Simone Zaza scocca il tiro dell'1-0
Anche stavolta è 2-0, come contro la balneare Olanda di Bari, ma da Oslo arrivano tre punti pesanti magari attesi, ma non scontati. La Norvegia non ha certo il tasso tecnico degli oranje ma ha giocato in undici per tutti e 90 i minuti e lo faceva davanti al proprio pubblico in un Ullevaal esaurito. E, dato statistico, da queste parti non si vinceva dall’1-3 del 1937 con Meazza e doppietta di Piola. Preistoria. A conti fatti, un test molto più probante di quello di giovedì. E la nostra nazionale del nuovo corso-Conte lo ha superato a pieni voti, il che non vuol dire esser stati perfetti ma, in tempi come questi e date le premesse poste dalle macerie lasciate dalla fallimentare spedizione brasiliana, non è il caso di fare i difficili nè tantomeno gli incontentabili.
Il sistema di gioco scelto da Conte è il medesimo di Bari, un 3-5-2, così come identico è l’undici iniziale con le sole varianti di Buffon, tornato titolare con il pur ottimo Sirigu costretto ad accomodarsi in panchina, e di Florenzi, preferito a Parolo, come vice-Marchisio (squalificato per la contestata espulsione rimediata su Arèvalo Rìos con l’Uruguay). Per il resto, Conte opta per la continuità. E la ottiene: come contro l’Olanda, l’inizio dei nostri è arrembante e la vigorosa ma confusa e tecnicamente modesta Norvegia si vede sottrarre l’iniziativa, anche sul piano del ritmo. E questo sorprende un pò. Azzurri con baricentro molto alto, Darmian che, sulla destra, spinge che è un piacere (si placherà poi nella ripresa, al punto da meritare la sostituzione con De Sciglio, a destra, e il subentrato Pasqual a sinistra); De Rossi si piazza in mezzo al campo a rompere e cucire; Florenzi, per sua stessa ammissione, fatica un pò a trovare la posizione e si dimostra parecchio nervoso (rimedia anche un giallo per un fallaccio inutile a metà campo); De Sciglio appare decisamente più timido del torinista; Giaccherini fa capire perchè dimenticarlo a Sunderland sia stato peccaminoso, dietro i tre tengono senza soffrire; Buffon è spettatore, ma, soprattutto, là davanti Immobile e Zaza confermano che l’intesa di Bari non è stata episodica e fanno il diavolo a quattro nell’area norvegese. Proprio l’attaccante del Sassuolo è l’autore del gol che, poco dopo il quarto d’ora, sblocca la partita e ci consegna il meritato vantaggio. E sì che la barbuta punta di proprietà della Juve sembrava essersi allargato troppo, ma lo stinco di Nordtveit inganna Nyland e, almeno per l’arbitro Mazic, sana anche la posizione irregolare di Immobile. Dopo, si assiste ad un’altra partita, almeno per il resto della prima frazione, con la Norvegia ad alzare il baricentro e a spingere e con l’Italia che, forse, rincula troppo e troppo si affida ai lanci lunghi.
Ecco, a voler esser proprio pignoli, non è piaciuto degli azzurri il ricorso, ad un certo punto (cioè sotto la spinta, pur disordinata, altrui) sistematico, al lancio a saltare il centrocampo. Sintomo che, se pressati, dietro si va un pò in affanno. E la squadra, aggredita, si è troppo presto allungata. Zaza, per dirne una, sino alla traversa di fine gara, non aveva più dato segnali di presenza. E non certo per colpa sua. Palloni giocabili non ne arrivavano.
Nella ripresa, si ricomincia a soffrire un pò il confuso e anche modesto arrembare scandinavo (fondamentalmente, Buffon sarebbe rimasto con i guantoni intonsi per tutti i 90 minuti), ma poi Florenzi e De Sciglio salgono di tono ed entrrano finalmente in partita e la musica torna quella voluta da Conte. L’innesto di Pasqual per un Darmian, spentosi progressivamente faceva il resto. Proprio l’esterno viola pennellava un cross al bacio per un Bonucci (il più siocuro dei tre dietro) liberissimo nel cuore dell’area norvegese e il suo colpo di testa metteva il sigillo del 2-0. Poi era Zaza ad illuminare nuovamente la scena: traversa ciclonica (con Florenzi che tentava invano il tap in di testa) e colpetto sotto ad eludere il portiere ma Forren salvava sulla linea. Non accadeva più nulla.
Sul piano dell’organizzazione di gioco, Conte ha tenuto a precisare che con lui non si vedrà mai il tiki taka. Ma era pleonastico. Già non lo era il palleggio di Prandelli. Il gioco di Conte è , a vista d’occhio, ancor più verticale di quello del suo predecessore. Magari più operaio di quello visto alla Juve dal momento che in azzurro non può contare nè su un Vidal nè su un Pogba. Che possa piacere di più o di meno, è questione di gusti. Che possa essere vincente, lo dirà il tempo (per la Juve lo ha già sancito chiaramente il campo) e noi ce lo auguriamo.
E’ un ottimo 2-0 esterno che ci consente di prendere subito la testa del Gruppo H e di guardare con fiducia al prosieguo del torneo di qualificazione. Per 2-0 ha vinto anche la Croazia, sulla carta la nostra avversaria più temibile per il primato, ma, a differenza della nostra ad Oslo, si è trattato di una vittoria molto sofferta, maturata solo nella ripresa, con gol apriscatole venuto da un’isolata botta da fuori di Modric e con Malta (squadra infinitamente più modesta della pur non trascendentale Norvegia) già ridotta in dieci.
E alla luce della grande fatica mostrata da tutte le protagoniste dell’ultimo Mondiale in questi primi giorni di scuola (Germania prima travolta a domicilio per 2-4 dall’Argentina nell’amichevole di rivincita della finale del Maracanà che avrebbe dovuto mettere il punto esclamativo sulla festa tedesca, poi costretta all’esordio nelle qualificazioni ad un affannoso 2-1 interno dalla modesta Scozia; Portogallo, pur privo di Cr7, ma mazzolato in casa dalla sorprendentissima Albania di De Biasi; Bosnia addirittura battuta 2-1 in casa e in rimonta da Cipro con Pjanic che sbaglia anche il rigore del pareggio allo scadere; Grecia di Ranieri sconfitta anch’essa a domicilio dalla Romania; Olanda battuta di misura e con gol rocambolesco quanto grottesco a Praga dalla Rep. Ceca per 2-1 dopo aver recuperato il pari con il laziale De Vrij), va più che bene così.
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