Dopo l’approvazione dell’Italicum, il Governo prosegue sulla via delle riforme. Il prossimo passo riguarderà la nuova legge sul conflitto di interessi, ora al vaglio della Commissione Affari costituzionali.
“Il conflitto di interessi lo porteremo in Aula nelle prossime settimane. Ora è in Commissione, chiederemo la calendarizzazione in Aula entro giugno”, ha affermato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi.
Il testo rappresenta la sintesi di ben quattro disegni di legge (Pd, M5s, Sc e Sel): una commissione di cinque membri, nominati dal presidente della Repubblica, vaglierà la posizione patrimoniale di chiunque stia per assumere una carica di governo.
“Il fiduciario cieco”. Nel caso in cui il suddetto patrimonio risulti superiore ai 15 milioni di euro, entrerà in funzione il sistema del “fiduciario cieco”, ripreso dal modello americano del Blind trust: la Commissione avrà infatti la facoltà di disporre una ‘gestione fiduciaria dei beni’, nella quale il ‘gestore’ non informa il titolare della carica di governo sulle scelte finanziarie che opera.
Quote e partecipazioni aziendali. Qualora fossero presenti partecipazioni rilevanti in settori sensibili, come la comunicazioni, l’energia o il credito (la soglia è del 2% per le aziende quotate in Borsa e del 10% per quelle non quotate), “la Commissione potrà disporre, qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, che i soggetti procedano alla loro vendita, con il successivo affidamento alla gestione fiduciaria del ricavato” si legge nel testo presentato in Commissione.
La legge sul conflitto di interessi, unita ai segnali di apertura del governo alla discussione sulla riforma della scuola, potrebbe servire a ricompattare il Pd, riavvicinando maggioranza e minoranza, in vista delle elezioni regionali che si terranno il 31 maggio.
A smorzare le polemiche ci ha pensato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che ha risposto alle critiche di opposizioni e dissidenti Pd: “Dagli 80 euro alla riduzione delle tasse sul lavoro, dall’autoriciclaggio al divorzio breve, dal terzo settore ai soldi per il sociale, le nostre misure non mi sembrano di destra. C’è un progetto di cambiamento del Paese che in questo momento solo il Partito democratico può affrontare”.
D’altra parte, il Partito democratico, malgrado l’uscita di Giuseppe Civati, non rischia alcuna scissione: “Noi non la vogliamo, la stessa minoranza non la vuole. E non la vogliono gli italiani che sono stanchi delle polemiche e non sentono il bisogno di nuovi piccoli partiti”, ha affermato il ministro delle Riforme.
Intanto, la Camera ha approvato ieri, con 8 sì, 2 no e un astenuto, la delibera che abolisce il vitalizio per i parlamentari condannati a più di due anni per reati di mafia, terrorismo e contro la Pubblica amministrazione. Le misure non hanno valore retroattivo ed è prevista la possibilità di rientrare in possesso del vitalizio, in caso di riabilitazione del condannato.
Se il Pd questa volta si è mostrato unito, ed ha votato il suo appoggio al testo, così come la Lega, Sel, Scelta civica e Fratelli d’Italia, non sono però mancate le contestazioni: “Questa delibera è solo una farsa, che salva la stragrande maggioranza dei politici condannati, tutti i loro amici di tangentopoli, e colpisce solo una piccola cerchia”, afferma il leader del M5S. “I vitalizi, andavano tagliati e basta”, continua Grillo.
In effetti, la delibera è solo un piccolo passo sulla strada dell’abolizione dei privilegi dei parlamentari, come spiega il presidente del Senato, Pietro Grasso: “La mia delibera iniziale sui vitalizi, era molto più rigorosa e coincideva essenzialmente con quella auspicata da M5S. Ma per potere andare avanti la politica ci insegna che serve il consenso democratico sui cui costruire qualcosa di positivo”, ha commentato Grasso.
Contro i vitalizi, sono state consegnate nelle mani del presidente del Senato e della Camera, Grasso e Boldrini, oltre 50o mila firme e un sit-in si è riunito davanti a Montecitorio promosso da Libera-Gruppo Abele: “Quella contro i vitalizi per i condannati è una delle campagne più seguite sui social. I cittadini non si limitano solo a cliccare pro o contro, ma continuano poi a seguire tutto quello che si scrive o accade sul tema”, ha affermato Elisa Finocchiaro, direttrice italiana Change.org.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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