“Il sindaco di Roma, Ignazio Marino ha firmato la lettera con la quale ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre”. Così in una nota il Campidoglio. Ormai il caso Marino è davvero un caso. Anche perché la sua decisione è arrivata appena dopo l’incontro del commissario Pd romano Matteo Orfini con i consiglieri dem per convincerli a rassegnare le dimissioni in massa qualora Marino avesse ripensato le sue. Ma per far terminare la consiliatura servono 25 dimissioni contestuali e il Pd ha soli 19 consiglieri. Servirebbe quindi l’apporto di altri sei consiglieri esterni: sarebbero oggetto di un forte pressing in questo senso alcuni consiglieri di Centro democratico e della lista Marino, cui potrebbero aggiungersi alcuni esponenti del gruppo Misto e della lista Marchini (tra cui lo stesso capogruppo Alfio Marchini). Un modo, questo, per evitare il coinvolgimento di esponenti della coalizione che ha sostenuto l’esperienza di governo in Campidoglio di Gianni Alemanno, precondizione per mantenere unito il gruppo Pd e staccare definitivamente la spina a Marino. Altra ipotesi è quella di promuovere una mozione di sfiducia, che però presenta lo stesso problema delle dimissioni in massa: la mancanza di numeri. Mentre la terza ipotesi, cioe’ far cadere Marino sul bilancio, comporterebbe la prosecuzione di questa fase almeno fino a dicembre.
Intanto la Giunta perde sette pezzi e scende sotto la metà. A rassegnare le dimissioni sono: Stefano Esposito, ai Trasporti, il vicesindaco di Roma Marco Causi, l’assessore alla Scuola Marco Rossi Doria e quello al Turismo Luigina Di Liegro, Alfonso Sabella, assessore alla Legalità, Maurizio Pucci, assessore ai Lavori Pubblici, e infine anche l’assessore alla Cultura Giovanna Marinelli. Non lascia invece Alessandra Cattoi, assessore al Patrimonio.
“Esiste un luogo preposto alla democrazia, che è l’Aula – ha dichiarato Marino uscendo dal Campidoglio – io sono pronto a confrontarmi con la mia maggioranza parlando delle cose positive, degli errori e della visione del futuro, ma lo farò in quella sede. Stasera parlerò con la presidente Baglio e illustrerò la mia intenzione di avere una discussione aperta franca e trasparente in aula Giulio Cesare”.
Difficile, che ad un amministratore che ha tenuto in ostaggio un’intera città per 21 giorni – si ricordi infatti che il suo sofferto annuncio di dimissioni Marino lo consegnò ad un video pubblicaato su Facebook la sera dell’8 ottobre scorso – si possano risparmiare critiche.
Il ritiro delle dimissioni, secondo il predecessore Gianni Alemanno, “è lo squallido risultato di un braccio di ferro tra il Partito Democratico che vuole uccidere politicamente il suo candidato e un Sindaco che le prova tutte pur di vendicarsi e ottenere qualcosa in cambio. In questo scenario chi ci rimette sono soltanto i romani, che pagano caro sulla propria pelle l’irresponsabilità del Pd e i gravi silenzi del presidente Renzi, che non vuole mettere la faccia sul fallimento romano della sinistra”.
“Marino alla fine sacrifica Roma per la sua poltrona: con il ritiro delle dimissioni raggiunge l’apice dell’irresponsabilità e mette la Capitale in una situazione ancora più difficile”, commemtano dalle file di Forza Italia.
Difficile anche per chi Roma la vive quotidianamente da cittadino, dissentire da simili considerazioni.
A.B.
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