Un anno, sei mesi e sei giorni. Tanto ha dovuto aspettare le Ferrari prima di rivincere in Formula 1. A spezzare il sortilegio è stata la vittoria di Sebastian Vettel nel Gran Premio d’Australia.
Sul circuito semipermanente dell’Albert Park di Melbourne, il tedesco si è messo alle spalle le due Mercedes di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas. Partito secondo, ha superato Hamilton ai box, sfruttando l’errore tattico del team tedesco: l’inglese è rientrato in anticipo, e quando è uscito è rimasto attardato dietro la Red Bull di Max Verstappen. Il pilota è già difficile da sorpassare di per sé, tanto più dopo la riforma del regolamento 2017, che ha allargato le auto e reso molto più efficiente l’apparato aerodinamico.
Finalmente i tifosi della Rossa hanno rivisto l’esultanza incontenibile di Vettel, mancata per tutto il 2016. Il tedesco ha prima ringraziato la squadra in italiano – “Questa è per noi”, ha detto dall’abitacolo, “Grande Ferrari”, poi ha abbracciato i meccanici, saltando letteralmente di gioia. E finalmente sul podio si è risentito l’inno italiano, suonato l’ultima volta a Singapore a settembre 2015, sempre in onore di Vettel.
Non è stato quello l’unico momento tricolore della giornata: in pista si è rivisto un pilota italiano dopo un blackout di sei anni. È Antonio Giovinazzi, 23 enne allievo dell’accademia Ferrari e terzo pilota del Cavallino, prestato alla Sauber per sostituire Pascal Wehrlein. Al suo esordio in un Gran Premio di F1 è arrivato dodicesimo, a due giri da Vettel. È andata peggio all’altro esordiente – il canadese Lance Stroll, seconda guida Williams – che si è ritirato dopo 40 giri per noie all’impianto frenante.
Ai piedi del podio è arrivata la seconda Ferrari di Kimi Raikkonen, poi Verstappen e il redivivo Felipe Massa, che aveva pure provato a smettere con la F1, ma è stato richiamato alla Williams per l’improvvisa partenza di Bottas, andato a sostituire il campione Nico Rosberg alla Mercedes dopo il ritiro a sorpresa.
La giostra, quindi, è ripartita nel segno della Ferrari. A Maranello sono ottimisti: “Gina”, come Vettel ha battezzato la SF70H, è “nata bene”, le scelte del direttore tecnico Mattia Binotto – che si è rifiutato di seguire il modello della Mercedes degli anni scorsi – stanno pagando.
Dopo un solo GP i tifosi non sono ancora autorizzati a illudersi: la vittoria della Ferrari scaturisce anche dagli errori della Mercedes, che sul giro secco sa ancora dare tre pesantissimi decimi di secondo a tutti. Ma la Rossa le ha dato filo da torcere lungo tutto il weekend, il che non succedeva da anni, e ha portato a casa la posta.
La concorrenza, poi, è partita con il piede sbagliato. La Red Bull ha portato a casa un quinto posto con il tenace Verstappen e un ritiro: Daniel Ricciardo, il pilota di casa, angustiato da guasti che lo hanno costretto a partire dai box e poi a ritirarsi dopo 25 giri. Per quanto si è visto a Melbourne, il mago dell’aerodinamica Adrian Newey non ha saputo interpretare il regolamento 2017 bene come Binotto. La stagione è lunga – 20 GP, uno in meno dell’anno scorso – e c’è tutto il tempo di rimediare, ma appunto, sarà corsa ai ripari, non gestione di un vantaggio.
Intanto la McLaren-Honda, a dispetto del nome altisonante, sembra proprio aver sbagliato progetto per il terzo anno di fila, il che getta su tutto il progetto ombre lunghe e cupe quanto il muso di Fernando Alonso.
Ai ferraristi, insomma, è sembrato simbolico che la sudata vittoria sia arrivata proprio nel GP agli antipodi, che ha costretto i tifosi a puntare la sveglia all’alba. Agli altri non resta che fare gli auguri, e che vinca il migliore.
F.M.R.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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