(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Con 368 sì e 105 voti contrati il governo di scopo affidato dal presidente della Repubblica a Paolo Gentiloni, già ministro degli Esteri con Matteo Renzi, ha incassato la fiducia della Camera. Ricordiamo che sono 12 i ministri confermati e 6 i nuovi nomi, Sei in tutto le donne ministre.
Domani la sfida è con il Senato dove la prima chiama è in programma per le ore 15. Molto probabilmente anche a Palazzo Madama il nuovo governo otterrà un superamento della fiducia, ma il problema si situa già per i prossimi mesi quando ad ogni legge e riforma proposta il voto di fiducia rischia di avere numeri molto “ballerini”. Senza i 18 dei Verdiniani e di Scelta Civica, la quota di 161 voti necessari per la maggioranza potrebbe non essere raggiunta. Secondo indiscrezioni e voci nei palazzi dello Stato, dovrebbero essere 15 delle Autonomie, 9 tra gruppo misto e Gal e 4 senatori a vita a far garantire la fiducia al governo Gentiloni. Il problema è che in questo modo si arriva fino a 169, non esattamente una misura larga e sicura per incappare in crolli e sfiducia improvvise. Domani quindi il momento della verità per capire chi eventualmente voterà a favore di Gentiloni, rispetto al precedente Governo Renzi. Il premier nel suo discorso in Aula a Montecitorio ha definito il prorio un governo “di responsabilità” che durerà “fin quando avrà la fiducia del Parlamento”. Gentiloni “rivendica” come un punto di forza quello che altri considerano “un limite”: la continuità con il governo Renzi e il “grande lavoro fatto”. Su due temi proverà a fare di più: il sostegno alla classe media disagiata e il Sud. Ma in Aula va in scena l’Aventino del M5s, della Lega e di Ala: uno spicchio di emiciclo è vuoto. E il premier a loro si rivolge sul finale: “La politica è confronto, non odio o post verità. Chi rappresenta i cittadini non deve diffondere paure”.
Un punto sul quale ritorna anche nella sua replica. “Bisogna farla finita – ha detto Gentiloni – con l’apparentemente inarrestabile escalation di violenza verbale nel nostro dibattito politico. Il Parlamento non è un social network. Contribuiamo a rasserenare il clima nelle famiglie del nostro Paese”. E ancora: “Se c’è stata una cosa davvero bella di questi mesi di campagna referendaria, che a me non sono piaciuti moltissimo, è stata una discussione pubblica sulla Costituzione. Ora non si può fare che la discussione svanisca nel nulla e la costituzione venga dimenticata. Abbiamo i super paladini della centralità del Parlamento che nel momento più importante della vita parlamentare non ci sono. Vi sembra logico: ‘vogliamo talmente bene al Parlamento che non ci andiamo’”.
Il premier ha indicato, poi, nel suo discorso come “priorità delle priorità: lavoro, lavoro e lavoro“. Nel momento in cui l’economia mostra alcuni segni di ripresa – ha detto – certo tutti sappiamo che sono segni iniziali ma vanno incoraggiati. I segnali di ripresa del mercato dei consumi mettono il lavoro al centro”. E’ l’impegno di Paolo Gentiloni sulle priorità del nuovo governo, in replica alla Camera per il voto di fiducia.
Oltre all’agenda del governo – ha detto ancora Gentiloni – “prenderà corpo tra le forze parlamentari un confronto sulla legge elettorale per la necessaria armonizzazione delle norme tra Camera e Senato, confronto nel quale il governo non sarà attore protagonista, spetta a voi la responsabilità di promuovere e provare a cercare intese efficaci. Certo non staremo alla finestra cercheremo di facilitare e sollecitare”, l’accordo.
“Spetta a me indicare le priorità del governo. La prima è senz’altro l’intervento nelle zone colpite dal terremoto“, dice il premier. “Abbiamo avuto – sottolinea – una risposta straordinaria ma siamo ancora in emergenza e dalla qualità della ricostruzione dipende la qualità del futuro di una parte rilevante del territorio dell’Italia centrale e da questi passi che faremo dipende anche la forza che avremo nel programma a lungo termine su Casa Italia, che interviene sugli elementi più profondi dei danni che vengono provocati dagli eventi sismici nel Paese”.
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