A distanza di 10 anni dall’inizio della crisi i prezzi delle case nella penisola ellenica cominciano a risalire e il mercato immobiliare greco apre i battenti agli investitori esteri. Un recente sondaggio condotto da Kapa research per la Federazione ellenica della proprietà ha rilevato che per molti proprietari greci è estremamente difficile pagare le tasse sugli immobili: il 25,4 % non sarebbe in grado di onorare i propri debiti con il fisco, mentre il 38,3% lo troverebbe estremamente difficoltoso. Soltanto il 21,6% sarebbe in grado di rimpinguare le casse dello stato senza problemi. Dopo una flessione dei prezzi nel medio-lungo periodo pari al 42% (dati della Banca centrale greca) nel 2017 è stato registrato il calo più basso dei valori degli immobili dall’inizio della crisi: nella sola Atene il livello dei prezzi è sceso dello 0,35%, percentuale irrisoria se paragonata al 4,99% registrato nel 2015 o al 6,8% del 2014. Che il mercato immobiliare greco sia pronto per un definitivo rebound? Ne sono sicuramente convinti i numerosi investitori turchi, cinesi, russi e arabi che, attratti dalle opportunità offerte dalle golden visa (un passaporto greco rilasciato dal governo Tsipras a chi investe in Grecia, grazie al quale è possibile accedere a tutta l’area Schengen) hanno deciso fare la voce grossa nel mercato immobiliare greco. Gli acquisti, a prezzi davvero irrisori, stanno crescendo di pari passo con i problemi del popolo greco e la cosa non può far certo sorridere o inneggiare alla ripresa: mentre tra il 2013 e il 2017 venivano concesse 2000 golden visa, la percentuale di proprietari d’immobili presente nel paese crollava del 7,7% e oggi più della metà dei greci non ritengono conveniente o sicuro acquistarne di nuovi. Chi compra dall’estero sta in particolare effettuando massicci investimenti nelle aree urbane, dato che è proprio qui che si sono concentrate le maggiori sofferenze degli ultimi anni: l’alto tasso di disoccupazione e l’inasprimento delle tasse sulle abitazioni, ha incrementato la svendita massiccia di immobili una volta adibiti a uffici e sedi di aziende, facendo sì che i prezzi crollassero. Altro capitolo delicato riguarda gli NPL. I cosiddetti non performing loans, per la maggior parte costituiti da mutui, ammonterebbero secondo i dati della Banca Centrale greca a circa 105 miliardi di euro, una somma corrispondente al 60% dell’intero PIL greco. Il sistema bancario dello stato ellenico mira a ridurli di 40 miliardi entro la fine del 2019 e questa scelta potrebbe significare nuovi pignoramenti a garanzia dei debiti insoluti. Dal 2013 al 2017 sono state pignorati dal governo greco oltre 10000 immobili e altri provvedimenti di questo tipo sarebbero in arrivo proprio per ridurre il peso degli NPL nel sistema bancario: sotto la spinta del Fondo monetario internazionale e del resto dell’eurozona il governo greco, tramite il cosiddetto Omnibus Bill dello scorso 15 gennaio, ha trasferito tutte le aste degli immobili dei morosi greci dalle aule giudiziarie a internet, evitando così le veementi proteste dei cittadini ellenici registrate negli ultimi mesi del 2017. Il popolo greco sta pagando amaramente un’irresponsabile ondata di prestiti, sotto forma di credito al consumo, portata avanti dalle banche tedesche e francesi tra il 2004 e l’esplosione della crisi dei subprime. L’informazione ha puntato il dito contro i debitori, incolpati (spesso a ragione) di vivere al di sopra delle proprie possibilità, ma dimenticandosi di additare allo stesso modo i creditori, perfettamente consapevoli all’epoca della scarsa stabilità dei fondamentali economici greci. L’abbassamento improvviso dei tassi dovuto all’ingresso della Grecia nell’eurozona ha inondato il paese di prestiti e finanziamenti dall’estero, con cui i greci hanno acquistato prevalentemente prodotti esteri. Questo, a causa all’assenza della leva del cambio, ha portato una larga fetta del mercato ellenico a spostarsi su beni non commerciabili, ad esempio gli immobili (non importabili dall’estero) e chi ne ha beneficiato deve ora correre il rischio di rimanere senza una prima casa. A fare per primi le spese di questa macelleria sociale sono i 500000 (cinquecentomila) bambini sotto la soglia di povertà. E dire che qualcuno l’aveva definito “il più grande successo dell’euro”.
Federico Lordi
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