A Roma non c’è alcuna emergenza migranti. Ha sbagliato dunque la sindaca Virginia Raggi a chiedere ieri una “moratoria sui nuovi arrivi”. A sostenerlo è la Prefettura della Capitale, diretta da Paola Basilone, che sta preparando la risposta da spedire in Campidoglio.
Il documento non è ancora pronto (sarà inviato nei prossimi giorni), ma il quotidiano la Repubblica ne ha anticipato i punti salienti. Sarà una lettera “secca”, riporterà “i dati del ministero dell’Interno sui migranti ospitati dal circuito dei centri di accoglienza gestiti dalla Prefettura e poco più”. “Nessuna nota polemica a margine”, aggiunge il quotidiano romano: “a parlare saranno le statistiche ufficiali”.
Nello specifico, le statistiche dicono che il flusso di migranti a Roma si può definire “ordinario”. Nei centri d’accoglienza di tutta la provincia, incluso il CARA di Castelnuovo di Porto, ci sono circa 5.581 rifugiati. Altre 3.028 persone sono ospiti degli alloggi gestiti dallo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Il totale è poco più di 8.600 persone: 2.400 sotto il tetto massimo della quota d’accoglienza stabilita per Roma, che arriva a 11 mila migranti.
A prima vista non sembra la “forte pressione migratoria” lamentata dalla sindaca su Facebook: novemila persone sono meno del tre per mille degli abitanti della provincia. Certo, al totale ufficiale vanno aggiunti i migranti che raggiungono Roma da soli, attraverso canali non statali, e finiscono nelle varie strutture più o meno abusive nel cono d’ombra della legge. Ma per l’accoglienza la città ha ricevuto 2,3 milioni di euro in fondi straordinari: è il cosiddetto bonus gratitudine, 500 euro per ogni migrante censito, versati una tantum dallo Stato – tra fine 2016 e inizio 2017 – ai comuni che ospitano richiedenti asilo.
“Sono circa 500 i nuovi arrivi di migranti al mese che transitano nella Capitale”, dice Andrea Costa, coordinatore di Baobab Experience. “Riteniamo che il fenomeno sia in aumento rispetto agli anni scorsi”, aggiunge Costa, ma seguire e contare i migranti non censiti è più difficile, anche a causa degli sgomberi. Ci ha provato il Corriere della Sera, e ne ha contati almeno altri novemila. “Hanno trovato rifugio, in qualche caso da anni, in palazzi occupati trasformati in maxi dormitori controllati spesso dalle forze dell’ordine ma pur sempre completamente abusivi”, si legge nell’articolo.
Il calendario degli sgomberi è fitto e le forze dell’ordine sono continuamente al lavoro: per il ministero diretto da Marco Minniti la questione è di estrema importanza perché si lega al controllo del territorio, anche in chiave antiterrorismo. Ma dopo gli sgomberi, nella maggior parte dei casi, i migranti restano senza assistenza, e finiscono per rientrare nello stesso ingranaggio. A volte nello stesso posto da dove sono stati sfrattati poco prima, generalmente in condizioni peggiori di prima.
Il Viminale conferma: “Sappiamo delle tensioni che circolano, ma purtroppo i numeri sono questi e tutti devono fare di più”. Secondo le quote, concordate con l’ANCI, “Roma e provincia devono trovare posto a duemila migranti in più”. Critico Luigi Di Maio. “Minniti non ha capito in che paese sta: ci deve dare una mano e se dice il contrario è fuori dal mondo”, ha detto il vicepresidente della Camera.
“Non possiamo permetterci ulteriori tensioni sociali”, aveva scritto la prima cittadina: “Per questo trovo rischioso pensare di creare altre strutture di accoglienza”. Poi ha annunciato di voler chiedere “un incontro al responsabile del Viminale”.
L’iniziativa della Raggi fa parte di un cambio di rotta generale del M5S. Da qualche settimana il movimento si occupa con più insistenza di sicurezza, di accoglienza, di migranti e di nomadi, e lo fa con toni e argomenti cari alla destra.
Lo scorso 9 dicembre la sindaca, intervenuta a un incontro di sindaci europei in Vaticano, aveva definito Roma “una città aperta all’accoglienza, disponibile al dialogo, al centro di migrazioni e scambi sociali ed economici tra diversi popoli”, che “vuole fare la sua parte nell’accoglienza di queste persone”.
Ieri – mentre la sindaca affondava su Facebook – dal blog del garante Beppe Grillo partiva una dichiarazione d’intenti sulla gestione dell’accoglienza ai nomadi: “Chiusura dei campi rom, censimento di tutte le aree abusive e le tendopoli. Chi si dichiara senza reddito e gira con auto di lusso è fuori. Chi chiede soldi in metropolitana, magari con minorenni al seguito, è fuori”.
Le altre forze politiche non hanno apprezzato la svolta. Secondo il segretario PD Matteo Renzi si è trattato di un tentativo di distrarre l’opinione pubblica e la stampa dall’insuccesso del M5S alle elezioni amministrative di domenica scorsa. Stefano Fassina di Sinistra X Roma parla di “retorica leghista” e accusa la sindaca di “scaricare su altri le responsabilità”. Secondo Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), invece, la moratoria è “una cosa sensata”, ma fuori tempo massimo: “È quello che avrei fatto anche io”, dice, “magari però un anno fa”.
Per la verità, la Raggi non ha scoperto la questione dei nomadi dopo le elezioni: due settimane fa aveva presentato in Campidoglio un “piano di superamento dei campi rom”. Ma il testo del piano non era ancora pronto al momento della presentazione, e questa si limitava a una serie di principi generali. Un “rosario di ovvii ‘buoni propositi’”, secondo i critici. La definizione è di Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, ONLUS che si occupa di tutela dei diritti di gruppi e individui segregati e discriminati (con un’attenzione speciale ai bambini). Per Stasolla si è trattato di “un fake plan, la nuova frontiera delle fake news”, stilato con “approssimazione”, “incoerenza” e “dilettantismo”.
F.M.R.
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