Paolo Barelli e Giovanni Malagò
“Un’eterna querelle con Barelli? Onestamente volo un tantino più in alto. Secondo me il mondo dello sport non solo è rimasto sorpreso, ma si vergogna di quello che è successo ieri. Qualsiasi commento è superfluo. Siamo sereni e quasi divertiti per il non senso di tutto questo“. Questo è il commento non proprio conciliante rilasciato da Giovanni Malagò, presidente del Coni, all’indomani della squalifica per 16 mesi inflittagli dalla Commissione Disciplinare della Fin, la Federnuoto, in qualità di presidente del Circolo Aniene e, quindi, di tesserato della stessa Federnuoto. “Se affermazioni neanche mie – ha aggiunto il numero uno dello sport italiano oggi al centro sportivo dell’Acqua Acetosa, a Roma –, riportate dagli uffici del Coni, ti portano a questo si commenta da solo: è la dimostrazione che siamo nel giusto nell’aver portato avanti la riforma della giustizia sportiva. Siamo molto tranquilli“. Sin qui la posizione ufficiale assunta da Giovanni Malagò che fa presagire, senza neanche particolari sforzi di fantasia, ulteriori puntate in sede di giustizia sportiva.
Giovanni Malagò, presidente del Coni e del Circolo Aniene
A queste parole ha fatto seguito, a strettissimo giro di posta, la replica del ‘grande accusatore- accusato’ (pende su di lui un procedimento penale per truffa aggravata a seguito di presunte ‘doppie fatturazioni’) Paolo Barelli, presidente della Fin, pronunciata in occasione della presentazione dell’imminente avvio del campionato di pallanuoto: “Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, parla di sentenza vergognosa per il mondo dello sport? Lo dice lui, ovviamente ognuno può esprimere le proprie opinioni e se ne assume la responsabilità. Noi siamo molto sereni, ma dispiaciuti e sconcertati per una vicenda che nasce da una denuncia fatta dal Coni alla federazione e agli organi di giustizia ordinaria. Non voglio dare giudizi, se non dire che il mondo del nuoto, che è composto da circa un milione di tesserati nel suo complesso e oltre 1600 società, è molto colpito da tutta la vicenda e vuole andare a fondo per avere chiarezza esterna di quello che è già chiaro all’interno. La federazione è fatta di persone corrette e dirigenti capaci non solo quando c’è da portare le squadre a eccellere ma anche nella gestione e nell’amministrazione. Siamo chiaramente osservati e valutati, e se serve anche giudicati, ma questo vale per tutti“.
Paolo Barelli, presidente della Fin
Una vicenda tanto triste quanto tortuosa che prende le mosse da vecchie ruggini personali risalenti al 2009 quando Roma ospitò i Mondiali di nuoto. All’epoca Barelli era, come lo è attualmente, il presidente della Federazione Italiana Nuoto, mentre Malagò, prima presidente del comitato promotore di Roma2009, era poi divenuto presidente di quello organizzatore una volta scelta la Capitale italiana come sede della rassegna iridata. Qui la rottura dell’idillio. La Fin, infatti, aveva incassato ben 2,1 milioni di euro dal ministero dell’Economia e Finanze per far fronte all’organizzazione dell’evento (in particolare per la ristrutturazione della piscina olimpica del Foro Italico) oltre a tanti altri soldi spesi per allestire, tra le tante altre cose, la faraonica cerimonia inaugurale tacendo di quelli stanziati per finanziare opere che mai hanno visto la luce o che non sono mai state ultimate (è il caso, per esempio, dell’impianto di Tor Vergata con le vele di Calatrava fortemente voluto da Veltroni o delle improbabili piscine collaterali della Grandi Eventi di Bertolaso, Anemone e Balducci, ora a processo). Quindi, comincia a farsi largo il sospetto che qualche conto non torni e si commissiona una relazione a Marco Befera (figlio di Attilio, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate) che sottolinea come i conti della Fin, in realtà, siano sostanzialmente a posto ma con un’anomalia: parte dei soldi (825.897,70 euro l’importo delle 23 fatture ‘sospette’) incassati dal Mef e spesi per la piscina del Foro sarebbero stati, poi, a distanza di tempo, oggetto di una transazione con la Coni Servizi Spa (chiusa ad aprile 2014 con un milione e mezzo di euro riconosciuto alla Fin che andava avanti da anni) per i medesimi capitoli di spesa (ossia, la ristrutturazione della piscina). Di qui, la denuncia del Coni presentata alla Procura della Repubblica di Roma in cui si ipotizza il reato di truffa aggravata e il successivo, pesante, ‘j’accuse’ pronunciato da Malagò nei confronti di Barelli durante la riunione della Giunta esecutiva del Coni di marzo 2014: mera libera interpretazione effettuata dal presidente del Coni della relazione di Befera o lettura della stessa? Dai verbali non risultava chiaro. Fatto sta che la Fin (quindi, Barelli) non la prende esattamente bene e opta per la prima ipotesi (libera interpretazione da parte di Malagò). Risultato? Barelli presenta un documento-segnalazione in cui accusa Malagò, non in quanto presidente del Coni, ma in qualità di presidente del Circolo Aniene e tesserato Fin, di aver detto il falso in Giunta accusando ingiustamente la Federazione. La nota Fin citava la “mancata lealtà” e le “dichiarazioni lesive della reputazione“, gli articoli 2 e 7, che Malagò avrebbe violato con le sue parole su Barelli in Giunta sulle “doppie fatturazioni“. I legali del Coni avevano sollevato eccezioni di nullità, illegittimità e incompetenza, depositando anche il parere pro veritate richiesto dalla Giunta al Collegio di Garanzia dello Sport (la ‘Cassazione dell’ordinamento sportivo’ presieduta dall’ex ministro Franco Frattini), che chiariva la non competenza degli organi di giustizia delle Federazioni su vicende del genere. Ignorando tale parere, la Procura federale deferiva Malagò e la Commissione Disciplinare, ieri, dava ragione a Barelli squalificando per 16 mesi il presidente del Coni. Una vicenda paradossale in cui un presidente di Federazione viene accusato dal presidente dello sport italiano tutto e che reagisce accusando quest ‘ultimo in sede di giustizia sportiva. E siamo solo al primo grado di una vicenda che, certo, non finisce qui. Le parole di Malagò, in tal senso, sono inequivoche: “Se non ci saranno troppi parenti a giudicare…“, si è lasciato scappare il presidente del Coni. Chiaro, quindi, che ci sarà un secondo grado e altrettanto chiara è l’allusione alla composizione degli organi giudicanti perchè se è vero che il presidente della Disciplinare è Adriano Sansonetti, è altresì vero che a presidere la Commissione d’Appello Federale (Caf) è Pier Salvatore Maruccio. Ossia, il cognato del primo…
I duellanti di oggi, sorridenti nel 2009 al fianco di Piero Marrazzo
Intanto, procede in parallelo il procedimento penale che vede Paolo Barelli, in qualità di rappresentante legale pro tempore della Fin, iscritto nel registro degli indagati per truffa aggravata (il risultato delle presunte 23 doppie fatturazioni) per il quale il Pm, Roberto Felici, aveva chiesto l’archiviazione. Ma il Gip ha deciso diversamente, disponendo un supplemento delle indagini. Il 20 dicembre si saprà se Barelli verrà rinviato a giudizio o meno.
E’ chiaro che trattasi di un autentico regolamento di conti interno al mondo sportivo dai contorni piuttosto velenosi ( per capire meglio, basti ricordare che Barelli aveva votato contro Malagò sia in occasione dell’elezione alla presidenza del Coni che in quella sulla riforma della giustizia sportiva) che non fa bene nè all’immagine dello sport italiano all’estero nè alla credbilità dell’intero movimento agli occhi dei tanti milioni di appassionati e praticanti. E questo fermo restando il pieno diritto di un cittadino italiano (in questo caso il presidente della Fin) di adire le vie legali a tutela della propria immagine (un’accusa di truffa aggravata è fatto di una gravità inaudita) e la scarsa avvedutezza del presidente del Coni nell’anticipare in sede di Giunta una sentenza, quella penale, che è ancora tutta da scrivere.
Una bella stretta di mano tra gentiluomini è, forse, utopia ma lo sport italiano, soprattutto oggi, avrebbe un gran bisogno di belle favole. Non solo sul campo, peraltro piuttosto avaro di gioie negli ultimi tempi.
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