“Ignazio Marino ormai è al delirio, si inventa telefonate che tra di noi non ci sono mai state”.
Con queste parole Gianni Alemanno si difende dalle accuse lanciate ieri dal sindaco di Roma Ignazio Marino nel corso della festa dell’Unità: “Ricevetti una telefonata dal mio predecessore, che mi disse ‘So che state cambiando i consigli di amministrazione. Ti posso dare due nomi?’.
L’ex sindaco di Roma rigetta con forza le accuse: “Ho già dato mandato ai miei legali di procedere con una querela per diffamazione nei confronti di Marino. È un personaggio ormai finito di cui Roma si deve rapidamente liberare“.
La destra “Torni nelle fogne da dove è venuta invece di dare lezioni di democrazia e rigore a noi che siamo i naturali eredi”. In una Roma in piena crisi, finita nell’occhio del ciclone insieme ai membri dell’Assemblea capitolina, nell’inchiesta Mafia Capitale, divisa in due parti, che ha portato alla luce collusioni e legami tra il mondo della politica e criminalità organizzata nella capitale, il sindaco Marino non solo non accenna a nessun passo indietro (“andremo avanti fino al 2023”), ma attacca la destra con “un’inconcepibile violenza verbale”.
Secondo il sindaco Marino “In 2 anni a Roma ci sono stati cambiamenti epocali”. Eppure, l’immagine che Roma offre sembra sempre di più quella di una capitale martoriata, sommersa da inchieste, negligenze, malfunzionamenti e ritardi che ne erodono la credibilità all’estero e agli occhi degli stessi abitanti.
Il Tesoretto degli affitti romani. Guardiamo per esempio alla situazione degli affitti romani. I dati ci sono e sono visibili a tutti: quasi un terzo degli appartamenti che possiede il Comune e di cui conosciamo il canone, è affittata a circa 7 euro al mese, mentre delle abitazioni nelle zone più prestigiose solo 16 risultano pagare un affitto superiore ai mille euro.
Qualche esempio? L’appartamento di 70 mq a Campo de’ Fiori a 220 euro, la casa di 122 mq vicino al Colosseo a 174 euro, la sede del Pd in Via dei Giubbonari che paga un affitto sempre intorno ai 200 euro. Un bar in Via dei Campi Sportivi arriva a sborsare la cifra di 26 euro mensili.
L’assegnazione di canoni così ampiamente agevolati innesca ovviamente seri dubbi che le case in questione siano tutte abitate veramente dagli “aventi diritto”. Soprattutto perché è del 2002 l’inchiesta sulle case popolari romane andate a finire nelle mani di soggetti che decisamente non rispondevano ai requisiti necessari per una tale politica di sostegno.
La causa sembrerebbe essere il mancato aggiornamento dei canoni da parte del Comune, il quale, dopo l’ingresso dell’euro, “appare certo che si sia limitato a fare la conversione dell’importo nella nuova moneta”, come risulta dall’esposto presentato alla Procura di Roma e alla Corte dei Conti dal cittadino Giampaolo Cuccari. Così, “nel medesimo immobile spesso è possibile rinvenire la situazione per cui la maggior parte delle persone paga canoni irrisori, mentre altri soggetti abitanti nel medesimo palazzo pagano canoni che, seppur affatto alti, sono notevolmente superiori agli altri”, recita il testo.
La stessa inchiesta Mafia Capitale ha in realtà solo dato seguito alle denunce del 16 gennaio 2014 della Ragioneria generale dello Stato, nelle quali due ispettori sottolineavano come la proroga delle convenzioni assegnate dal Dipartimento politiche sociale ad alcune cooperative (compresa la “Eriches 29” di Salvatore Buzzi) fosse “espressamente vietata dall’art. 23 della Legge n. 62/2005“.
“Gli enti pubblici – si legge nella relazione – possono stipulare convenzioni con le cooperative sociali per la fornitura di beni e servizi, diversi da quelli soci sanitari ed educativi, in deroga alle procedure, purché detti affidamenti siano di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria. Nel caso in questione tale soglia è stata abbondantemente superata”.
Tuttavia, si ha il sospetto che la scoperta di una tale mancanza di controlli e di lentezza nel procedere a risolvere tempestivamente i disagi e le anomalie segnalate a più riprese nel corso degli anni, abbia portato alla luce solo la punta di un icerberg: il Comune di Roma è in possesso di oltre 42 mila immobili, e solo per 24 mila di essi si è potuto verificarne la posizione, poiché era possibile conoscerne il canone, ma ne rimangano fuori ben 17.930 locali di cui non si sa veramente nulla.
Se per il sindaco Marino occorre “guardare al futuro” ad una “Roma del prossimo decennio”, la sua giunta continua letteralmente a perdere i pezzi: è di oggi infatti la notizia che Guido Improta, l’assessore capitolino ai Trasporti, settore complesso e in perenne crisi gestionale, ha intenzione di dimettersi, anche se con “tempi e modalità” che verranno decise dalle persone che hanno responsabilità politiche competenti.
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