Gli USA hanno interrotto i negoziati bilaterali con la Russia sulla Siria. Lo ha affermato il Dipartimento di Stato, in un comunicato in cui annuncia che d’ora in poi Washington userà altri “canali di comunicazione” con Mosca.
Prende corpo, quindi, la minaccia del Segretario di Stato John Kerry, che la scorsa settimana aveva criticato la decisione russa di continuare a bombardare Aleppo durante le trattative.
“Non è una decisione che abbiamo preso alla leggera”, continua il documento del Dipartimento di Stato:
La Russia e il regime siriano hanno deciso di seguire la strada militare, non in linea con la fine delle ostilità, come dimostrato dagli attacchi nelle aree civili, mirando su infrastrutture essenziali come gli ospedali e prevenendo l’arrivo degli aiuti umanitari ai civili, incluso l’attacco del 19 settembre a un convoglio di aiuti umanitari.
“Siamo molto preoccupati per la situazione politica in Siria”, dice Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca: la “pazienza di tutti” è “finita”. Nei prossimi giorni il presidente Barack Obama “valuterà una serie di opzioni” di natura non diplomatica, che potrebbero comprendere sanzioni contro Mosca.
Il Cremlino, però, rovescia le accuse: sarebbe stata Washington a non rispettare gli accordi, e ora starebbe cercando di scaricare la colpa sulla controparte. È questo il senso della prima reazione da parte russa, consegnata all’agenzia TASS dalla portavoce del ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Lo stesso ministro ha poi precisato che Mosca ritiene importante evitare il “collasso” totale dell’accordo con Washington. Anche il suo vice, Gennady Gatilov, ha riferito che la Russia sta cercando il modo di ripristinare l’accordo che stabiliva un cessate il fuoco in Siria.
Intanto ad Aleppo continuano i bombardamenti da parte dell’aviazione russa e delle forze armate fedeli al presidente Bashar al-Assad. L’ONU calcola che nei quartieri orientali della città – quelli in mano ai ribelli, di qualsiasi affiliazione politica o religiosa siano, che Damasco e Mosca definiscono tutti “terroristi”, senza alcuna distinzione – vivano ancora circa 300 mila civili, oltre ai 25 mila miliziani, di cui 100 mila minori.
Ieri una bomba ad alto potenziale è esplosa di fronte all’ingresso di uno dei maggiori ospedali di Aleppo est, già colpito in altri due raid nelle scorse settimane. Secondo il portavoce, la struttura sanitaria – che finora aveva lavorato anche grazie al sostegno dell’Associazione medica americana – non è più in condizione di funzionare. Nel frattempo in città è ricominciato l’anno scolastico, ma insegnanti e presidi denunciano “enormi difficoltà logistiche e di sicurezza”.
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