Dopo la Sicilia, dove è stato incoronato grazie ad un successo dalle dimensioni nazionali, il movimento 5 stelle riprende il cammino con una nuova piccola ma prestigiossima vittoria alle urne. A governare Ostia sarà infatti una creatura di Beppe Grillo, Giuliana Di Pillo, una gentile insegnante, un volto onesto, fino a ieri sconosciuta ai più ma evidentemente persona degna di essere votata dai cittadini di Ostia alle prese con i condizionamenti di una malavita organizzata presente, attiva e pericolossima che nella sua punta di lancia, la famiglia sinti degli Spada, da decenni tiene in scacco un municipio che pure conta 230 mila abitanti.
Sballottati tra chi li voleva vicini a Casapound, al centrodestra o peggio al clan di malfattori che governa Ostia con le stesse modalità con cui mafia ‘ndrangheta o Camorra da decenni controllano e governano la Sicilia, la Calabria, la Campania e parte non piccola del Paese, gli abitanti del litorale romano hanno detto la loro votando Di Pillo.
E naturalmente con la vittoria sono arrivati i brindisi e le rivendicazioni di paternità di una svolta pagata a duro prezzo sul fronte dell’astensionismo che i partiti hanno contribuito ad alimentare fino all’ultimo con polemiche e accuse inutili e dannose, non individuando nella dimensione delinquenziale degli Spada e dei loro amici pronti al voto di scambio il vero problema con cui misurarsi. A cominciare dal Pd e dai partitini di una sinistra compromessa, velleitaria e inconcludente.
Ora le considerazioni di fondo. La prima: quando a votare va un cittadino su tre degli aventi diritto è chiaro che la sconfitta più cocente, drammatica, la subisce la democrazia e le sue regole. Come leggere il dato di questa consultazione: il cittadino ha sempre meno fiducia nelle istituzioni e soprattutto nei partiti tradizionali che a Ostia escono con le ossa rotte visto il successo di un movimento che, è bene ricordarlo, rivendica con orgoglio, il proprio ruolo di soggetto politico antisistema pronto ad azzerare casta e partitocrazia. Il sessanta per cento dei cittadini ha voluto premiare con un 16 per cento in più di quanto preso nella prima consultazione i figliocci di Grillo. Fatte queste considerazioni, si può negare che a votare il demone antisistema sia stata la voglia di chiudere con il passato, la casta, i privilegi e la delinquenza organizzata e andare oltre? Certo che no.
Seconda verità: i piccoli Pirozzi d’Italia crescono. E si moltiplicano. E per capire bene fino in fondo il fenomeno bisogna andare alle dichiarazioini raccolte a Ostia soprattutto dalle televisioni pubbliche e private: il grido di dolore uniformemente accettato dagli abitanti del litorale era uno soltanto: “Lo stato a Ostia non c’è, non esiste”. E dunque perchè stupirsi del voto clamoroso rastrellato dagli iperattivi militanti di Casapound impegnati ad assistere e sfamare centinaia di famiglie del Nuovo Ostia o magari storcere la bocca di fronte alla surroga sociale che in qualche caso ha sviluppato (ovviamente per ben altri fini) la delinquenza organizzata cui fa capo il clan Spada?
Ultima verità, forse quella politicamente più rilevante: a Ostia ci sarebbe stato un “effetto traino” legato all’amministrazione capitolina capitanata dalla sindaca Raggi. “Qui l’effettoVirginia – ha detto la neoeletta Di Pillo si è fatto sentire”. A tradire il nuovo minisindaco evidentemente è l’emozione perchè se c’è un elemento che non ha condizionato e non poteva condizionare la scelta degli abitanti di Ostia, beh, quello è rappresentato proprio dal sindaco di Roma. Perchè? E’ molto semplice. Dopo il plebiscito e la sbornia delle buone intenzioni passati i mesi della luna di miele che ogni elezione regala a tutti i livelli, arrivano i problemi parametrati sempre sui risultati di gestioni che, nel caso di Roma, non ci sono stati. In verità al di là dei piccoli o grandi scandali mediaticamente ed in maniera strumentale ed ignobile sfruttati da destra e sinistra, la giunta Raggi, ad un anno e mezzo dalla sua elezione non brilla certo per risultati, gestione e capacità stragegica di affrontare le sabbie mobili di una città senza pace. Quello che lascia perplessi sono le valutazioni del candidato premier grillino Di Maio il quale, anche lui sicuramente soddisfatto del risultato (e non poteva essere altrimenti), ha fatto un assist ben più importante riproponendo la stessa chiave di lettura per un voto che racconta tutt’altra storia.
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