Abu Muhammad al-Adnani, il portavoce dell’ISIS, è morto ieri in un raid USA sulla provincia di Aleppo, in Siria. A darne l’annuncio è stata la stessa Amaq, l’agenzia di stampa dell’autoproclamato califfato dei jihadisti guidati da Abu Bakr al-Baghdadi.
Nato in Siria nel 1977 o 1978 con il nome di Taha Sobhi Falaha, Adnani – anche noto con almeno un’altra mezza dozzina di pseudonimi – era considerato uno degli uomini chiave al vertice dell’ISIS, e sulla sua testa pendeva una taglia da cinque milioni di dollari. Fra i primi foreign fighter, si era trasferito in Iraq per combattere nelle file di al-Qaeda ed era stato catturato dagli USA, che lo avevano tenuto prigioniero per cinque anni, dal 2005 al 2010. Dopo il rilascio, insieme a Baghdadi, aveva partecipato alla fondazione del gruppo che poi ha assunto il nome di Stato islamico.
Come si legge in un profilo redatto dall’ONU, Adnani era “uno dei più influenti emiri dell’ISIS”. Un funzionario USA sentito dal New Yorker lo descrive come “la seconda figura al centro” dell’organigramma dei jihadisti, dopo Baghdadi: centrale nella pianificazione militare e nelle comunicazioni dell’organizzazione, è “la voce dell’ISIS”.
È lui, insomma, l’ideatore dello stile-ISIS: quei video di propaganda, ben girati e ben montati, che alternano proclami altisonanti e immagini atroci di esecuzioni, roghi e devastazioni, che hanno reso inconfondibile in tutto il mondo il marchio degli uomini in nero. E sempre lui ha concepito e messo in atto gli appelli ai “lupi solitari” – non militanti a tempo pieno, ma insospettabili simpatizzanti – che hanno ferito e spaventato l’Occidente. L’invito a uccidere i “Crociati” e i loro “alleati” con qualsiasi mezzo – “Rompetegli la testa con un sasso, sgozzateli con un coltello, investiteli con la macchina, buttateli giù da un dirupo, strangolateli, avvelenateli” – era partito dalla sua voce. Ed è stato raccolto da tanti di quegli insospettabili. In Occidente ricordiamo le vittime di San Bernardino, di Nizza e di Orlando, ma tanti altri sono morti negli attentati suicidi contro i fedeli musulmani riuniti a pregare in moschea durante lo scorso Ramadan.
“Si può dire che Adnani fosse il leader dell’ISIS più visceralmente aggressivo agli occhi del pubblico”, commenta Charles Lister, del Middle East Institute di Washington. Ora, “Senza la sua voce esplosiva, l’ISIS potrebbe trovare difficile ispirare gli intensi livelli di violenza che è riuscito a ispirare ultimamente”.
Amaq conferma la sua morte – il suo “martirio” – in modo inequivocabile, e giura vendetta. Ma sul luogo del raid resta qualche incongruenza tra le fonti. L’agenzia di stampa dei jihadisti parla genericamente di “provincia di Aleppo”, che diventa soltanto “Aleppo” nel comunicato – ripreso da tutti i media occidentali – di SITE, l’agenzia privata di monitoraggio del terrorismo internazionale diretta da Rita Katz. La Difesa USA ha confermato di aver bombardato la località di al-Bab, a circa 50 km dalla metropoli siriana martoriata dalla guerra. Ma sull’esito dell’operazione vige ancora il più assoluto riserbo. Solo stanotte Peter Cook, capo ufficio stampa del Pentagono, ha confermato che l’obiettivo del raid era proprio Adnani.
Nel frattempo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (ONDUS), una ONG con sede a Londra, ha riferito dell’uccisione di tre volontari USA arruolati nelle milizie curde. Secondo l’ONDUS si chiamavano Jordan Andrew, Will Savage e Levi Jonason. I loro funerali si sarebbero tenuti presso il valico di Simalka, un posto di frontiera tra la provincia siriana di Hasaka – quasi tutta controllata dalle Forze di difesa del popolo (YPG), le milizie dei curdi siriani – e l’Iraq.
Intanto si arricchisce di dettagli la scoperta agghiacciante fatta sui monti del Sinjar, sempre sul confine tra Siria e Iraq. Con l’aiuto di foto satellitari e interviste esclusive, l’agenzia AP ha documentato l’esistenza di 72 fosse comuni di varie dimensioni: la più piccola contiene tre corpi, la più grande migliaia, tanto che sarà impossibile identificarli e contarli tutti. Si teme ce ne siano molte altre ancora da scoprire, e si ritiene contengano i resti degli Yazidi massacrati dai miliziani dell’ISIS durante l’occupazione della regione. Prima della guerra, gli Yazidi – una minoranza religiosa che pratica un culto di origini preislamiche e parla un dialetto curdo – erano circa due milioni.
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