Antonio Conte sembra consegnare il testimone della panchina bianconera a Max Allegri
Un fulmine a ciel sereno. Così l’ha definito, appresa la notizia ieri poco prima dell’ora di cena, Gigi Buffon. Così devono averlo percepito gli altri compagni di squadra alla Juve e i milioni di juventini sparsi per lo stivale. “Risoluzione consensuale del contratto“, l’incipit della videointervista rilasciata ieri dall’ormai ex tecnico bianconero al canale ufficiale Youtube della Juve.
Il videoannuncio dell’addio di Antonio Conte
Il motivo? L’allenatore pugliese non lo dice esplicitamente, si limita ad un sibillino: “E’ una decisione che ho preso dopo un lungo percorso al termine del quale ho avvertito delle sensazioni che non mi piacevano“, la laconica risposta. Tra le righe, e neanche troppo, in molti hanno voluto vederci notevoli dissidi in tema di mercato. La Juve che sarà. Questo il “casus belli“. Per Conte, una squadra attrezzata per poter vincere da subito l’agognata Champions e quindi con acquisti di spessore e senza cessioni eccellenti (ricordate la celebre frase: “Non ci si può sedere con 10 euro in un ristorante da 100“?) o, in alternativa, una vera e propria rifondazione ripartendo da un gruppo nuovo e giovane per ricominciare a costruire da capo un ciclo vincente, mettendo in preventivo un paio di stagioni di transizione, concetto complicato da far digerire ad una società che, dopo l’infamia della B e i tre scudetti consecutivi, vorrebbe proseguire la propria striscia vincente senza soluzione di continuità. Le idee in Corso Galileo Ferraris erano e sono, invece, molto diverse: cessioni di medio cabotaggio (vedi Vucinic e Quagliarella), tentativi un pò garibaldini di acquisire qualche grande nome internazionale ma senza dissaguare le casse, puntualmente respinti al mittente (vedi Alèxis Sànchez, a lungo inseguito e poi finito per circa 40milioni all’Arsenal, o Cuadrado, divenuto un obiettivo fuori portata, senza contare che in queste ore l’argentino Iturbe è stato soffiato ai torinesi dalla Roma per 22milioni più bonus fino a 2,5milioni e una percentuale all’agente con un contratto per 5 stagioni a 1,6milioni l’anno, oltre alle complicazioni sorte sulla via che porta a Morata). E, soprattutto, la cessione dolorosa di qualche pezzo pregiato: appare inevitabile, ormai, che almeno uno tra Pogba e Vidal, più facile quest’ultimo, dovrà fare le valigie. Un programma inaccettabile per un tecnico ambizioso e in cerca di nuovi stimoli.
Conte e Andrea Agnelli alla firma del contratto
Ma non una novità assoluta. Che vi fosse una considerevole divergenza di vedute era cosa nota. Già a maggio 2013, dopo il secondo scudetto, i primi “mal di pancia” del tecnico leccese, risolti con una stretta di mano a beneficio di telecamere che, però, non convinse davvero nessuno. Sorrisi di maniera, sia da parte di Conte che di Andrea Agnelli. Il medesimo copione si era riproposto dopo l’ufficialità del terzo scudetto di quest’anno, ai primi di maggio. Per comunicare la decisione aspettiamo il record dei 102 punti con il Cagliari all’ultima di campionato, si era detto. Il record, puntuale, arrivò, ma non altrettanto la risposta del tecnico. 24ore dopo, l’asettico annuncio della conferma dato dalla società bianconera con un tweet: “Stagione 2014/15: allenatore Antonio Conte“. Un rinnovo, peraltro, di una sola stagione. Non il massimo dello scaldacuori, in verità. Ma si poteva pensare che, ormai, con la nuova stagione alle porte e un Mondiale di mezzo a far sbollire gli animi, le posizioni si fossero riavvicinate. Anche perchè un cambio di panchina del genere sarebbe dovuto esser pianificato per tempo e nei dettagli. E’ questo, a conti fatti, che sorprende della decisione di Antonio Conte: non tanto la sostanza, quanto i tempi. Annunciare l’addio a ritiro estivo già iniziato (sia pure da un giorno, per carità) sa di frattura e forse di un dispetto che poteva esser risparmiato. Al di là dei messaggi di ambedue le parti, densi di belle parole di circostanza, una separazione meno traumatica per tutto l’ambiente sarebbe stata doverosa, oltre che più opportuna.
Con un nuovo tecnico al timone un periodo di apprendistato, per quanto rapido, dovrà necessariamente esserci. E con lui, un nuovo progetto tecnico. Magari altrettanto vincente ma, comunque, nuovo. Un bel vantaggio per chi, al proprio progetto tecnico, ha deciso di dare continuità (Roma su tutte, ben salda tra le mani del “sergente Garcia”, ma anche il Napoli di Benitez se De Laurentiis si deciderà a metter mano al portafoglio per ricostruire un reparto, quello arretrato compreso il sostituto di un Reina di ritorno al Liverpool, che ha impedito ai partenopei di lottare sino in fondo con le altre due prime della classe). Le gerarchie della nostra serie A potrebbero subire forti scossoni.
Massimiliano Allegri
E il nuovo tecnico, dopo le tante voci che si erano inseguite subito dopo l’annuncio di Conte e che ventilavano anche le ipotesi Mancini, Spalletti o Mihajlovic, sarà Massimiliano Allegri: biennale da due milioni all’anno più bonus. “Quando ieri mi hanno telefonato per chiedermi la disponibilità di allenare la Juve, è stato un fulmine a ciel sereno. Sono felice e onorato“, le prime parole del nuovo allenatore della Juve, presentato con tempismo da Bolt da Giuseppe Marotta. “Capisco lo scetticismo dei tifosi, in un giorno hanno cambiato allenatore, li conquisterò con lavoro rispetto e risultati. Io sono qui per proseguire e migliorare la striscia vincente“, ha voluto subito precisare il tecnico livornese, tentando di spegnere sul nascere le molte perplessità già sorte in un ambiente ancora molto scosso.
Molti dei dubbi sul conto dell’ex tecnico del Milan si appuntavano sulla coabitazione con un altro ex rossonero di lungo corso, Andrea Pirlo, con il quale i rapporti non erano idilliaci al punto da indurre l’allenatore toscano a chiederne la cessione per allestire un centrocampo molto meno ordinato e tecnico ma più dinamico e muscolare con Van Bommel prima e De Jong poi, a giostrare davanti alla difesa milanista. “Con Andrea ho un ottimo rapporto, non c’è nessun problema. Mai ho messo in discussione le sue qualità, anche perché sarei stato un matto. Sono fortunato a ritrovarlo dopo tre anni. Con me ha sempre giocato, ha avuto qualche problema fisico nell’ultima stagione con me, ma è un campione e non l’ho mai messo in discussione. Non ci siamo sentiti e non mi sembrava il caso perché non ero ancora il tecnico della Juventus“, la replica di Allegri a chi avanzava perplessità sulla coesistenza tra i due.
“Abbiamo il dovere di fare un grande torneo in Europa, la Champions ha grande fascino e la Juve merita sicuramente di stare almeno tra le prime otto. Conte ha rappresentato tanto per la Juve, questa squadra in Italia ha dominato ma bisogna migliorare in Champions. La società ha una strategia oculata di mercato e sta cercando di rinforzarla per renderla più competitiva in Italia ma soprattutto in Europa“, il nobile proposito del nuovo tecnico, conscio di toccare un tasto, l’Europa, da sempre nota dolente in casa bianconera.
Quanto al modulo tattico, la risposta fornita da Allegri è piuttosto evasiva (sappiamo che un dogma di fede del quasi 47enne (compleanno l’11 agosto, ndr) livornese è la difesa a 4, poi davanti potrà esserci un 3-1-2 o un 3-3, senza dimenticare il 4-2-fantasia del primo periodo milanista; mentre Conte, partito con uno spregiudicato 4-2-4, era transitato per un 4-3-3 sino a chiudere, almeno in campionato, con un 3-5-2) : “L’importante è creare dei presupposti che rendano la squadra vincente, poi se giochiamo a tre, a quattro o a cinque, cambia poco. Non è mia intenzione stravolgere un gioco che funziona, introdurrò accorgimenti per aiutare la squadra a continuare a fare grandi cose“.
Non sara facile, in ogni caso, per Allegri abbattere il muro di diffidenza che i milioni di tifosi juventini stanno già ergendo sul web: innanzitutto, perchè considerato un “uomo Milan”, ma questo sarebbe uno scotto inevitabile da pagare e superabile sulla scorta di buoni risultati che, in Italia, accorciano le capacità mnemoniche dei più; poi perchè il suo nome viene ora ricordato per l’ultima, disastrosa stagione alla guida del Diavolo, conclusa per lui, anzitempo (Seedorf gli subentrò a gennaio) e anche quella precedente non è che avesse incantato (preliminare di Champions acciuffato agli ultimi minuti dell’ultima giornata non senza qualche legittima polemica avanzata dalle parti di Firenze e con prestazioni opache risollevate dall’innesto in corso d’opera del miglior Balotelli che si ricordi, ancora non perdutosi nella spirale di tweet, nervosismi e fucili vari ed assortiti); infine si porta cucita addosso l’etichetta di allenatore-aziendalista. Rassicurante per la società, indice di personalità non proprio debordante per la tifoseria.
Marotta, presente alla conferenza stampa di Allegri, è voluto, sia pur fugacemente, tornare sull’addio di Antonio Conte: “Ieri si è vissuto l’epilogo di un confronto consumato nell’arco degli ultimi mesi: da parte di tutta la società c’è stato in tutti i modi un tentativo di tenere stretto Conte perché lo riteniamo un allenatore vincente. Al raduno della squadra sono emerse nuove difficoltà, che non riguardano però questioni di mercato o organizzative, ma un certo disagio nel continuare. Motivi che, per questione di rispetto non sto a dirvi, ma che sono condivisi da noi tanto che abbiamo stipulato la risoluzione del contratto che conclude un’esperienza straordinaria“, la spiegazione dell’accaduto offerta dal dirigente. Che spiega poco o nulla.
Per il dirigente è da considerare, poi, “un’assoluta falsità” la notizia che i giocatori bianconeri, appreso dell’addio di Conte, avessero chiesto un confronto con la società: “Qui abbiamo dei professionisti che oltre a essere campioni sono uomini. Chiaro che c’è stato un giro di telefonate con alcuni giocatori, ma è illogico pensare che i giocatori possano aver messo in discussione le scelte della società“.
Ma ora il “neodisoccupato di lusso”, Antonio Conte, che farà? Ad una esplicita domanda su un suo prossimo approdo sulla panchina della Nazionale lasciata vacante da Cesare Prandelli, l’ex allenatore juventino si era mostrato decisamente evasivo: “Ora voglio pensare solo al presente“, le sue parole. Che il suo presente non sia già tinto d’azzurro?
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