Alex Schwazer avrebbe ricevuto pressioni per “aggiustare” le sue prime gare dopo il rientro dalla squalifica per doping. La denuncia è di Sandro Donati, il guru italiano dell’antidoping che dall’anno scorso allena il marciatore altoatesino.
Due settimane fa, Donati era a Roma, dove ha incontrato la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi e il Procuratore della Repubblica Giancarlo Pignatone. Nell’occasione aveva dichiarato di sentirsi “minacciato”, di temere per l’incolumità sua e della sua famiglia.
Oggi la Repubblica ha messo nero su bianco le rivelazioni su quelle conversazioni. Un giudice di gara italiano, personaggio “molto noto” nell’ambiente dell’atletica, gli avrebbe consigliato in due occasioni di tenere a freno Schwazer per lasciar vincere altri atleti.
L’8 maggio scorso, a Roma, si disputa la Coppa del Mondo a squadre sui 50 km, la prima gara alla quale Schwazer può partecipare dopo tre anni e nove mesi di squalifica (è stato trovato positivo all’EPO alla vigilia dei Giochi di Londra 2012). Ma il giorno prima il telefono di Donati squilla alle sei del mattino, svegliandolo. È il giudice di gara di cui dicevamo sopra: un internazionale, di nazionalità italiana, “molto vicino a Sandro Damilano”, l’ex campione di marcia che ora allena la squadra cinese. Gli fa capire che l’azzurro non si dovrebbe mettere troppo in mostra. “Possibilmente lasci vincere Tallent, mi capisce?”. Com’è andata la gara, il giorno dopo, è noto: Schwazer la vince in 3h39’00”, il secondo tempo al mondo nel 2016, dando più di tre minuti e mezzo all’australiano Jared Tallent, che un paio di settimane prima lo aveva definito “la vergogna d’Italia”.
Il secondo episodio risale al 23 maggio, cinque giorni prima della 20 km di La Coruna. Al telefono è sempre la stessa persona. Stavolta la richiesta è di non rispondere agli allunghi degli altri atleti, e di “non andare a cercare disgrazie” con i cinesi. Wang Zhen in effetti vince, ma Schwazer è secondo. E pensare che quando ha ammesso di essersi dopato ha spiegato che, per quanto si allenasse, non riusciva a rendersi competitivo pure sulla distanza breve…
Qualche settimana dopo, il 21 giugno, arriverà la notizia della seconda positività dell’azzurro. Stavolta la sostanza incriminata è il testosterone, di origine sicuramente esogena (cioè introdotto dall’esterno), parecchio sopra i limiti consentiti. Ma la vicenda assume subito tratti misteriosi, che le rivelazioni di questi giorni non fanno che complicare.
Non solo perché stavolta Schwazer non ci sta e promette battaglia. Non solo perché a dargli ragione c’è uno come Donati, considerato un integerrimo, poco incline alla clemenza con chi sgarra; uno che negli anni ’70 ha tenuto a battesimo l’antidoping in Italia, e da allora collabora (anche gratis) con procure e organizzazioni benefiche. Ma anche perché la provetta che incrimina Schwazer risale a gennaio ed è stata già analizzata a Colonia per conto della Federazione italiana di atletica, senza trovare niente di illecito. Ma la vittoria di Roma qualificherebbe Schwazer alle Olimpiadi di Rio. Scottata dallo scandalo del doping di Stato degli atleti russi, la IAAF – la federazione internazionale – ci vuole vedere chiaro, e ordina di riesaminare il campione. E stavolta analisi e controanalisi inchiodano l’azzurro.
A questo punto la IAAF dovrebbe concedergli udienza, quantomeno per consentirgli una difesa d’ufficio. Invece la Federazione internazionale alza il muro. Il TAS propone di organizzare l’udienza a Losanna il 27 luglio, ma la IAAF la fa rinviare al 4 agosto. Vanificando anche l’estremo tentativo di Donati, che aveva proposto di iscrivere Schwazer ai Giochi sub iudice. Gerhard Brandstaetter, il legale dell’atleta, non ha dubbi: “È lampante che c’è stata un’ingerenza esterna fortissima in questo disegno di non far gareggiare Alex a Rio, punire Donati e anche Schwazer”.
Nel frattempo si scopre che la provetta incriminante, prima di arrivare a Colonia, è sparita per più di 24 ore. Schwazer l’aveva spedita il giorno di Capodanno da Racines, nei pressi di Vipiteno, dove abita. Dov’è stata nel frattempo? Qualcuno può averla intercettata, manomessa, sostituita? Perché le informazioni al riguardo sono tanto approssimative e frammentarie?
Ognuna di queste domande – alle quali stanno cercando di rispondere la Commissione antimafia e la Procura di Roma – può aprire uno spiraglio sul mondo sotterraneo del doping in Italia e scatenare uno scandalo non troppo diverso da quello che ha travolto l’atletica russa e portato in manette l’ex presidente IAAF, il franco-senegalese Lamine Diack. Nel sottobosco si incrociano gli interessi di sponsor, medici, farmacie, funzionari più o meno onesti, vecchie glorie, amici di amici e criminali di professione. È un meccanismo delicato che ha già preso una robusta scossa tra il 2014 e il 2015 con lo scandalo dei whereabouts: nei 18 mesi prima dei Giochi di Londra 2012, 38 atleti azzurri – alcuni dei quali di livello internazionale – non avrebbero consegnato come previsto dai regolamenti i moduli di reperibilità necessari per organizzare i test antidoping a sorpresa, e quindi rischiano squalifiche dai due anni in su. Ma non sarebbe immune da responsabilità neanche la Federazione, che avrebbe sistematicamente chiuso un occhio sulle “dimenticanze” dei suoi tesserati.
Come ogni volta che tira aria di bufera, si sono formati due campi ben distinti popolati da “innocentisti” e “colpevolisti”. In FIDAL, ma anche nella stampa specializzata, è difficile trovare qualcuno che non abbia preso una posizione netta a favore o contro le tesi di Schwazer (gli ultimi probabilmente sono più numerosi, soprattutto fra i colleghi atleti; o forse sono solo più convinti). Più facile imbattersi in attacchi contro questa o quella personalità, accusata di volta in volta – in modo più o meno fantasioso – di essere variamente coinvolta nelle vicende. Dove sta la verità? Ce lo diranno le inchieste, sempre sperando che gli inquirenti non si lascino contagiare dalla moda della caccia alle streghe. Ma è evidente già da ora che il mondo dell’atletica italiana è spaccato, e fra poco più di una settimana iniziano i Giochi di Rio.
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