Innanzitutto deve esserci nella propria anima, poi in famiglia, nella comunica in cui si vive e si lavora – a scuola, negli uffici – quindi nel mondo. L’argomento di cui parla Papa Francesco oggi nell’omelia della messa a Casa Santa Marta è la pace.
“Cosa faccio io per aiutare la pace nel mondo? ‘Ma il mondo è troppo lontano, padre’. Ma cosa faccio io – ha chiesto il Papa – per aiutare la pace nel quartiere, nella scuola, nel posto di lavoro? Io prendo sempre qualche scusa per entrare in guerra, per odiare, per sparlare degli altri? Questo è fare la guerra! Sono mite? Cerco di fare dei ponti? Non condanno? Anche, domandiamo ai bambini: ‘Cosa fai a scuola? Quando c’è un compagno, una compagna che non ti piace, è un po’ odioso o è debole, tu fai il bullismo o fai la pace?'”
Fare la pace – ricorda Bergoglio- è un po’ imitare Dio, facendosi umili, senza sparlare degli altri o ferirli. La sua riflessione si snoda a partire dalla Prima Lettura della Liturgia di oggi (Isaia 11,1-10) e dal Vangelo (Luca 10,21-24).
Nelle parole di Isaia c’è una promessa di come saranno i tempi quando verrà il Signore: “Il Signore farà la pace” e “tutto sarà in pace”, ricorda il Papa. Isaia lo descrive con “immagini un po’ bucoliche” ma belle: “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello”, “il leopardo si sdraierà accanto al capretto” “e un piccolo fanciullo li guiderà”. Questo significa – spiega Francesco – che Gesù porta una pace capace di trasformare la vita e la storia e per questo è chiamato “Principe della pace”, perché viene a offrirci questa pace.
Il tempo di Avvento, appena iniziato, è il tempo giusto per prepararsi alla venuta del “Principe della pace”, ricorda papa Francesco, il tempo per curare la pacificazione prima di tutto “con noi stessi”: “Tante volte noi non siamo in pace” ma “in ansia”, “in angoscia, senza speranza”. E, fatto preoccupante, “siamo abituati a guardare l’anima altrui” osserva ancora il Pontefice lanciando l’invito a guardare prima la propria anima.
Poi, bisogna “pacificare la casa”, la famiglia. “Ci sono tante tristezze nelle famiglie, tante lotte, tante piccole guerre, tanta disunione delle volte”, nota ancora Francesco invitando, anche in questo caso, a chiedersi se la propria famiglia sia in pace o in guerra, se vi siano ponti o “muri che ci separano”.
Il terzo ambito che il Papa chiede di pacificare è il mondo dove “c’è più guerra che pace”, “c’è tanta guerra, tanta disunione, tanto odio, tanto sfruttamento. Non c’è pace”:
Cosa faccio io per aiutare la pace nel mondo? “Ma il mondo è troppo lontano, padre”. Ma cosa faccio io per aiutare la pace nel quartiere, nella scuola, nel posto di lavoro? Io prendo sempre qualche scusa per entrare in guerra, per odiare, per sparlare degli altri? Questo è fare la guerra! Sono mite? Cerco di fare dei ponti? Non condanno? Anche, domandiamo ai bambini: “Cosa fai a scuola? Quando c’è un compagno, una compagna che non ti piace, è un po’ odioso o è debole, tu fai il bullismo o fai la pace? cerchi di fare pace? Perdono, tutto?”.
E’ questa la ricetta di Papa Bergoglio per diventare“Artigiani di pace” in un tempo, quello di attesa del Natale, che la Chiesa suggerisce come il più indicato per prepararsi degnamente alla venuta del Salvatore.
Anche ieri Francesco, con gli studenti stranieri ospiti ad Arezzo di “Rondine-Cittadella della pace”, ha affrontato il tema complesso della pace nel mondo alla quale certamente contribuiscono atteggiamento e scelte dei capi di governo: per “togliere la guerra dalla storia dell’umanità”, la detto loro, “servono leader con una nuova mentalità”, che sappiano dialogare e confrontarsi: “Un leader che non si sforza di andare incontro al ‘nemico’, di sedersi con lui a tavola, come fate voi, non può condurre il proprio popolo verso la pace”.
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