Mentre si dibatte (e si litiga) su chi dovrà o meno presiedere la Convenzione, ovvero il nuovo organismo istituzionale per le riforme costituzionali che il premier Enrico Letta intende fare al più presto, in tanti, forse in troppi, fanno finta di non vedere che la vera emergenza è il lavoro.
Che a governare questo nuovo strumento sia Silvio Berlusconi o Stefano Rodotà, in questo momento agli italiani interessa ben poco. Che Matteo Renzi stoppi o meno il presidente del Pdl e qualcuno pensi di tirar fuori dal cilindro il nome di Roberto Calderoli (si proprio lui l’autore di quella legge elettorale allucinante chiamata dallo stesso, Porcellum) non scalda i cuori degli elettori e tantomeno di coloro che da questa assenza di riforme politiche traggono vantaggi tutti i giorni.
A risvegliare coscienze e lanciare allarmi (una costante ormai cui, da anni, fanno da tragico contraltare suicidi e gesti inconsulti di chi, per mancanza di lavoro vive autentici drammi) stavolta ci hanno pensato gli analisti dell’Unione europea e la presidente della Camera Laura Boldrini. I primi, in queste ore, ci hanno confermato che l’esercito dei senza lavoro in Italia ha raggiunto ormai la pericolosa quota dell’11,8% e che nel 2014 quel tetto, già preoccupante, sarà sopra il 12%. C’è poco da stare allegri al punto che la presidente della Camera ora parla della disoccupazione come “la madre di tutte le emergenze italiane”. Difficile non condividere anche se a questa considerazione se ne affiancano inevitabilmente altre. La prima fin troppo scontata: la disoccupazione è una filiazione diretta della crisi economica. E dunque per risolvere il problema dei senza lavoro bisogna prima assicurare una ripresa duratura al Paese. E una ripresa duratura dipende da due elementi chiave, una guida politica forte e investimenti altrettanto forti. Anzi poderosi.
Per la prima variabile, incognite a parte, saremmo a posto: la nascita del nuovo governo una boccata di ossigeno in effetti l’ha data.
Per la seconda restano tutti i vincoli che la crisi l’hanno esasperata. A cominciare dalle banche. E qui parte la seconda considerazione: perché la Bce di Mario Draghi (la notizia è di queste ore) conferma ancora “credito illimitato” alle banche, a tassi inesistenti, ma non raccomanda alle stesse di muoversi per spronare gli investimenti, passaggio indispensabile per rifar partire l’economia e far crescere i posti di lavoro?
Adesso, le prime risposte, prima che Letta potrebbe darle il responsabile del Tesoro Saccomanni. Ma un uomo chiave del sistema bancario avrà mai il coraggio di prendere l’iniziativa e scuotere un sistema ingessato dai troppi opportunismi e dalle rendite di posizione così estranee agli interessi del Paese?
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