Ogni volta che la Biennale di Venezia apre i battenti, vuoi per l’arte, il cinema, la danza o il teatro, è tutto un rincorrersi per accaparrarsi un posto perché di sicuro è lì che la cultura avanza e ti fa sentire parte necessaria di questo mondo che non ci stanca mai di stupirci.
La Mostra nell’edizione 2015 è composta da 89 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 5 i Paesi presenti per la prima volta: Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico, Repubblica delle Seychelles. Altri paesi partecipano quest’anno dopo una lunga assenza: Ecuador, Filippine, Guatemala.
Il Padiglione Italia in Arsenale, organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane – è curato quest’anno da Vincenzo Trione. Sono 44 invece gli eventi collaterali ufficiali ammessi dal curatore e promossi da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative in vari luoghi della città.
La Mostra All the World’s Futures è un unico percorso espositivo che si articola dal Padiglione Centrale (Giardini) all’Arsenale, includendo 136 artisti dei quali 89 presenti per la prima volta.
Il nostro primo giro ai Giardini inizia con le visite ai Padiglioni di Francia, Slovacchia, allo spazio dei Paesi Nordici, quest’anno unificati e rappresentati da Camille Norment, alla Gran Bretagna (Sarah Lucas), Australia (Fiona Hall), Germania e Corea (Moon Kyungwon e Jeon Joonho).
La Slovacchia non convince per nulla, nel suo essere didascalica, ma anche la Francia di Céleste Boursier-Mougenot, che reintroduce la natura nel padiglione in cui troneggia un grande albero con tanto di zolla, nella realtà ha tradito le aspettative. Quello che invece non tradisce è lo splendido padiglione britannico dedicato a Sarah Lucas e alla sua riflessione sul nostro tempo, sulla condizione femminile, la società fallocentrica e l’idea di donna oggi. Ottima anche la prova dei Paesi Nordici, capitanati da Camille Henrot e dalla sua indagine sulle fratture contemporanee, con una serie di rotture di cristalli e finestre reali.
Bello anche il padiglione australiano, la cui madrina è stata la brava oltre che bella, Cate Blanchett, che ha tagliato il nastro della nuova, avveniristica struttura in acciaio e cemento armato dell’artista debuttante Fiona Hall, dal titolo “Wrong Way Time”.
Invece nel suo nuovo padiglione minimalista, la Corea esplora un mondo completamente invaso e pervaso dalla virtualità.
Brutto il padiglione della Germania, con il suo percorso labirintico e l’idea produttiva (fabbricare boomerang da lanciare seguendo l’orbita solare). E poi c’è L’Arena, uno spazio attivo nel Padiglione Centrale dei Giardini dedicato a una continua programmazione interdisciplinare dal vivo.
Concepita dal premiato architetto ghanese-britannico David Adjaye, l’Arena fungerà da luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, dei recital, delle proiezioni di film, e diventerà il foro delle pubbliche discussioni. Il cardine di questo programma sarà l’imponente lettura dal vivo dei tre volumi di Das Kapital (Il Capitale) di Karl Marx.
Per i sette mesi di apertura dell’Esposizione la lettura dal vivo di Das Kapital sarà un appuntamento che si svolgerà senza soluzione di continuità. Prendendo spunto dal rito sikh dell’Akhand Path (una recitazione ininterrotta del libro sacro per la quale si alternano più lettori nell’arco di diversi giorni), Das Kapital sarà, più che letto, interpretato teatralmente da attori come un testo drammaturgico, con la regia dell’artista e regista Isaac Julien, per tutta la durata della Biennale Arte.
Poi vi sono alcune “chicche” organizzate in forma di piccole antologie, che spaziano da una serie di neon testuali – realizzati da Bruce Nauman tra il 1972 e l’inizio degli anni ’80 – a un atlante della filmografia di Harun Farocki che comprende complessivamente 87 film.
Inoltre, The Invisible Borders Trans-African Project, un’organizzazione fondata nel 2009 in Nigeria che riunisce artisti africani – soprattutto fotografi, scrittori e cineasti – con l’impegno e la passione del cambiamento sociale, presenterà alla 56. Esposizione il suo Trans-African Worldspace, una panoramica della produzione fotografica e audiovisiva più recente, per riflettere sulla questione delle frontiere e sulle implicazioni connesse nell’Africa del 21° secolo.
Tale produzione sarà generata e inclusa nella presentazione con una cadenza regolare, durante i sette mesi di apertura dell’Esposizione. Inoltre, il gruppo presenterà nell’ARENA il documentario Invisible Borders 2011, The Film, che sarà seguito da una discussione sullo stato delle cose nella scena dell’arte contemporanea trans-africana. Per chi volesse poi documentarsi meglio su quello che succede in Siria, basta seguire il collettivo Abounaddara che dal 2010 ha realizzato una serie di brevi documentari che celebrano la vita quotidiana della gente comune in Siria grazie alla collaborazione di una rete di cineasti volontari che operano in segreto per motivi di sicurezza.
E poi… E poi, basta armarsi di buone scarpe (guai ai tacchi!!!) per visitare tutto il meraviglioso della Biennale d’arte che ci rende tattile il futuro che non è un sogno, ma sta proprio in mezzo a noi, grazie alla genialità dei nuovi artisti che ci consolano e ci fanno sentire parte di un’umanità degna.
Maria de falco Marotta &Team
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy