Niente muro ai confini con il Messico. Assente anche l’abolizione di Obamacare, la riforma sanitaria tanto contestata. Saranno commercio internazionale e immigrazione le priorità di Donald Trump, appena eletto presidente degli USA, nei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca.
È stato lo stesso Trump ad annunciare il programma in sei punti in un videomessaggio pubblicato ieri sera dal suo quartier generale. Ma fanno discutere di più i punti mancanti: il presidente parla di immigrazione, promette una stretta sui visti, ma dimentica il muro al confine sud degli USA che in campagna elettorale gli ha portato tante critiche – anche dall’establishment dello stesso partito repubblicano – ma anche tanta visibilità. E non fa parola dell’abolizione di Obamacare, la riforma sanitaria “all’europea” voluta dal suo predecessore Barack Obama. Trump l’ha attaccata sparando a zero in campagna elettorale, ma dopo essere stato eletto alla Casa Bianca ha annunciato una parziale marcia indietro, e ha fatto capire di volerne mantenere in vigore almeno alcune parti.
“La mia agenda sarà fondata su un semplice principio di base”, si presenta il neopresidente: “Mettere l’America al primo posto”.
Voglio che la prossima generazione di produzione e innovazione avvenga proprio qui, nella nostra grande patria: l’America che crea ricchezza e lavoro per i lavoratori americani.
Poi snocciola la “lista di azioni esecutive da intraprendere il primo giorno”, di cui ha dato mandato al Transition Team, la squadra che lo assiste in vista dell’insediamento, che avverrà il 20 gennaio.
Commercio: no al TPP – Al primo punto, l’agenda Trump prevede di ritirare gli USA dal TPP (Trans-Pacific Partnership, “Partenariato trans-pacifico”), un accordo di libero scambio con altri 11 stati del Pacifico. L’entrata in vigore del TPP era stata uno dei pilastri della politica commerciale dell’amministrazione Obama. Ma il trattato prevede che gli USA o il Giappone – per il peso specifico dei loro PIL – possano far saltare l’accordo anche per tutti gli altri firmatari, se non lo ratificano; e con Trump alla Casa Bianca è proprio questo lo sviluppo più probabile.
Il premier giapponese Shinzo Abe – il primo leader politico a incontrare Trump, venerdì scorso a New York – ha già dichiarato che un partenariato senza gli USA non avrebbe senso.
Al suo posto, il neopresidente USA vorrebbe una serie di “intese commerciali bilaterali”, a patto che siano “equilibrate”.
Immigrazione: basta visti facili – In tema di immigrazione, Trump promette “indagini su tutti gli abusi che riguardano programmi di rilascio dei visti che danneggiano i lavoratori americani”. Ma come già detto, non apre bocca sulla costruzione – o piuttosto ristrutturazione – del muro ai confini con il Messico. E tralascia anche le espulsioni di massa, anch’esse suo cavallo di battaglia elettorale.
Energia: via le restrizioni – Inversione a U in vista anche sulla politica energetica. “Cancellerò le restrizioni killer per il lavoro sulla produzione di energia americana”, dice Trump. Il che significa accelerare a tavoletta sull’estrazione di gas di scisto, o shale gas, e di “carbone pulito”, anziché sull’energia da fonti rinnovabili. In questo modo, promette, si creerebbero “diversi milioni di posti di lavoro ben pagati”. Potrebbe essere stato questo l’argomento della conversazione con l’ex governatore del Texas Rick Perry, ricevuto ieri alla Trump Tower di Manhattan, e che la stampa USA vede in pole position come segretario all’Energia.
Nei primi cento giorni si studierà anche un piano di sicurezza informatica nazionale, “per proteggere le infrastrutture vitali dagli attacchi informatici”. Trump conta di introdurre anche la prassi di eliminare due leggi “vecchie” per ogni nuova norma approvata. Infine il conflitto d’interessi: allo studio c’è “un bando di cinque anni sulla possibilità che i funzionari di alto livello diventino lobbisti quando lasciano l’amministrazione, e un bando a vita sulla possibilità che diventino lobbisti per conto di governi stranieri”.
Sempre in tema di conflitto d’interessi, dopo aver pubblicato il video, Trump ha firmato un tweet al veleno contro la stampa:
Prima dell’elezione era risaputo che ho interessi in proprietà sparse in tutto il mondo. Solo i media corrotti ne fanno una questione importante!
Secondo le dichiarazioni che ha dovuto firmare per iscriversi alla campagna elettorale, a Trump fanno capo circa 500 entità commerciali e 21 istituzioni finanziarie, ciascuna valutata oltre 50 milioni di dollari. Nessun presidente prima di lui aveva a disposizione un patrimonio simile. Per gestirle, finché resterà alla Casa Bianca, il neopresidente ha annunciato la creazione di un blind trust controllato dai figli, che a loro volta non dovrebbero assumere alcun incarico di governo. Ma il dato certo per il momento è che tutti e tre i figli maggiori – Donald jr., Ivanka ed Eric, nati dal primo matrimonio con Ivana – fanno parte del Transition Team, così come Jared Kushner, marito di Ivanka. E non sembrano intenzionati a far numero: la sostituzione di Chris Christie con il vicepresidente Mike Pence alla direzione della squadra sembra essere stata perlomeno caldeggiata, se non imposta, da Kushner, mentre Ivanka ha partecipato all’incontro con Abe la scorsa settimana.
F.M.R.
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