La Grecia ha iniziato a imbarcare verso la Turchia i profughi che non hanno titolo per richiedere asilo nella UE.
I primi 136 migranti di ritorno – 135 uomini, una sola donna – sono sbarcati stamattina a Dikili; con loro, a bordo della Nazli Jale, funzionari turchi e agenti di Frontex, l’agenzia che sorveglia le frontiere dell’Unione. Si erano imbarcati all’alba nell’isola di Lesbo. Le forze dell’ordine schierate in porto li hanno accompagnati ai punti di registrazione e poi sui bus diretti a un centro di detenzione nella provincia di Kirklareli, nella Turchia europea, a poco più di trenta chilometri dal confine bulgaro. Ad aspettarli a Dikili c’era anche un gruppetto di manifestanti, che hanno srotolato uno striscione con scritto “stop alle deportazioni”, ma non si sono registrati incidenti di rilievo.
Sempre stamattina, altri 66 migranti – 56 uomini e 10 donne – sono partiti da Chios, per un totale di 202. Secondo le stime dell’agenzia di stampa greca ANA, fra domani e dopodomani dovrebbero partire altre 500 persone.
I migranti ripartiti oggi provengono per la maggior parte dal Pakistan e dall’Afghanistan, “a eccezione di due provenienti dalla Siria, che sono tornati volontariamente”, spiega alla tv di Stato greca Giorgos Kyritsis, portavoce del coordinatore del governo di Atene per le politiche migratorie. “Non c’è alcun calendario dei rinvii”, chiarisce Kyritsis, perché “per esaminare le domande di asilo ci vorrà del tempo”. I primi a riprendere la rotta della Turchia sono “tutti volontari”, scelti fra quelli che non hanno chiesto asilo in Europa: a sostenerlo è il portavoce della Commissione UE, Margaritis Schinas. “Nessuno – precisa Schinas – sarà rinviato in Turchia prima di aver potuto esercitare i propri diritti”.
Intanto anche la Turchia ha iniziato a trasferire i profughi siriani nella UE. Oggi il primo gruppo di sedici persone è atterrato ad Hannover, nel Land tedesco della Bassa Sassonia, ed è stato indirizzato verso il centro rifugiati di Friedland. Altri sedici sono arrivati nel pomeriggio. Gli arrivi di oggi – come ha annunciato ieri l’ambasciatore tedesco ad Ankara, Martin Erdmann – sono serviti da “prova generale” per la gestione dei ricollocamenti nell’Unione. Secondo l’emittente NTV, le autorità di Ankara avrebbero individuato circa cinquemila persone che hanno i requisiti per il ricollocamento. Nei 28 campi profughi allestiti in dieci province della Turchia, in tende o in case prefabbricate, vivono circa 26 mila siriani e 10 mila iracheni.
È partito così il piano di respingimenti previsto dall’accordo UE-Turchia, entrato in vigore lo scorso 20 marzo. Secondo l’intesa, il governo turco si occuperà dei migranti entrati irregolarmente in Grecia, compresi quelli di nazionalità siriana; in cambio la UE troverà una sistemazione ai profughi siriani regolarmente registrati nelle strutture di accoglienza turche, pagherà 6 miliardi di euro al governo di Ankara, accelererà le procedure per far aderire la Turchia all’Unione e per eliminare l’obbligo del visto per i suoi cittadini. Nelle due settimane appena concluse, sulle isole greche dell’Egeo sono stati intercettati e trattenuti circa quattromila migranti.
Critiche al piano erano già arrivate nei giorni scorsi dalle organizzazioni umanitarie, come Amnesty International e l’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR). Oggi, però, a esprimersi è stato il presidente del Parlamento UE, Martin Schulz. “Voler venire in Europa non è un atto di criminalità”, ha dichiarato alla conferenza di Berlino su asilo e migrazioni. Secondo Schulz serve un sistema di “immigrazione legale attraverso il quale chi vuole venire a lavorare legalmente in Europa possa farlo”: il nostro, chiosa il presidente dell’Europarlamento, “è un continente di immigrazione”.
Non concordano nemmeno le massime autorità italiane. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano si augura che l’accordo funzioni, “per alleggerire il rischio che la rotta balcanica abbia conseguenze su di noi” e “perché possa rappresentare un precedente” da seguire nei rapporti fra la UE e altri Paesi. Ma la presidente della Camera, Laura Boldrini, è meno ottimista: “È una soluzione che difficilmente funzionerà e ha già creato una macchia sulla reputazione della UE come continente dei diritti umani”.
Intanto la polizia austriaca ha annunciato di aver fermato temporaneamente un cittadino italiano per gli incidenti di ieri, durante la manifestazione dei centri sociali al posto di frontiera del Brennero. Si tratta di un quarantenne originario di Asti; è accusato di resistenza a pubblico ufficiale. È uno dei circa trenta manifestanti che si sono staccati dal corteo per lanciare sassi e altri oggetti contro le forze dell’ordine.
F.M.R.
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