Il primo mattone di un governo destinato a riscrivere le regole del gioco, ovvero la nuova legge elettorale con la quale andare a votare magari il prossimo autunno, sembra essere stato piazzato con tanto di malta cementizia. La strategia del telefono e dei colloqui diretti, sembra dare ragione al segretario della Lega Matteo Salvini più che mai intenzionato a vedere se esistono le condizioni per andare da Mattarella e chiedere le chiavi di Palazzo Chigi. Per il momento le cose sembrano marciare nella direzione di un accordo.
Ieri il leader dello schieramento di centrodestra dopo aver chiuso definitivamente la porta in faccia al Pd ha telefonato al capo dei Cinquestelle per sapere se era disponibile a chiudere sulle nomine per le massime cariche dello Stato. A noi il Senato e a voi la Camera, avrebbe detto Salvini a Di Maio. E la cosa non dispiacerebbe al partito di maggioranza relativa che continua a ripetere “Ci spetta, siamo la prima forza politica del Paese”. Prima stretta di mano ed ulteriori accordi in vista? Siamo alle prove di governo?
Presto per dirlo, ma una serie di fatti confermano che questa potrebbe essere la strada giusta per uscire da uno stallo dato dai numeri e dai seggi scaturiti dalle urne undici giorni fa. Salvini ha deciso di prendere l’iniziativa e spingere l’acceleratore nel momento più critico dei suoi avversari, interni alla coalizione, ed esterni. Nel Pd il regolamento dei conti è appena iniziato e la confusione regna sovrana. Berlusconi, pur manifestando fastidio e chiusura verso le aperture di Salvini si limita a perorare la causa, al momento persa, di chiudere ai Cinquestelle. Ma fare come il cavaliere ha fatto fino ad oggi e cioè puntare su una opzione, quella di un’alleanza parlamentare (inesistente) tra i resti di un Pd malconcio e non in grado di poter fare alcun tipo di accordo, ed una Fi minoritaria nel suo schieramento, non ha nessuna possibilità di vedere la luce.
Forte di questo elemento e corroborato dalle”aperture” di Di Maio, Salvini va avanti forte anche del fatto che, al momento opportuno, sulle scelte istituzionali un drappello di deputati e senatori Pd, potrebbe aggregarsi e produrre così un’ampia maggioranza su tre punti fondamentali. Nomine di Camera e Senato appunto, predisposizione di un Def espressione qualificante di scelte condivise in materia economica e fiscale, nuova legge elettorale.
Difficile a questo punto immaginare scenari diversi, almeno per il momento. Due veti, pesantissimi, non ammettono e non legittimano alcun altro scenario se non quello del dialogo Lega-M5S. Il “no” forte e chiaro di Salvini a qualunque ipotesi di accordo con il Pd ( “la gente ci ha votato perchè li cacciassimo dalla stanza dei bottoni”) ed il no, altrettanto inappellabile di Orfini, Renzi e Calenda che non intendono sedere e trattare allo stesso tavolo con Di Maio. Ora si tratta di attendere le prossime mosse. Soprattutto quelle dell’erede politico di Grillo.
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