In anteprima assoluta al primo Festival Internazionale del Documentario, Visioni dal Mondo – Immagini dalla Realtà, in questi giorni a Milano, dall’11 al 13 dicembre sono presentatati tre documentari per raccontare gli esuli del terzo millennio. La trilogia Esuli di Barbara Cupisti, prodotta da Clipper Media e Rai Cinema, indaga nel dettaglio e in modo toccante le ragioni dei moderni esili.
Visioni dal Mondo – Immagini dalla Realtà è una manifestazione di cultura cinematografica documentaristica che intende raccontare gli eventi più importanti, la società, i valori universali che scuotono il mondo e la storia con le sue trasformazioni ed evoluzioni, in tutti i toni possibili, dal dramma alla commedia.
La trilogia Esuli nasce dall’esigenza di descrivere una realtà che purtroppo sta crescendo sempre più, quella dei rifugiati costretti ad abbandonare la propria terra e la propria casa, e a vivere lontano dal proprio Paese di origine, spesso in situazioni di precarietà abitativa, sanitaria, lavorativa, economica, sociale ed educativa, non più in grado di provvedere autonomamente a loro stessi e alla propria famiglia.
Il progetto si sviluppa in tre documentari, ciascuno di un’ora circa, che indagano le diverse ragioni dell’esilio: i conflitti e le guerre; le persecuzioni politiche, razziali e religiose; i cambiamenti ambientali e il depauperamento delle risorse naturali.
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR), alla fine del 2014 più di 59,5 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa di conflitti, e crisi umanitarie, socio-politiche e ambientali. Il 51% di queste persone sono minori, un numero pari a quello della 24^ Nazione più grande del mondo. Tre quarti di questi rifugiati non hanno alcuna prospettiva di ritorno a casa. Centinaia di migliaia di persone che, anno dopo anno, si mettono in cammino e rischiano la vita per evitare la morte, la persecuzione o la miseria che li attenderebbe dove hanno sempre vissuto, lavorato e dove spesso lasciano anche i loro affetti più cari.
Il primo documentario è dedicato ai profughi di guerra ed è stato realizzato in Turchia e Giordania tra i rifugiati siriani e palestinesi e in Kenya tra i rifugiati somali. Storie, emozioni, speranze di persone costrette a vivere in campi profughi, che danno origine a numeri impressionanti. I rifugiati raccontano la loro esperienza mentre indossano ancora gli stessi indumenti con cui sono dovuti fuggire via lasciando tutto. Raccontano di non aver mai desiderato di lasciare il proprio paese, il proprio ambiente e la propria casa, non erano alla ricerca di migliori opportunità di vita e di lavoro. Sono stati costretti a farlo e i più l’hanno fatto senza essere preparati, senza averlo programmato, solo per cercare protezione, per salvare la vita, perdendo tutto il resto. Per tutti loro i campi profughi, che dovevano essere delle realtà provvisorie, momentanee e d’emergenza, sono invece diventati delle situazioni permanenti in cui i bambini nascono e crescono con il solo desiderio di tornare in una patria che, nella maggior parte dei casi, non hanno mai visto.
Il secondo documentario narra la vicenda dei profughi tibetani, dal 1959 ai giorni nostri, ed è stato realizzato in India, sede del Parlamento tibetano in esilio. Si concentra sulle storie di esodo di coloro che sono stati costretti ad allontanarsi dal proprio Paese a causa di persecuzioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale od opinione politica. Sono rifugiati che nonostante tutto continuano a testimoniare un messaggio di pace che vive di speranza. Il documentario si chiude con un’intervista esclusiva a Sua Santità il Dalai Lama che spiega quanto sia importante “Mantenere la speranza in un futuro migliore e al tempo stesso essere pronti al peggio” e aggiunge: “Io credo che il mondo adesso cominci a rendersi conto che l’umanità è una parte di un tutto e se in qualche parte del mondo accade una tragedia, inclusi i disastri naturali, la risposta del resto del mondo e abbastanza buona. Credo che questo andrà sempre migliorando”.
Il terzo documentario è dedicato ai rifugiati ambientali e agli esuli da conflitti ambientali ovvero a tutte quelle situazioni in cui il degrado ambientale, il depauperamento delle risorse naturali, l’inquinamento, i disastri naturali hanno determinato, per centinaia di comunità sparse nel mondo, l’impossibilità di garantirsi mezzi di sostentamento nei propri territori. Siccità, desertificazione, erosione del suolo, deforestazione, ristrettezze idriche e cambiamento climatico, come anche di disastri naturali quali cicloni, tempeste, terremoti e alluvioni, hanno generato vittime umane.
Barbara Cupisti è un’attrice e regista. Tra i suoi lavori più interessanti nel 2007 ha diretto il documentario Madri, di cui è anche sceneggiatrice, che è stato presentato alla 64ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed ha vinto il David di Donatello come miglior documentario.
Per realizzare la trilogia Esuli si è avvalsa avvalsi di fonti istituzionali quali l’Ufficio ONU per i Rifugiati, il WFP, l’Amministrazione centrale tibetana di Dharamsala e la Città di Porterville (California) e le ONG locali ed internazionali Action Aid, Survival International, Greenpeace, International Campaing for Tibet, Conselho Indigenista Missionario.
Vania Amitrano
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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