Quattro amici intorno a un tavolo con in mano una storia che non si può raccontare a parole. La raccolta di immagini di Massimo Bucchi, uno dei più importanti disegnatori italiani, è una composizione artistica. Sono disegni dalla qualità visiva estrema, in cui l’artista, proprio come un compositore, prende immagini note del mondo della Storia dell’Arte e dei manifesti politici e le trasforma con un senso diverso. Egli stesso definisce il suo libro “un mazzo di Tarocchi” e le sue illustrazioni “carte che si possono mischiare tra loro”. Nel “Mappamondo” c’è tutto: dall’origine alla fine dell’universo. Ci sono le donne, i bambini, gli artisti, i soldati, i santi, gli eretici, Hitler, Gesù. Grande perfezionista del dettaglio, attento alle gradazioni dei colori e alla ricerca dei materiali, le sue opere, dal tratto inconfondibile, sono riconoscibili a prima vista. Con 400 vignette realizzate ogni anno, ha collezionato un archivio personale di 16mila lavori.
Massimo Bucchi ha esordito nell’ambiente giornalistico da ragazzo come cronista politico all’Avanti! per poi proseguire gli studi di Storia dell’Arte. Ha iniziato a lavorare come grafico facendo il suo ingresso a la Repubblica nel 1976, con vignette satiriche, collage composti da frammenti di immagini, ritagli di fotografie e brevi frasi scritte a macchina.
“Mappamondo è un libro tautologico, che parla da sé” dice il giornalista e artista Gregorio Botta. “Quella di Massimo è un’intelligenza fuori dal comune. Riesce a far parlare le immagini e a provocare scintille visionarie negli occhi di chi osserva i suoi lavori. Il folletto luciferino che è in lui mostra una visione drammatica di quello che può succederci nella società, ma con leggerezza”.
Il desiderio di uscire dalla cronaca per dilatarsi sulla storia dell’uomo e soffermarsi lungo l’”istante antropologico” lega Bucchi al giornalista e artista Riccardo Mannelli: “Massimo mi ha sempre confortato negli annosi dibattiti su cosa sia la satira quando sostenevo che è una forma d’Arte e che con essa non c’entrano nulla la Politica, la Sociologia, la Cronaca. È sempre stato l’esempio di una satira che non segue i giornali ma va oltre. I suoi lavori testimoniano come tutto può essere messo sullo stesso piano: i soggetti e gli oggetti in un’orientalizzazione del momento”.
“Mappamondo”, quindi, come insieme di immagini “murales del cervello”. Oliviero Beha, giornalista e fondatore de Il Fatto Quotidiano, entra in profondità nella spiegazione delle opere di Bucchi svelando come “traspone la sua paura attraverso il coraggio del cervello”. Ha sorriso Massimo a questa affermazione, rispondendo: “La paura che sento è un sentimento ancestrale dell’uomo. La passione per il disegno è stata una fuga, mi ha salvato”. Una raccolta che vuole porsi come riconoscimento di un artista che fa dell’indinstinzione la sua materia prima compositiva. La satira come uno strumento per sopravvivere al mondo. Un’arte che diventa terapeutica attraverso un percorso di crescita degno di Jules Verne.
Alessia Rabbai
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