Deve divertirsi un mondo a fare e disfare, proporre e ritirarsi, ammiccare ed eclissarsi. Portare in cielo la gente con le promesse più variegate e strane (la politica questo lo consente) per poi buttarli giù dalla torre, magari sorridendo o lasciando squillare a vuoto un telefonino che proverbialmente hanno solo coloro che stanno nel cuore del capo, con la C maiuscola. Deve essere “più bello che fottere” direbbe ancora l’ex vicesegretario del Psi Claudio Signorile.
Dai vecchi socialisti questo almeno Silvio Berlusconi lo ha imparato bene. Quando con loro e con Bettino Craxi, a Milano in particolare, ci faceva affari, più o meno leciti o quando, nel 1994, decise di raccoglierne l’eredità in Parlamento. E d’altra parte non è materialmente possibile promettere e poi mantenere le tante aspettative, a destra come a sinistra, al centro come nei paradisi della politica e del sottobosco melmoso dei partiti che scattano alla vigilia di elezioni impegnative. Questa logica vuole le sue vittime ed i carnefici che devono illudere per far quadrare i conti alla fine calano la mannaia.
E da giorni il gioco per il leader di Forza Italia si è fatto senpre più pesante e pressante. Preso da una generosità che non tiene conto del giudizio degli italiani e di quello del centrodestra nel suo complesso ( dove i conti vanno fatti anche con la Lega di Salvini e i Fratelli d’Italia di Meloni e Rampelli), stamattina dal cilindro del toto Palazzo Chigi il Nostro tira fuori (ma non è una novità assoluta) il nome delll’attuale presidente dell’assemblea di Strasburgo Antonio Tajani.
Lui a Palazzo Chigi? ” Sarebbe bellissimo…” ha chiosato Berlusconi postando su Fb una foto dove appaiono due signori, uno attempato ma fieramente attaccato dagli insulti inesorabili del tempo e dall’altra un personaggio con una faccia non particolarmente sveglia ed un sorriso da “perdonatemi se mi trovo qui a mia insaputa”, Tajani appunto, uomo d’apparato, politico mediocre e persona cui nessuno affiderebbe certo l’improbabile guida di un Paese che di problemi ne ha già abbastanza.Ora anche le boutade del Cavaliere.
Ma come dicevamo a Berlusconi piace scompigliare le carte altrui per dimostrare ad alleati e nemici che alla fine è sempre con lui che bisogna fare i conti, mentendo su quello che veramente pensa. E cioè il ritorno impossibile a Palazzo Chigi anche se per interposta persona. Ora, spiegare perchè per Berlusconi questa opzione rappresenta una strada non praticabile sarebbe lungo. Lui, il Capo, non vede i nuovi soggetti politici che si sono affacciati sulla scena (e non parliamo solo dei 5Stelle ora suoi nemici giurati da abbattere in vista di possibili alleanze con un altro personaggio, il segretario del Pd Renzi che in questa tornata elettorale rischia il suo tramonto politico), il fenomeno crescente dell’astensionismo soprattutto tra i giovani, e le contestazioni alla leadership che covano apertamente tra i suoi alleati di schieramento.
In un contesto cosi complicato il leader di Forza Italia ha giocato una carta che rischia di metterlo in gravi difficoltà, a lui come ai suoi alleati: la candidatura di Parisi nella corsa per il governatorato del Lazio. Questa scelta a giudizio di chi guarda la politica con maggiore freddezza di chi la vive da dentro, arriva tardi e male e ha già trasformato quella candidatura in un’anatra zoppa che contro un mediocrissimo Zingaretti prescelto dalla sinistra ma già in campagna elettorale da due anni, non può farcela. Parisi parte sconfitto, visto anche il notevole consenso che l’autocandidato polveroso che risponde al nome di Sergio Pirozzi si porterà dietro sottraendo voti al candidato naturalizzato milanese ma mai preso seriamente in cosiderazione a destra per la sua pretesa “militanza” tra Cgil e Pd meneghino.
Dunque Berlusconi e i suoi alleati calano sul Lazio una carta respinta già al mittente per le politiche nazionali dove lo stesso Cavaliere, sotto la sigla Energie per l’Italia, Parisi non lo aveva preso in considerazione come quarta gamba di uno schieramento, quello della destra, sempre più shakerato a piacimento dell’ex premier. Ma sembra che la promessa di tre deputati “sicuri” contro i cinque richiesti dall’Epi alla fine abbia messo d’accordo tutti, in Forza Italia e fuori. Proprio tutti però non diremmo. Di sicuro si può fare una facile previsione. Il governatorato del Lazio salvo un exploit della pentastellata Roberta Lombardi, resterà saldamente in mano di Zingaretti con buona pace di chi come Pirozzi aveva tentato uno ” strappo ” rispetto ad un passato pieno di ombre e di paralisi amministrativa.
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