Non è stato ancora rivendicato l’attentato di ieri contro la cittadella medievale di al-Karak, in Giordania. A più di ventiquattr’ore dall’attacco, condotto contro una delle principali mete turistiche del Paese, sono ancora molti i punti oscuri sia nella ricostruzione dei fatti sia nell’identificazione dei responsabili.
È incerto perfino il bilancio delle vittime. Il dipartimento della Sicurezza di Amman ha confermato la morte di sette persone: quattro poliziotti, due civili giordani e una turista canadese, il cui coinvolgimento nella strage è stato confermato da fonti diplomatiche. Secondo la stampa, invece, le vittime sarebbero almeno dieci, tra cui cinque agenti di polizia.
Secondo quanto hanno spiegato le autorità di Amman, un commando di “cinque o sei banditi” avrebbe sparato contro la stazione di polizia nei pressi del castello, “ferendo numerosi agenti e passanti”. Poi gli attentatori si sarebbero barricati nella cittadella, prendendo in ostaggio almeno 14 turisti. Le forze speciali giordane hanno circondato la struttura e l’hanno tenuta sotto assedio per ore. La tv panaraba al-Arabiya riferisce che nell’assalto finale sarebbero morti alcuni terroristi, ma non quanti, e non sa dire che cosa ne sia stato dei superstiti.
Poche ore prima dell’attacco, un uomo aveva ferito due poliziotti a colpi d’arma da fuoco a Qatrana, una cittadina poco distante da al-Karak, per poi riuscire a fuggire in auto. Non è chiaro se i due avvenimenti siano legati e in che modo.
È noto che la Giordania fa parte della coalizione internazionale anti-ISIS guidata dagli USA, ma di solito i jihadisti sono pronti a rivendicare qualsiasi azione compiuta non solo dai loro affiliati, ma anche da semplici simpatizzanti con cui non hanno alcun legame diretto. Lo scorso giugno, ad esempio, i terroristi dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi hanno rivendicato l’attacco compiuto da un attentatore suicida che si è fatto esplodere, uccidendo sette guardie di frontiera giordane, nei pressi del confine siriano. Ma se allora si poteva ragionevolmente trattare di un attacco condotto da miliziani schierati in Siria, l’obiettivo dell’attentato di ieri è lontano più di duecento chilometri dal fronte. Questo non esclude che a compiere l’attacco possano essere stati dei jihadisti, ma se così fosse si dovrebbe trattare di jihadisti giordani attivi nei confini del loro paese. Dal 2011, secondo stime pubblicate da al-Jazeera, i foreign fighter giordani che sono andati a combattere in Siria o in Iraq sono circa quattromila, dei quali almeno 420 hanno trovato la morte in battaglia, su una popolazione totale che non supera i sei milioni e mezzo di abitanti.
Non è mancato chi ha ricordato che al-Karak è la città natale di Moaz al-Kasasbeh, il pilota di caccia catturato dall’ISIS nel dicembre 2014 e poi bruciato vivo. Oltre che per la sua brutalità e per la sua inconsistenza con la dottrina islamica che i jihadisti pretendevano di applicare, l’episodio colpì l’opinione pubblica mondiale per il cinismo con cui il filmato dell’esecuzione fu impiegato come strumento di propaganda.
F.M.R.
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