Può un antidolorifico aiutare l’aspirante suicida a mettere da parte i pensieri che lo indirizzano verso il gesto estremo? Uno studio preliminare su un oppiaceo chiamato buprenorfina mostra che questo farmaco è in grado di farlo dopo una sola settimana d’uso. Se convalidato da ricerche più ampie, potrebbe diventare il primo medicinale ‘anti-suicidio’ ad azione rapida, assicurano gli esperti dell’Università di Haifa (Israele) e della Washington State University sulla rivista ‘The American Journal of Psychiatry’.
I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) stimano che superano i 9 milioni gli adulti negli Usa abbiano pensato di togliersi la vita nel 2013. E “circa 400.000 persone vengono ricoverate al pronto soccorso ogni anno”, in seguito a tentativi del genere, dice Elizabeth Ballard dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale.
“A livello farmacologico, non è stato approvato alcun prodotto per il trattamento acuto del comportamento suicidario, quindi tutto ciò che può aiutare queste persone è fortemente necessario”. Jaak Panksepp e i suoi colleghi hanno deciso di verificare se un oppioide fosse in grado di contrastare sentimenti suicidari. Gli oppioidi sono infatti sostanze chimiche che fanno ‘sentire bene’ il cervello. Servono per alleviare il dolore fisico, ma secondo gli esperti potrebbero essere utili anche in caso di sofferenza mentale. Recenti studi hanno già dimostrato che questo sistema sembra funzionare correttamente nelle persone con depressione e in casi di rifiuto sociale.
Gli studiosi hanno somministrato dosi molto basse di buprenorfina a 40 persone identificate come a forte rischio di suicido (quasi due terzi aveva già fatto un tentativo). Un secondo gruppo ha ricevuto un placebo. La gravità dei pensieri dei partecipanti è stata misurata ogni settimana per un mese da uno psichiatra, utilizzando un questionario. All’inizio del mese di studio, il punteggio medio dei partecipanti era di circa 20. Ma per le persone che hanno assunto buprenorfina esso è sceso in media di 6 punti dopo uno settimana e di quasi 10 punti alla fine della ricerca. Mentre i partecipanti nel gruppo placebo hanno recuperato soltanto due punti dopo un mese. E se un punteggio di 20 è considerato abbastanza preoccupante per ricoverare una persona per ragioni di sicurezza, ciò non viene ritenuto necessario per un punteggio di 10.
Secondo gli esperti, “dando alle persone dosi più elevate di buprenorfina si potrebbe vedere l’effetto positivo anche prima di una settimana”. Ma sorge un problema: aumentando la dose potrebbe sollevare controversie, tuttavia, soprattutto negli Stati Uniti, dove l’abuso di oppiacei da prescrizione è diventato un’epidemia.
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