“Nessun egoismo nazionale può chiudere gli occhi”. Tra Matteo Renzi e François Hollande sono lontani i momenti del grande idillio. A farli litigare è la questione dei migranti bloccati a Ventimiglia.
Da una parte il presidente del Consiglio italiano, che accusa il governo francese di ottuso egoismo nell’affrontare un tema così drammatico; dall’altra i francesi, che si trincerano dietro la formula del “ci limitiamo ad applicare la convenzione di Schengen”.
Stamattina il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve aveva richiamato l’Italia al rispetto dell’accordo di Dublino, che obbliga i Paesi dove i migranti vengono identificati per la prima volta a farsi carico della loro accoglienza.
Cazeneuve ha riferito di aver “fatto riammettere in Italia circa 6.000 migranti” su 8.000 dall’inizio dell’anno. “È l’Italia che deve farsene carico”, sostiene il ministro francese. La sua proposta è di “creare in Italia – e in Grecia – dei campi gestiti dall’UE per distinguere i migranti economici dai richiedenti asilo già dal loro arrivo”.
“L’Italia deve farsi carico e se ne fa, salva centinaia di vite e continueremo a farlo”, gli ha risposto Renzi nel pomeriggio in una conferenza stampa a palazzo Chigi.
“L’UE è ad un bivio: o ragiona come comunità e si fa carico di risolvere tutti insieme il problema, e questo è il piano A” ha dichiarato il presidente del Consiglio. – “Ma se non si trovano soluzioni alte, faremo da soli”.
Renzi ha criticato “l’atteggiamento muscolare di alcuni ministri di paesi amici”, che “va in direzione opposta” rispetto a una cooperazione fruttuosa.
A Ventimiglia sono più di 50 gli africani, soprattutto eritrei e senegalesi, che hanno passato la seconda notte all’aperto sulla scogliera, sotto la pioggia. I volontari delle organizzazioni umanitarie, tra cui la Croce Rossa, hanno distribuito acqua, cibo e coperte termiche. Altre decine di migranti hanno passato la notte alla stazione o nei giardini pubblici della cittadina.
Accusata di aver sospeso l’accordo di Schengen, la Francia ripete da giorni: “La frontiera non è mai stata chiusa”. Fonti italiane, però, giurano che siano ricomparsi i controlli fissi alla frontiera, vietati dal trattato di libera circolazione.
Il ministro dell’Interno italiano Angelino Alfano ha definito le immagini di Ventimiglia “un pugno in faccia all’Europa”. “Domani quelle immagini me le porterò dietro al vertice dei ministri dell’Interno UE a Lussemburgo”, continua il ministro.
La Commissione UE si limita per ora a un’ammonizione generica: “Tutti devono rispettare Schengen e le regole del sistema di asilo europeo”.
La portavoce Natasha Bertaud fa riferimento alla Francia, ma anche ad Austria, Germania e Svizzera, che in occasione del vertice del G7 della settimana scorsa a Garmisch hanno chiuso le frontiere per un tempo molto superiore al necessario: oltre due settimane per un incontro durato due giorni.
Secondo Bertaud, la proposta che domani sarà sottoposta ai ministri dell’Interno rappresenta “un buon equilibrio”, e dovrebbe prevedere che “il sistema di ricollocazione sia obbligatorio”.
Alfano ha definito il piano “un primo varco nel muro di Dublino”, l’accordo che La proposta della Commissione, però, non è sufficiente: secondo il ministro dell’Interno bisogna rivedere l’intero meccanismo di ridistribuzione dei migranti fra gli Stati.
“Diciamo ‘No’ a un numero fisso di migranti da distribuire – spiega Alfano – ma serve un meccanismo automatico per distribuirli in Europa quando arrivano qui”.
“Se l’Europa non darà seguito alla propria responsabilità e solidarietà – ammonisce il ministro – si troverà di fronte un’Italia diversa, perché noi non siamo più disponibili ad accettare che ci sia un’Europa egoista”.
E dovrebbe coprire proprio questa eventualità il piano B di Renzi, di cui sia la Commissione sia Alfano giurano di non sapere niente.
La misura più importante del pacchetto dovrebbe essere la concessione di permessi temporanei ai migranti in transito. Questi documenti consentirebbero agli extracomunitari di raggiungere la meta del loro viaggio, che nella maggior parte dei casi non è l’Italia né la Francia, ma gli stati dell’Europa settentrionale.
Il governo sta studiando anche la fattibilità di un’operazione di polizia internazionale contro i trafficanti di esseri umani in Libia, coinvolgendo se possibile l’Egitto. Sull’ipotesi di agire senza il placet dell’ONU, però, si è già dichiarato contrario il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Un’altra misura presa in esame, forse più facile da mettere in atto, è obbligare le navi straniere a portare i naufraghi nei propri paesi invece che in Italia negando loro l’accesso ai porti.
Il governo ha poi individuato cinque strutture d’accoglienza da potenziare per far fronte all’emergenza in corso. A questo proposito, stamattina il prefetto Mario Morcone, capo del dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno, ha incontrato i prefetti veneti e il governatore Luca Zaia per comporre la frattura istituzionale aperta la settimana scorsa.
Le strutture già presenti a Roma e Milano sono al collasso: la chiusura delle frontiere con l’Austria e la Svizzera ha complicato una situazione resa già difficile dal volume degli sbarchi.
Nella capitale è stata allestita una tendopoli alle spalle della stazione Tiburtina per alleggerire la pressione sul centro d’accoglienza Il Baobab. Il centro, autogestito da migranti dal 2010, ha una capacità teorica di 250 persone, ma dopo lo sgombero dell’accampamento che si era formato giorni fa nella stazione ne ospita circa 800. Alcuni sono stati costretti a dormire per strada.
La Croce Rossa sta mettendo in campo ogni risorsa a sua disposizione per evitare un’emergenza sanitaria: fra i profughi si sono registrati alcuni casi di scabbia, mentre un neonato con la febbre alta è stato ricoverato in ospedale.
Sotto accusa anche la scarsa coordinazione fra volontari e istituzioni: anche se alla stazione Tiburtina la situazione è fuori dall’ordinario da diversi giorni, la Protezione civile è intervenuta una volta sola, e nessuno ha ancora pensato ai servizi igienici.
“È necessario trovare una struttura in grado di dare una prima accoglienza per le 24-48 ore necessarie a queste persone per trovare un mezzo di trasporto”, ha dichiarato il presidente della Croce Rossa di Roma Flavio Ronzi.
Sembra invece in via di risoluzione la situazione alla stazione Centrale di Milano. I profughi resteranno nei box di plastica trasparente, oscurati con cartoni e fogli di compensato, fino a mercoledì, quando saranno presi in consegna dalla fondazione Exodus, in attesa che siano pronti i locali del dopolavoro ferrovieri che la direzione ha promesso di mettere a loro disposizione.
Non accenna a diminuire invece la tensione fra il governatore della Lombardia Roberto Maroni e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
Se infatti Maroni ha cercato di smontare la polemica con il governo, dichiarandosi pronto a collaborare “purché si trovino soluzioni eque e ragionevoli”, sul confronto con il primo cittadino i toni sono rimasti aspri: “Evidentemente la sinistra si è innervosita perché ho svelato il tentativo di nascondere i problemi”.
Di rimando, Pisapia lo ha accusato di non aver fatto abbastanza: “Dalla Regione, sulla questione migranti, è mancata non solo la presenza ma è mancato anche, quantomeno, il silenzio”. In linea con altri esponenti della sinistra, il sindaco di Milano ha ricordato che fu proprio Maroni, quando era ministro dell’Interno, a promuovere un piano di ripartizione dei migranti fra le regioni.
Filippo M. Ragusa
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