettere. Ora, sabato all’Olimpico, la chiusura del torneo con l’Irlanda che verrà seguita da almeno diecimila sostenitori rigorosamente in verde. La festa prosegue. D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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