La Grecia e le istituzioni europee hanno tempo fino a domenica prossima per trovare un accordo su un nuovo piano di salvataggio, altrimenti il Grexit sarà inevitabile. Lo ha stabilito il vertice dei leader dell’Eurozona ieri a Bruxelles.
Stamattina, il primo ministro Alexis Tsipras ha rivolto un ultimo appello al Parlamento Europeo, alla presenza dei più alti rappresentanti delle istituzioni UE. Il premier è tornato a chiedere una ristrutturazione del debito greco.
Ma Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione UE, e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, hanno criticato con forza il governo greco.
Nelle stesse ore il ministero delle Finanze di Atene ha presentato una nuova proposta per un piano triennale di aiuti all’ESM, il fondo salva-Stati UE.
A Strasburgo, Tsipras si è confermato figura capace di polarizzare le opinioni: al suo ingresso in aula i suoi sostenitori gli hanno dedicato un’ovazione, subito seguita da fischi e ululati dei contrari. Il consenso più ampio è arrivato dalle ali estreme dello schieramento, dove sono spuntati cartelli con stampata la parola “NO” in varie lingue, a celebrare l’esito del referendum di domenica scorsa.
Tsipras ha attaccato subito i piani di austerità: “I vostri soldi sono serviti a salvare le banche, non sono mai arrivati al popolo. Il problema non sono questi ultimi 5 mesi, ma questi ultimi 5 anni: la Grecia è stata cavia di un esperimento di austerità che non è riuscito”.
Tuttavia, ha spiegato di non aver interpretato il no delle urne come un rifiuto del progetto europeo: “Se avessi voluto trascinare la Grecia fuori dall’euro – ha detto – non avrei fatto le dichiarazioni che ho fatto dopo il referendum. Io non ho un piano segreto per l’uscita dall’euro e vi sto parlando davvero con il cuore in mano”.
Come riconosce il primo ministro, “la capacità di resistenza della Grecia è finita”. Proprio oggi il ministero delle Finanze di Atene ha dovuto smentire un’indiscrezione, pubblicata dal quotidiano E Kathimerini, secondo cui il Tesoro avrebbe deciso d’ora in poi di pagare i dipendenti pubblici in cambiali. Ma l’economia del paese è allo sbando: ormai nessuno paga più le bollette e i fornitori stranieri accettano solo pagamenti in contanti.
Nel timore di un assalto agli sportelli, il dicastero – ora guidato da Efklidis Tsakalotos dopo le dimissioni di Yanis Varoufakis – ha dovuto prolungare fino a venerdì prossimo la chiusura delle banche.
Dopo Tsipras hanno preso la parola i rappresentanti dei gruppi dell’Europarlamento, fra cui Manfred Weber per i popolari, Giovanni Pittella per i socialisti, Guy Verhofstadt per i liberali e Matteo Salvini per il gruppo Europa delle nazioni.
Il più critico è stato Weber, che ha accusato il premier greco di “distruggere la fiducia” riposta nei suoi confronti non presentando proposte. Anche il suo intervento è stato commentato con ondate di fischi e applausi. Scettico sulla possibilità di concludere un accordo si è detto anche Verhofstadt, secondo cui i negoziatori stanno “andando avanti come sonnambuli verso il Grexit”, e ne pagheranno il conto i cittadini greci.
Pittella, invece, ha affermato che i socialisti non accetteranno mai il Grexit e faranno “di tutto per salvare la Grecia e salvare l’Europa”, mentre Salvini ha ringraziato il premier greco per aver dimostrato che “il re è nudo”.
Nella sua replica, Tsipras ha affermato di voler presentare “proposte credibili per poter ripagare il debito”, per il fine ultimo della “lotta alla disoccupazione”. Ad esempio si è detto pronto a tagliare le baby-pensioni, percepite da un greco su sei nella fascia d’età fra cinquanta e sessant’anni.
Però, “per poter essere in grado di restituire i soldi”, il premier è tornato a chiedere un haircut, un taglio parziale del debito, e ha ricordato che nel 1953 gli Stati europei – tra cui la Grecia – condonarono il 60% del debito che la Germania occidentale aveva ereditato dal terzo Reich, in quello che ha definito “il momento di massima solidarietà nell’UE”.
Nel suo intervento, però, Juncker ha respinto al mittente la maggior parte delle accuse. “Senza l’interruzione dei negoziati avremmo raggiunto un’intesa”, ha affermato.
“È vero che i negoziati sono avvenuti a porte chiuse – ha ricordato il capo dell’esecutivo UE – ma in modo diverso dal passato”, quando a negoziare erano i tecnici e non i politici del più alto livello, in linea con il “ruolo politico” che rivendica di aver dato alla Commissione da quando è stato eletto. “La Commissione aveva proposto un programma pluriennale di prestiti per 35 miliardi di euro”, e le misure proposte da Juncker sarebbero state “tassare gli armatori e i tagli alla Difesa”, non “tagli alle pensioni e ai salari minimi”. “È bene che si sappiano tutte le cose che sono state dette dietro quelle porte chiuse”.
Donald Tusk ha confermato di fronte all’Aula che il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha letto il documento inviato da Atene al Fondo salva-Stati. Nella lettera, secondo indiscrezioni pubblicate da Bloomberg, la Grecia chiede un piano triennale di aiuti, ma non ne indica l’entità: a determinarla dovrebbero essere valutazioni fatte dai creditori in base alle previsioni di peggioramento della situazione economica greca.
La lettera, sostiene Tusk, “è un buon presagio in vista di domani”. Ma Tusk non condivide le opinioni di Tsipras sulla “moralità” nel rapporto fra debitori e creditori: “Moralità significa pagare i debiti, non è vero che i creditori sono immorali e che i debitori sono vittime innocenti”, ha detto il presidente del Consiglio UE.
“Non è possibile continuare a spendere più di quello che si guadagna: è questa l’origine della crisi in Grecia, non la moneta unica”.
Filippo M. Ragusa
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