“Dado in “dado comico””, questo doveva essere il titolo originale dello spettacolo del comico-cantante romano nell’ambito dell’annuale appuntamento estivo All’ombra del Colosseo. Ma poi, prima della sua ultima serata, a Roma è accaduto un fatto davvero spettacolare e lo show ha cambiato faccia. Tra una prova microfono e un po’ di pioggia Dado ci spiega il senso del nuovo titolo: #Ripiamose Roma.
Spontaneo e naturale fuori dal palco, sulla scena si trasforma in un guitto invasato, in ogni caso Dado non abbandona mai la sua innata ironia e il suo contegno smisuratamente istrionico. Anche di fronte alla risonanza mediatica che hanno avuto la sua “notizia cantata” ispirata al funerale-show del boss Casamonica e le pesanti minacce che ne sono seguite, lui intende restare uguale a se stesso. Ha sollecitato gli amici e i colleghi del mondo dello spettacolo a sostenerlo in questa battaglia giocata a colpi di risate e va avanti esattamente come prima.
Quanto la satira può mobilitare le coscienze?
“La satira ha la stessa funzione che ebbe il movimento illuminista di fine settecento da cui poi ha avuto origine la rivoluzione francese. Vivere con i tabù è la cosa che i governi preferiscono di più per la popolazione, perché si governa meglio. Tutti i tabù che la società civile –ma io direi pure incivile- ci mette addosso evitano che le persone possano espandere la propria conoscenza scoprendo che c’è un altro modo di vivere. Mentre invece una popolazione informata è una popolazione di rompicoglioni. La satira contribuisce, a modo suo, a diffondere la conoscenza dei fatti e, dietro una risata, stimola fortemente la riflessione”.
Quanto sostegno o quanta indifferenza hai trovato intorno a te rispetto a questa vicenda e rispetto al tuo impegno in generale?
“Io faccio il comico, ho un profilo facebook da comico, che viene visitato da chi cerca la comicità. Quindi in realtà sono coperto di apprezzamenti, di incoraggiamenti, di sostegno dei fan che mi cercano proprio per quello che faccio. C’è una piccola nicchia di persone che invece mi ha insultato, mi ha minacciato, ma forse queste persone non hanno capito troppo bene l’argomento di cui parlavo e si sono sentiti presi di mira, messe sotto i riflettori dall’argomento. Io non volevo mancare di rispetto a una famiglia che ha delle tradizioni, e devo dire che, essendo uno che fa teatro, un funerale così teatrale -come dico anche nella canzone- lo trovo affascinante, anzi lo invidio un po’. L’idea di un elicottero, la carrozza, la banda, insomma sono tutte cose che trovo bellissime, magari potessi averle pure al mio! E nella canzone lo dico: vorrei avere anche io questo tipo di cose. Ma mi rendo conto che per averle bisogna anche avere le conoscenze giuste e io le conoscenze giuste non ce le ho. Ci sono poi persone che dicono: “ma falla finita, ma chi sei”, ma evidentemente sono persone che non ritengono possibile che la satira possa avere una valenza culturale. Sono le persone che pensano che servano le ruspe di Salvini, che serva un intervento diverso. Io non occupandomi di ruspe, ma occupandomi solo di comunicazione decisamente non riesco ad incontrare il favore di quelli che vorrebbero interventi un po’ più definitivi. Quelli che dicono: “ci vorrebbe una bella bomba là sotto, un bombardamento a tappeto”, quello che faccio non lo capiscono nemmeno, sono quelli che quando i bambini fanno un castello di sabbia ci passano sopra e incuranti lo calpestano con il piede”.
Mobilitare la gente comune e onesta paga? E soprattutto la politica compromessa è in grado di dare le risposte giuste agli onesti?
“Assolutamente no. Ma io non ho mobilitato nessuno, sono i giornalisti che si sono interessati dei risvolti della canzone e che hanno messo su tutto questo casino. Io faccio queste cose da sempre e il mio pensiero verso la società è lo stesso da quando ho iniziato ad occuparmi del sociale, da quando ero piccolino, da quando mia madre mi diceva “questa cosa non si può fare” e io chiedevo perché e non accettavo la risposta “perché no”. Io sono un maniaco del controllo -che non è una malattia-, io devo sapere, devo sapere dove stanno le persone, cosa fanno, dove vanno e questa cosa me la porto nella mia comicità. Quindi tutte le mie canzoni sono circostanziate perché cerco gli argomenti, la storia. Cerco di essere qualunquista come tipo di risultato, ma un qualunquista che ha studiato. Non mi infastidisce che mi sia dia del qualunquista, me lo prendo volentieri, perché è diventato un termine quasi amichevole, come dire stronzo”.
Lo spettacolo comincia con Dado che distribuisce berretti al pubblico come fossero un gruppo di amici sulle note di “In questo mondo di ladri” di Venditti. E poi si ride, si ride tantissimo, nonostante qualche caduta volgare, ma è questione di stile. Forse gli amici e colleghi che sarebbero dovuti intervenire non erano poi tanto numerosi quanto ci si aspettava, ma una certa partecipazione c’è stata. Dado spiega che anche il Primo Cittadino era stato invitato, ma come ha visto due gocce di pioggia pare abbia detto: “No, grazie, scusate, ma io sono stato nell’acqua fino ad adesso”. Poco male, lo sostituisce volentieri Gabriele del trio Medusa che non intende perdersi, come ha fatto Marino, la fortuna di venire dopo Alemanno, perché, dice, “a fa’ peggio ce ne vuole!”.
Seguono poi i fratelli Fornari, Barbara Foria e, esilarante fino alle lacrime, Andrea Perroni, anche lui un comico cantante. Il meglio di sé Dado lo dà quando canta la meraviglia del rapporto padre figlia, figlia e papà, è il climax.
Lo spettacolo finisce con copiosi applausi per tutto il “clan” comico messo su Dado. #Ripiamose Roma.
Vania Amitrano
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