Nuove grane giudiziarie per Stefano Ricucci. L’immobiliarista è stato arrestato insieme all’imprenditore Mirko Coppola dalla guardia di Finanza di Roma. È accusato di aver emesso fatture per operazioni inesistenti.
A ordinare l’arresto dei due uomini d’affari è stato il GIP di Roma, dopo indagini eseguite dal nucleo di Polizia Tributaria. Secondo gli inquirenti, Ricucci avrebbe emesso fatture a vuoto per circa un milione di euro, per procurarsi liquidi da investire in operazioni finanziarie.
Fra Lazio, Lombardia e Campania, le Fiamme Gialle hanno eseguito più di quaranta perquisizioni nei confronti degli indagati e delle loro società.
I reati ipotizzati dagli inquirenti sono rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, corruzione in atti giudiziari, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Mirko Coppola è un imprenditore originario di Frosinone, solo omonimo, e non parente, di Danilo Coppola, che insieme a Ricucci salì agli onori delle cronache nel 2005 per un coinvolgimento nello scandalo finanziario di Bancopoli.
Insieme a Coppola e Ricucci sono indagate a piede libero altre dieci persone. Tra di loro anche Nicola Russo, magistrato del Consiglio di Stato e componente della Commissione Tributaria regionale del Lazio.
L’operazione di oggi si inserisce in un filone di indagini legate al fallimento di una società controllata dal Gruppo Magiste, a sua volta riconducibile a Ricucci. Secondo la Procura, è “altamente probabile” che Russo sia stato “indebitamente retribuito da Ricucci” per avergli rivelato che la Commissione Tributaria aveva deliberato a favore della sua società. La Procura ha quindi chiesto una misura interdittiva nei suoi confronti, che però il GIP non ha accolto.
Nel periodo della decisione, si legge nell’ordinanza, Russo avrebbe acquisito “un’ingente somma in contanti da parte di Ricucci”, avrebbe acquistato un’auto e un immobile, e avrebbe tenuto uno “smodato tenore di vita”. Nel testo si descrive anche un incontro di Russo con una donna presentatagli da Ricucci in un hotel di Roma, “dove i due hanno soggiornato senza essere registrati e pagando in contanti con fattura emessa a nome di un’altra persona”.
Il giudice, però, non ha ritenuto che tanto bastasse a provare l’esistenza di un rapporto di corruzione. Non è dimostrato che Ricucci abbia effettivamente pagato Russo, “la cui posizione economica non appare florida, anzi, in grave difficoltà per un eccesso di spese”.
È evidente, invece, che Ricucci e Russo si frequentassero. La moglie del magistrato lavorava nello studio legale che si è occupato del ricorso di Magiste contro l’Agenzia delle Entrate, e anche i figli dei due si frequentavano. È stato accertato, poi, che nel testo della decisione della Commissione Tributaria a favore della società di Ricucci – in cui Russo aveva il ruolo di giudice-relatore – compaiono ampi passi copiati di sana pianta dalla memoria presentata dai legali dell’immobiliarista. I testi messi a confronto dagli inquirenti hanno perfino gli stessi errori di battitura.
F.M.R.
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