Quando dicono che si sentono delegittimati se gli accorciano le ferie, che la politica li vuole mettere sotto controllo, che senza le intercettazioni a strascico non possono svolgere indagini delicate, che l’obbligatorietà dell’azione penale non si tocca, bene, quando i magistrati italiani attaccano con il solito piagnisteo tenete a mente questo dato: 50 mila errori giudiziari dal 1989 al 2013.
Un numero tenuto per anni segreto finchè non è stato svelato dal sito errorigiudiziari.com di Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, due giornalisti di inchiesta che per anni hanno raccolto un imponente database per poi metterlo nel proprio sito su citato. Significa 2 mila errori giudiziari l’anno, che diviso per 365 giorni è come dire che ogni 24 ore sei persone finiscono in carcere innocenti. Il caso Cucchi, che il questi giorni sta facendo discutere molto a proposito di certezza della pena, alla luce di questi dati porta inevitabilmente a sostenere che il nostro Paese oggi, da culla del diritto, rischia di diventarne la bara.
Va da sé che per rimborsare le vittime della malagiustizia, negli anni lo Stato ha pagato 550 milioni di euro. Una cifra che rappresenterebbe una bella voce nella legge di stabilità. Cifra che potrebbe essere moltiplicata per tre, visto che l’ Eurispes e l’Unione Camere Penali italiane parlano di una media di 2500 domande l’anno di risarcimento per ingiusta detenzione e sottolineano che appena un terzo di esse (800) vengono accolte. Questo ‘spread’, per usare una parola in voga, lo si deve al primo comma dell’articolo 514 del codice di procedura penale che specifica che il soggetto, prosciolto o assolto perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un equa riparazione per la custodia cautelare subita, “a meno che non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”.
Sul dolo niente da dire, è il caso di chi non parla per coprire l’ autore di un delitto e viene allora egli stesso scambiato per colpevole: Anche se poi andrebbe prima analizzata la buona fede dell’inquirente: non è mica che si ha il diritto di consegnare un “qualsivoglia colpevole di repertorio” al processo solo perché questo “qualsivoglia” ha avuto una condotta omertosa: nel caso lo si condanna per favoreggiamento. Sulla colpa invece apriti cielo alle bizzarre interpretazioni di pm e giudici: basta essere drogato, adultero, dedito all’accattonaggio o alla prostituzione che si può di diritto rientrare in quelle categorie di persone, evidentemente considerate sub umane, che non hanno diritto a risarcimento in caso di errore giudiziario. E la casistica è incredibile, basta andarsela a leggere negli stessi archivi di errorigiudiziari.com. A gennaio scorso, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, il pur bravo primo presidente della Corte di Cassazione Giorgio Santacroce (che negli anni ’80 era il pm dell’inchiesta sull’Italcasse di Giuseppe Arcaini, indagine che alla fine portò a risultati molto modesti) si è guardato bene dal nominare anche di sfuggita le statistiche sugli errori giudiziari tirate fuori da Maimone e Lattanzi. E si capisce pure perché: oltre a rappresentare una macchia per l’intera “ultra casta” in toga, sempre più in difficoltà nel resistere corporativisticamente a una nuova e più seria legge sulla responsabilità civile, qualcuno avrebbe anche dovuto spiegare perché per circa 25 anni questi dati non sono stati resi noti alla pubblica opinione. Come a dire: te la do io la trasparenza.
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