Icona del cinema italiano Ettore Scola è diventato noto anche a livello internazionale per aver diretto capolavori come “C’eravamo tanto amati” ( 1974), “ Una giornata particolare” ( 1977), “ La Famiglia” (1987).
Faceva parte, insieme a Risi, Monicelli, Germi, Loy, Salce, Steno, Age, Scarpelli, discendenti diretti di Fellini, Rossellini, De Sica, Antonioni, di quei grandi narratori che si sono trovati, tra Neorealismo e la Commedia, a raccontare la realtà italiana, dal dopoguerra al boom economico: un’Italia che usciva dalla guerra, un popolo che cercava di dimenticare le sofferenze, con una forte ansia di riscatto. Attraverso il suo linguaggio sempre profondo, ironico, a volte spietato ma mai retorico, ha portato nei suoi film tutti i tipi di italiani, dagli intellettuali di sinistra ai borgatari abbrutiti dalla miseria più morale che materiale.
Inutile riportare il lungo elenco con i titoli dei suoi film, è più efficace ricordare alcune delle sue parole, quelle che lui espresse per raccontare il suo cinema. Gli italiani conoscono benissimo le sue opere perché Scola ha sempre puntato a produrre un cinema d’autore che fosse soprattutto popolare, che riuscisse ad arrivare al cuore, all’immaginario di tutti. Il cinema, sosteneva, è un’arte che deve essere altissima sempre. Ciò che è importante è puntare gli occhi e il cuore sulle parole vere, “quelle che sono state scritte scavando nel ventre degli esseri umani”.
E’ stato definito Maestro melanconico per la sua ironia a volte amara, tipica dei veri poeti, per quell’atteggiamento pensoso assunto negli ultimi tempi quando si mostrava a disagio in una realtà di cui percepiva in profondità la crisi morale e culturale prima che economica.
«Ai tempi di Risi, Monicelli e Comencini anche il regista di un film comico era partecipe di un riscatto. Oggi i registi come Zalone o Albanese sono bravi, ma indifferenti alla ricerca di uno stile. L’obbligo di produrre denaro è un recinto sempre più difficile da varcare. La censura finanziaria del cinema spinge i nuovi autori a trattare il presente con cautela”. Invece la realtà offre tanti spunti di satira, Scola lo ripeteva, se il cinema perde la funzione di gettare luce, di essere un faretto che illumina le cose della vita, “non serve”. E a chi gli chiedeva se il cinema fosse in grado di suscitare rivoluzioni, lui rispondeva che il cinema può e deve aiutare a capire il mondo, tocca poi al popolo fare una rivoluzione che guardi al lato luminoso della vita. Con queste parole non voleva certo dire che tutta la produzione italiana fosse brutta: citava Sorrentino, Garrone, Incerti, Tornatore, autori in cui sembrava riporre le sue speranze per un cinema nazionale che potesse continuare a seguire la realtà italiana, come d’altronde ha sempre fatto. “Ma bisogna amarlo questo Paese, non è che oggi non si siano più geni, se il cinema è flebile è perché non ci sono più giovani che mostrano affezione al proprio Paese”. Un esempio citato da Scola era Fellini che amava visceralmente l’Italia, e che invece è passato per un fantasioso disinteressato alla realtà italiana mentre lui la realtà la trasfigurava per renderla più comprensibile.
Scola ha diretto grandi attori come Marcello Mastroianni, Sophia Loren, Nino Manfredi, Stefania Sandrelli. Nell’ottica del Maestro, l’attore svolge un ruolo importantissimo per la riuscita del film. Amava ricordare, con commozione, i tempi in cui faceva “ il negro” e scriveva le battute per Totò. Fu Scola l’autore della famosa lettera del film “Totò, Peppino e la malafemmina”. Scola però non aveva dubbi in proposito: quello che ha fatto grande e memorabile quella scena, non erano state tanto le sue parole, quanto la straordinaria interpretazione di un attore come Antonio de Curtis. Riguardo ai grandi attori che ha diretto, per entrare nel vivo dell’arte di Scola, risulta interessante ricordare quanto disse a proposito di Mastroianni e la Loren, interpreti principali di “Una giornata particolare”. I due erano già dei miti, Matroianni come latin lover internazionale, la Loren come donna di grande ingegno e sensualità che sapeva imporsi anche grazie alla sua intelligenza. Entrambi erano attori che avevano già espresso molti caratteri, dovevano quindi fare altro. Scola era intrigato a fare di lui, Mastroianni, un intellettuale omosessuale in un periodo in cui esserlo costituiva un reale pericolo, così come per la Loren, di fare di lei una donna ignorante mal maritata, vittima del fascino mussoliniano, una donnetta senza alcuno strumento culturale e seduttivo.
Sono infinite le grandi parole del Maestro che potrebbero essere citate, impossibile farlo in questo contesto. Concludiamo con quelle pronunciate nel gennaio del 2012, in occasione della presentazione di una delle sue ultime opere, “ Il cortometraggio “1943-1997″, proiettato al Palazzo del Quirinale per la”Giornata della memoria”: “L’uomo non cambia è sempre un bambino che scappa di fronte alle ingiustizie”.
Alessandra Caneva
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