“Negli ultimi venti giorni otto bambini sono morti di tumore nel Napoletano”. A denunciare il dato erano state le mamme aderenti al comitato “Vittime della Terra dei fuochi”, riunite ieri davanti alla Prefettura di Napoli. Tutti i piccoli avevano tra i sette mesi e gli undici anni. Secondo l’ospedale però, le vittime sarebbero state solo cinque in due mesi.
Nonostante questo, non si può negare che quello della mortalità, non solo infantile, dovuta soprattutto a tumori è un problema reale che affligge la zona della Campania denominata appunto Terra dei Fuochi, comprendente circa 55 comuni disseminati tra le Province di Napoli e Caserta.
Un rapporto dell’Istituto superiore di sanità pubblicato a gennaio 2016 aveva preso in considerazione 32 comuni all’interno della provincia di Napoli e 23 comuni della provincia di Caserta, mettendo in relazione la situazione epidemiologica con lo smaltimento illegale dei rifiuti.
I dati ci sono e non si possono ignorare: “La mortalità generale è in eccesso – si legge nel rapporto – rispetto alla media regionale, in entrambi i gruppi di Comuni, sia tra gli uomini che tra le donne”. Inoltre, “i tumori dell’apparato urinario risultano in eccesso nei Comuni della Provincia di Napoli in entrambi i generi, con un maggiore contributo ascrivibile al tumore della vescica; la mortalità e le ospedalizzazioni per quest’ultima patologia risultano in eccesso anche tra gli uomini dei Comuni della Provincia di Caserta”.
Ma l’aspetto più allarmante riguarda la salute dei bambini. Il rapporto segnala un vero e proprio “quadro di criticità”: eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori e eccessi di tumori del sistema nervoso centrale, questi ultimi anche nella fascia 0-14 anni in entrambe le province di Napoli e Caserta”.
Seppur non confermato da evidenze scientifiche, il piano di sorveglianza epidemiologica ha comunque evidenziato il possibile legame tra l’alto tasso di mortalità e “l’esposizione a emissioni e rilasci dei siti di smaltimento e combustione illegale dei rifiuti, che possono avere svolto un ruolo causale o concausale” nello sviluppo delle patologie che hanno portato bambini ed adulti a ricoveri ospedalieri ed in molti casi alla morte.
“È vero che il rapporto, per la prima volta, ha fatto un focus sulla salute dei bambini – aveva spiegato Loredana Musmeci, prima firmataria del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità e direttore del dipartimento Ambiente e prevenzione dell’Iss- ma si tratta di dati che devono essere approfonditi e sviluppati. È come se avessimo guardato il territorio da un elicottero”.
Da qui la necessità, come ha rilevato l’Iss, di un’“implementazione del risanamento ambientale e l’immediata cessazione delle pratiche illegali di smaltimento e combustione dei rifiuti con il ripristino della legalità del ciclo dei rifiuti”.
Ma se la comunità scientifica ha fatto la sua parte, come sottolineava Fabrizio Bianchi, responsabile dell’Unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, è però giunto il momento che anche le Istituzioni rispondano all’appello.
“Ora serve un piano nazionale, basato sulle prove scientifiche raccolte, in modo da rendere le aree inquinate fruibili e produttive”. “Per raggiungere questo obiettivo – aveva continuato Bianchi – servono tante risorse, nell’ordine di miliardi di euro. Così come servirebbero miliardi di euro per la bonifica di altre aree industriali diffuse su tutto il territorio”.
P.M.
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