di Roberto Logli
“Il senso de Il sorriso di Tenerezza. Letture sulla custodia del creato è quello di offrire a chiunque la possibilità di capire meglio qual è l’atteggiamento ebraico cristiano verso la natura. I credenti dovrebbero stare in prima fila nella lotta per la protezione dell’ambiente perché hanno più ragioni degli altri, e cioè: il senso di riconoscenza verso il Signore che ha donato all’uomo il miracolo della vita”.
Con queste parole il prof. Paolo Portoghesi spiega a Scelgonews.it l’ultimo suo libro, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e continua aggiungendo che “il volume non è solo indirizzato ai credenti ma a coloro che amano la natura e vogliono capire meglio il mondo in cui viviamo nonché l’eredità che noi condividiamo. La massima sorpresa di chi non conosce questo argomento sarà leggere una preghiera di san Basilio Magno che chiede al Signore di allietare gli animali e di far si che essi vivano per se stessi e non solo per l’uomo. È una citazione sorprendente perché mostra una sensibilità tipica del nostro tempo: noi sentiamo di essere parte della natura e abbiamo dei precisi doveri nei confronti di questa. E’ affascinante capire che il pensiero cristiano dei primi secoli forniva già questa chiave di lettura, come una specie di secondo “libro”, di seconda Bibbia, nel quale si richiama il dovere di accostarsi con rispetto alla natura in quanto manifestazione del creatore”.
Professor Portoghedsi, come è nato questo libro?
“Sono un appassionato di problemi che riguardano l’ambiente – non per niente dirigo una rivista che si chiama “Abitare la terra” – e, come tutti quelli che si occupano di questi problemi, sono terribilmente preoccupato del fatto che le condizioni del nostro pianeta stanno peggiorando sistematicamente. Ecco perché il libro inizia con una citazione di William Morris, il quale dice che dovremmo lasciare ai nostri figli una terra migliorata rispetto a quella che abbiamo ricevuto dai nostri padri e questo ormai non avviene più da diversi secoli perché non solo consegniamo una terra peggiorata ma trattiamo i nostri figli in modo tale da avviarli alla vita con un debito da pagare verso la terra. A tal proposito ricordo una tribù africana che ha una appropriata espressione in merito: “dobbiamo trattare bene la terra perché non è di nostra proprietà ma è di proprietà dei nostri figli e noi l’abbiamo solo in prestito da loro”. E’ una frase di una saggezza straordinaria. Mi sono sempre ribellato ad alcune affermazioni di diversi ecologi che sostengono che il maltrattamento della terra dipende essenzialmente dalla tradizione giudaico-cristiana, cosa che non è vera ma lo è il contrario. È l’illuminismo semmai che negando la visione cristiana, ha aperto la strada allo sviluppo della tecnologia e anche alle sue conseguenze”.
Il Cardinale Raffaele Farina nella presentazione del libro ha definito il suo volume un manifesto per la salvaguardia, per il rispetto della vita e del mondo in cui viviamo: lei oggi intende dare dei suggerimenti su come apprezzare il territorio e viverlo nel modo migliore?
“La verità è questa: una delle cose che gli animalisti rimproverano agli altri è quella di cibarsi degli animali, tant’è vero che oggi c’è una specie di pretesa che un atteggiamento ecologico comporti il vegetarianesimo. Io non credo in questo, anche se ritengo che gli animali debbano essere trattati con il massimo di rispetto. E’ certo che il mondo animale è parte di un grande equilibrio e noi sappiamo benissimo che questo richiede agli esseri viventi, entro certi limiti, di utilizzare gli altri in un ciclo complesso di dimensioni infinite: come gli animali spesso si sostengono attraverso l’uccisione degli altri animali, anche l’uomo appartiene a questo sistema di equilibrio. Ovviamente escludo che questo atteggiamento possa sfociare in atti di prepotenza e di violenza gratuita, basti pensare alla preghiera che i cristiani fanno prima di iniziare il pasto per rendersi conto che anche il mangiare è un aspetto di un rapporto con Dio, in cui la natura costituisce l’ambito all’interno del quale l’uomo vive. Attraverso la coscienza l’uomo è l’unico tra gli animali e gli esseri viventi che ha una responsabilità: gli altri animali non si pongono il problema di rispettare la natura perché hanno il loro istinto e non potrebbero fare diversamente: l’uomo ha la possibilità di riflettere, di meditare, di cercare di capire il proprio ruolo all’interno della natura. Secondo me il cristianesimo offre una chiave di lettura importante di questo, naturalmente non si esclude che si possa decidere di mangiare anche i soli vegetali: in definitiva, anche quando noi tagliamo, ad esempio, un broccolo c’è un atto di soppressione della vita, ma questo è reso indispensabile affinché l’uomo possa nutrirsi con qualcosa di vivente che sia vegetale o animale”.
Con la pubblicazione di questo libro, il Prof. Portoghesi vuole suonare un campanello di allarme sul trattamento della terra?
“Lascio la parola in questo senso ai pontefici che nel loro magistero hanno dato indicazioni molto precise: il rispetto della natura e degli equilibri ambientali è non solo un dovere per un cristiano, ma un dovere entusiasmante che arricchisce l’anima e, quindi, un compito che va compreso in profondità. Il libro ha proprio questo scopo: far capire in profondità qual’é la ragione per qui dobbiamo custodire e rispettare la natura”.
Sostiene la necessità di “unirsi per battersi contro il degrado dell’ambiente e il consumismo”: perché unisce queste due tematiche?
“Naturalmente questa è una diagnosi che può essere giusta o sbagliata ma secondo me il degrado dell’ambiente è inscindibile dal consumismo, caratteristica della nostra società. Noi abbiamo fatto del “consumo” quasi un ideale. Molta gente ritiene, infatti, che la cosa più bella sia andare in giro per negozi e portarsi a casa un certo oggetto. Tutto questo svia completamente dalle regioni profonde della vita e, quindi, è qualcosa che bisogna combattere, naturalmente non per negare la necessità del consumo, ma per evitare che consumare implichi la distruzione di quello che si utilizza. Comunque sia, noi viviamo in una società che ha dato il primato assoluto all’economia su tutte le altre discipline. La religione – ad esempio – è sempre più emarginata, mentre secondo me la religione è uno strumento fondamentale di vita che fornisce un orientamento: ecco, noi siamo in una società disorientata, una società il cui unico orientamento è il consumo. E’ una società che si traveste spesso in società benefica ma in realtà è una società materialistica che non riconosce diritto ai valori spirituali”.
Per quale motivo nel libro sono pubblicate delle foto da Lei scattate nel corso degli anni?
“Ho inserito queste foto per indurre i lettori ad osservare la natura e a riconoscere la bellezza non soltanto nelle cose più straordinarie ma soprattutto nelle cose correnti. In questo senso ho seguito il filo rosso dei testi che ho riprodotto: ad esempio nelle sacre scritture la rugiada è uno dei termini più usati per rappresentare la generosità di Dio e dei suoi doni. Ora, chi è che guarda la rugiada? Chi vive in città non sa neanche cosa sia, eppure la rugiada ha un grandissimo valore simbolico: è ciò che dà la sensazione di nutrire dall’alto con qualcosa di universale, come l’umidità, la vita dei piccoli esseri viventi. Queste fotografie sono banali, non belle immagini nel senso classico del termine ma semplicemente foto dettate dall’ammirazione della bellezza del dono della vita”.
L’ultima domanda è rivolta a coloro che operano nel mondo dell’arte: nella sua condizione di responsabilità l’uomo ha anche la capacità di intervenire per continuare la creazione. E’ in questo che consiste la creatività dell’uomo?
“Si, credo che sia questo. Purtroppo l’arte ha abbandonato questa idea per tanti secoli seguita. Proprio per questo si è inaridita pur continuando a cercare con forza e anche con disperazione. A volte, però ha rinunciato a quello che era il suo privilegio, ovvero di continuare la creazione coltivando una ambizione sbagliata che è quella di creare dal nulla: la creazione dal nulla, infatti, è quella che noi attribuiamo a Dio e in questo modo l’uomo sfida la divinità ed è in piena sintonia con il pensiero degli ultimi due secoli quando Nietzsche dice che Dio è morto e nello stesso tempo propone il superuomo, un uomo che ha assunto caratteristiche proprie della divinità. Ciò che manca all’arte del nostro tempo è l’umiltà, mentre io sono convinto che anche nell’opera di Leonardo e Michelangelo la componente dell’umiltà sia fondamentale”.
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