Antipatico, coltissimo e geniale, Umberto Eco, semiologo e scrittore della realtà del nostro tempo, è scomparso ieri sera alle 22.30 nella sua abitazione di Milano. Aveva 84 anni, lascia la moglie, Renate Ramge, con la quale era sposato dal 1962. I familiari hanno comunicato la notizia a la Repubblica.
“Il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti. Più cose uno sa, più le cose non gli sono andate per il verso giusto“, dal romanzo Numero zero. Eco è stato un semiologo e scrittore enormemente erudito, sicuramente schivo e poco affabile, ma certamente non un perdente. Da Il nome della Rosa a Diario minimo, Eco ha scritto sette libri di successo e innumerevoli saggi – l’ultimo dovrebbe uscire nel corso di quest’anno – ha insegnato in diverse università italiane e ricevuto quaranta lauree honoris causa in Europa e in America.
Era un personaggio schietto fino alle estreme conseguenze, quasi butale in certe sue affermazioni, come quando ha detto che i social danno diritto di parola a “legioni di imbecilli”. Eppure la sua vasta cultura e il suo prolifico pensiero sono sempre stati oggetto di grande interesse, non solo nel nostro Paese. Eco è stato chiamato infatti a tenere incontri, convegni e lezioni in ogni polo culturale del mondo, ha collaborato con le maggiori testate giornalistiche nazionali, da L’Espresso a la Repubblica, e con noti autori italiani, a cominciare dagli intellettuali della neoavanguardia del Gruppo 63, e francesi come Le Goff e Queneau.
Non c’era ambito culturale che non lo stimolasse, dalla filosofia e cultura medioevale a Foucault e Dylan Dog; ha osservato, riflettuto e scritto di quasi ogni argomento: famoso è uno dei suoi primi saggi, La fenomenologia di Mike Bongiorno, un breve articolo assai pungente sulla mediocrità della società massificata.
Negli ultimi anni era diventato a livello mediatico una sorta di saggio: nelle sue interviste e nei suoi interventi è stato interpellato su tutti i grandi temi di senso dell’esistenza dell’uomo. Ha parlato di dolore, bellezza, verità, storia, cultura, offrendo alla società il suo sguardo disincantato, un po’ scettico ma assai profondo sulla realtà.
Secondo Eco la cultura non salverà il mondo, ma la conoscenza è in grado di alzare la soglia della sofferenza. La sua scomparsa costituisce un’amara ferita per la cultura, ma, come ha giustamente detto lui stesso: “tutti dovremmo essere per il dolore e alfabetizzarci al dolore per accettarne la sua funzione importante“.
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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