Ma davvero difendere l’identità etnica, culturale, spirituale dell’Europa è una blasfemia laica? Secondo un certo ‘pensiero unico dominante’, è la peggiore delle bestemmie. Signori, il piatto è servito perché a questo punto c’è solo da chiedersi se George Orwell sia stato un visionario o un profeta: la società del ‘’doublethink’, del bipensiero, dell’ossimoro, del non senso è ormai una realtà.
Come spiegare altrimenti la bordata di polemiche, di insulti, di ‘’crucifige’’ diretti verso Attilio Fontana, il candidato-governatore del centrodestra per la Lombardia, dopo le sue dichiarazioni sull’immigrazione incontrollata? Che cosa ha detto, in sintesi, Fontana? ‘’Noi non possiamo accettare tutti (gli immigrati) perché se dovessimo accettarli tutti vorrebbe dire che non ci saremmo più noi come realtà etnica… Loro sono molti di più di noi, più determinati ad occupare il nostro territorio…non è questione di essere xenofobi o razzisti, qui è questione di essere logici e razionali. Non possiamo perché tutti non ci stiamo. Quindi dobbiamo scegliere: decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società deve continuare ad esistere o essere cancellata. E’ una scelta”.
”Frase farneticante” per il segretario del Pd Renzi. “Affermazione ignorante, inconcepibile, a distanza di 80 anni dalle leggi razziali”, per la presidente della Comunità ebraica romana. Di “isterismo e demagogia” ha invece parlato Giorgio Gori, sfidante di Fontana, per il centrosinistra, alla Regione Lombardia, mentre Maurizio Gasparri ha invitato Fontana a ‘’contare fino a dieci’’ prima di fare una nuova dichiarazione.
Io non conosco Fontana, il suo nome mi era ignoto fino alla sua recente candidatura. Ed anche se fosse un rappresentante (controcorrente) dello schieramento di centrosinistra simpatie o antipatie politiche non dovrebbero influire sull’analisi del contenuto delle sue affermazioni.
’’Se guardiamo i profughi proviamo compassione, ma sono diventati troppi’’, aveva affermato nella primavera del 2016 alla Frankfurter Allegemeine Zeitung il Dalai Lama, la massima autorità del Buddismo e aveva aggiunto:’’ l’Europa non può diventare araba’’. Farneticava anche lui ? Non è invece scontato, ovvio, evidente, lapalissiano che, al ritmo corrente, Italia ed Europa saranno presto ‘’un altro mondo’’ rispetto al passato e, ma ancora per poco, al presente, minacciate come sono dall’invasione dei popoli africani ? Che cosa c’è di scandaloso, di blasfemo, di impronunciabile in questa constatazione di fatto? Fontana poteva certamente risparmiarsi la frase relativa alla ‘’razza bianca’’, ma qui ha ragione chi ha parlato di ‘’imperizia’’, di ingenuità di fondo nel non prevedere tutte le trappole della comunicazione.
Fontana stesso, successivamente, si è corretto e ha parlato di ‘’lapsus’. Nessuno, però, è autorizzato ad accusarlo di razzismo se per razzismo si intende la pretesa di un popolo, etnicamente omogeneo, ad esercitare il proprio dominio su uno o più altri gruppi umani grazie ad una propria, presunta superiorità o purezza razziale. Le differenze, tuttavia, restano e pesano. Si pensi qui solo al rispetto integrale della sharia, delle leggi religiose e sociali, che il Corano impone ai musulmani anche quando si trovano all’estero e al fatto che ormai anche alcuni tribunali europei ne riconoscano l’efficacia anche quando le controversie legali concernono comportamenti che ripugnano alla sensibilità occidentale o i fatti contestati sarebbero puniti come reati dalle leggi europee se a commetterli fossero cittadini non islamici.
Stiamo parlando, ad esempio, di casi di poligamia, di ripudio, di percosse nei confronti di donne (mogli o figlie). Sul concetto di razza, poi , e sulla sbandierata ‘’ignoranza’’ di chi usi ancora, a sproprosito, questa parola che per i più evoca il razzismo scientifico e le sue scellerate conseguenze sociali e storiche, c’è da osservare che il termine è ancora usato in biologia e in antropologia per accertare l’appartenenza o meno di un individuo ad un gruppo umano preciso per origine geografica e genetica e certamente non per assegnargli un’etichetta di inferiorità o superiorità etnica. Razza, insomma, non è di per sé una parolaccia, anche se il ‘pensiero unico’ pretende, senza se e senza ma, di cancellarla per sempre.
Giorgio Orsi
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