Ci sono partite che non brillano per la pulizia delle giocate, per numeri tecnici d’alta scuola, reti da cineteca (vedi Barça-Athletic Bilbao di Copa del Rey di sabato) ma che rimangono e rimarranno per sempre scolpite nella memoria di chi le ha viste, sofferte, vissute. Per la girandola folle di emozioni regalate da 90 minuti di cui almeno 45 sfuggiti a qualunque parvenza di logica. E’ quello che è accaduto al S. Paolo dove solo nell’ultimo minuto (o giù di lì) dell’ultima partita di campionato, la Lazio è riuscita ad imporsi per 4-2 sul terreno di un Napoli che, in caso di una vittoria prima difficile, poi divenuta miraggio, poi possibile e, quindi, prima per la superiorità numerica poi, tornati a parità di uomini, per un rigore a favore, addirittura quasi inevitabile. E, invece, quando la squadra di Pioli sembrava rannicchiata alle corde in attesa di subire il colpo del k.o. (e in tanti andavano con la memoria a precedenti, dolorose rimonte subite nello stesso scenario, come il 3-2 incassato nel campionato 1994/95 e il 4-3 patito nel 2010/11), ecco prender forma la resurrezione biancoceleste con uno sprint finale frutto di grinta, cuore e voglia di ribellarsi ad un destino che , tra infortuni eccellenti, episodi e combinazioni di risultati non esattamente favorevoli, sembrava aver voltato definitivamente le spalle agli aquilotti.
Marco Parolo ha appena scoccato il tiro dell’1-0
E si è trattato, al netto di un primo tempo veramente brutto da ambo le parti e di un secondo che, anche per via di episodi discutibili (il secondo giallo a Ghoulam e soprattutto il rigore di Lulic su Hamsik), è uscito dai binari della logica, di un verdetto ineccepibile. Ai preliminari della Champions ci va la squadra, tra le due, che più lo ha meritato nel corso dell’intera stagione. Per la qualità del gioco espressa, per lo spirito di gruppo dimostrato in più di un’occasione (da ultima, la bellissima immagine di ieri sera con tutta la panchina laziale in piedi, stretta in un abbraccio, con Stefano Pioli in mezzo felice come un bimbo, in attesa del triplice fischio di Rocchi), per la completezza dell’organico, completo in tutti i reparti (tranne, in parte, in difesa dove si è pagata troppo l’assenza di De Vrij) e anche per gli enormi limiti strutturali dimostrati da un Napoli che troppa critica superficiale (o asservita?) aveva inserito addirittura tra le possibili alternative alla Juventus. Una difesa che, a definirla tale, si rischia la querela, un parco portieri assolutamente non all’altezza (e con quello più scarso partito titolare e a lungo confermato tale), un centrocampo che, per numero di interpreti, qualità degli stessi e caratteristiche tecniche, è davvero poca cosa. Davanti, poi, un turnover eccessivo (e un Gabbiadini in gran spolvero tenuto spesso ai margini delle rotazioni) e una stagione non esaltante di Higuaìn (al quarto errore stagionale dagli 11 metri ed è anche da questi particolari che si giudica un giocatore) hanno fatto il resto, pur rimanendo l’attacco partenopeo da top club in Europa. Il tutto condito da una separazione in casa con il proprio tecnico che si è inutilmente trascinata da mesi ma che è stata ufficializzata proprio nel momento meno opportuno. Il quinto posto finale (c’è stato anche il sorpasso della Fiorentina) è molto più aderente ai reali valori dei partenopei.
Candreva esulta per il raddoppio
Il primo tempo è vissuto sugli sterili tentativi di far circolare la palla da parte del Napoli (unica occasione da gol un contropiede di Callejòn non a segno per questione di millimetri) , e su due, chirurgiche, iniziative della Lazio che colpiva con la solita botta da fuori di Parolo, deviata da Inler, che coglieva di sorpresa un Andujar poco reattivo e poi, in chiusura, raddoppiava con una splendida infilata di Candreva (al 10° gol in campionato come il collega). Nel secondo tempo, la Lazio partiva bene e il Napoli accusava il colpo e i fischi di un S.Paolo inferocito più che deluso, ma l’abbrivio durava poco. Un errore marchiano di Parolo che, cincischiando, perdeva palla a beneficio di Hamsik che metteva in moto Callejòn , bravo a servire un babà che Higuaìn non poteva non gradire riapriva completamente la gara dando l’avvio ad un nuovo film. La Lazio sbandava paurosamente (e anche impaurita) dietro e solo un provvidenziale De Vrij, materializzatosi sulla linea di porta, scongiurava un 2-2 che pareva fatto. Poi, il secondo giallo a Parolo sembrava immettere sul binario definitivo la partita. Puntuale, infatti, arrivava il pareggio ancora a firma del Pipita e sempre originato da un vistoso errore in alleggerimento (stavolta, Felipe Anderson il reo). Si aspetta solo il colpo di grazia, ma ci pensa Ghoulam a farsi cacciare a strettissimo giro di posta, ripristinando la parità numerica. Non basta, però a sollevare le già provate coronarie dei biancocelesti.
Tutta la disperazione di Higuaìn dopo il rigore in curva
Il rigore fischiato da Rocchi per il fallo (molto dubbio: Hamsik trascina la gamba ben prima dell’eventuale contatto peraltro probabilmente fuori area) sembra un’altra sentenza: ma il Pipita concedeva la grazia. Poi, nel finale, l’apoteosi con le reti liberatorie di Onazi e Klose, entrambi inseriti da Pioli in corso d’opera. Mai cambi furono più azzeccati ( anche l’inserimento di Ledesma si è rivelato una mossa felicissima). E in nottata il giusto bagno di folla al Fersini di Formello, accolti da circa 10.000 tifosi in delirio. Come dopo il ritorno della semifinale di Coppa Italia. anche lì di rientro dal S. Paolo. Vedi Napoli, ma a rimetterci le penne è stato solo Benitez.
Klose ha appena messo il sigillo sulla sfida
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy