Marco Pantani quando dominava le salite in rosa
Non più suicidio causato da overdose di cocaina, ma omicidio volontario con alterazione di cadavere e di luoghi. Fascicolo aperto a carico di ignoti. Ad oltre 10 anni da quel tragico e dai contorni ancora oscuri 14 febbraio 2004, giorno in cui venne ritrovato in una stanza del residence Le Rose a Rimini il corpo senza vita di Marco Pantani, la verità sulle reali cause del decesso del fuoriclasse romagnolo delle due ruote sembra virare decisa verso l’ipotesi dell’omicidio.
E’ quanto sospetta il procuratore capo di Rimini, Dott. Paolo Giovagnoli, che ha ritenuto attendibile l
Il post della signora Tonina
‘esposto -denuncia presentato dall’avvocato bolognese Antonio De Rensis, legale della famiglia Pantani. Ora, il fascicolo, forse non casualmente registrato a ruolo come ‘modello21’ (normalmente utilizzato per ipotesi di reato, quale è, per l’appunto, un omicidio, e, soprattutto, quando si intende iscrivere al registro degli indagati un sospetto), è nelle mani del sostituto procuratore, la 33enne Elisa Milocco.
Tonina Pantani, la madre di Marco
“Marco è stato ucciso perchè aveva scoperto qualcosa e gli hanno tappato la bocca. Non mi sono mai sbagliata sul conto di Marco e, infatti, non ho mai creduto all’ipotesi del suicidio. Così come non credo che ad ucciderlo siano stati gli spacciatori. Ho sempre detto che me l’avevano ammazzato e, infatti, lo hanno ammazzato“, queste le parole della madre di Marco Pantani, la signora Tonina, pronunciate subito dopo aver appreso la notizia della riapertura delle indagini. E questo sembra pensare oggi la Procura di Rimini anche se non sono emersi, finora, nomi di indagati.
Ma come si è giunti al clamoroso ‘ribaltone’?
L’esposto-denuncia presentato dall’Avv. De Rensis è il frutto di ben 9 mesi di indefessa attività di indagini difensive fortemente volute dalla famiglia Pantani. L’elemento decisivo che avrebbe convinto i magistrati a riaprire il caso sarebbe stata la perizia medico-legale del Prof. Avato, allegata all’esposto, che ora produrrà l’inevitabile conseguenza di nominare una terza perizia super partes che il Pm Milocco potrebbe affidare o ad uno specialista (come lo stesso Prof. Avato) o ai Ris dei carabinieri.
Quali le considerazioni del Professore che indurrebbero ad una ricostruzione completamente diversa di quanto avvenuto quel 14 febbraio 2004?
Innanzitutto, il quantitativo di cocaina ingerito: 20grammi. Decisamente troppi per far supporre un’assunzione volontaria, tramite ingestione. Per assumere un simile quantitativo, a parere del medico, sarebbe più verosimile ipotizzare uno scioglimento in acqua della cocaina. Il ritrovamento nella stanza di una bottiglia (elemento cui non era stato dato peso nelle indagini all’epoca dei fatti) rafforzerebbe questa ricostruzione.
L’ingestione sarebbe poi avvenuta ad opera di terzi che avrebbero approfittato di un Pantani stordito. E’ quanto il professore sostiene dopo un’accurata osservazione delle numerose ferite presenti sul corpo della vittima che, contrariamente a quanto ritenuto a seguito dell’autopsia, sarebbero tutt’altro che incompatibili con l’intervento di soggetti terzi (quindi, di aggressori). In particolare, un livido sul polso di Pantani sarebbe il chiaro indice, secondo il Prof. Avato, di un’azione coercitiva esercitata per immobilizzare l’atleta. A dispetto degli esiti dell’esame autoptico, si tratterebbe, in ogni caso, di ferite incompatibili con una semplice caduta provocata dallo stato di allucinazione in cui avrebbe versato il corridore.
Il disordine in cui è stata trovata la stanza al momento del rinvenimento del corpo, inoltre, non sarebbe stato affatto casuale. Secondo il perito, infatti, sarebbe stato frutto di un’attenta operazione volta ad indurre gli inquirenti a ritenere, erroneamente, che il campione, in preda ad uno stato di allucinazione, avesse distrutto tutto ciò che gli capitasse a tiro. In realtà, si sarebbe trattato di un’evidente alterazione della scena del crimine.
Gli inquirenti, all’epoca dei fatti, avevano, inoltre, scartato l’ipotesi dell’omicidio anche e soprattutto in forza della constatazione che non vi sarebbero stati contatti con l’esterno del residence: nessuno sarebbe entrato nella camera e anche Pantani non sarebbe mai uscito. Nell’esposto si sostiene, invece, che alla stanza era possibile accedere attraverso il garage, non monitorato da telecamere e che dagli stessi atti processuali emergerebbe che lo stesso Pantani sarebbe uscito almeno una volta senza esser visto dalla reception.
Infine, nessun rilievo venne dato, all’epoca dei fatti, al rinvenimento nella stanza di tre giubbotti da sci di Pantani. I tre giubbotti, in effetti, erano stati consegnati dalla madre al ‘pirata’ ma questi li avrebbe lasciati a Milano, senza portarli con sè a Rimini. La circostanza troverebbe riscontro in quattro testimonianze che avrebbero confermato che Pantani fosse giunto al residence senza bagagli. Chi li ha introdotti nella camera? Gli assassini?
A questi e a molti altri interrogativi dovrà dare risposta il Pm Milocco che ora avrà di che leggere e studiare durante le proprie vacanze. In autunno si potrebbero conoscere i primi sviluppi. Anche se l’inchiesta non si presenta affatto semplice, dato il notevole lasso di tempo intercorso dalla morte del ‘pirata’ ad oggi.
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