Enrico Letta, portato per mano dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla fine ce l’ha fatta. Il governo che sembrava non voler assolutamente prendere corpo è nato. Più di sessanta giorni di incubazione e una attesa scandita da trattative, liti, urla, mediazioni, veti, minacce e ammiccamenti più o meno leciti tra i partiti sono terminati grazie solo all’ostinata determinazione del Capo dello Stato che in maniera inusuale ma significativa, al termine dell’esposizione di Letta al Quirinale, ha preso la parola per dire che quello varato oggi era “L’unico governo possibile. Un governo politico e non tecnico o istituzionale”. Un chiaro ammonimento nei confronti di chi in Parlamento al momento della fiducia, lunedì prossimo, potrebbe tirarsi indietro, pensando ad un bis di quanto accaduto nei giorni scorsi quando per l’elezione del nuovo capo dello Stato, le candidature di Marini e Prodi sono finite nel tritacarne di chi non voleva e non vuole accordi di larghe intese con Pdl e Pd a braccetto.
Napolitano, consapevole dei rischi che corre il neo premier Letta, ha dato l’ennesima strigliata ai partiti:per ricordare che l’Italia non può più restare senza guida. Lo impone la crisi, lo sollecita l’Unione europea, lo vuole con forza il Paese.
E proprio interpretando gli umori della Nazione che il capo dello Stato, forte del secondo mandato presidenziale e dei pericoli legati allo stallo politico e alla crisi del Pd, ha preferito forzare la mano in quello che è e resta, al di là delle sue parole, un vero e proprio governo del presidente.
Le novità comunque sono tante a cominciare dalla giovane età dei nuovi ministri e dalla squadra rosa presente nell’esecutivo. Le tante donne,alcune della quali come la Bonino, la Cancellieri e la Lorenzin in ruoli chiave come gli Esteri, la Giustizia e la Sanità lasciano ben sperare. Aver pescato poi Saccomanni e Giovannini da Bankitalia e Istat per utilizzarli in dicasteri strategicamente bollenti come l’economia ed il lavoro la dice lunga sulla volontà di Letta di aggredire subito le grane del sistema economico e sociale partendo da una base consolidata di conoscenza e preparazione.
Adesso la parola passa al Parlamento ma sono da escludere sorprese in quanto il voto, lunedì, sarà nominale e palese. Sulla carta i numeri ci sono. Poi si vedrà.
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