Alberto Forchielli, consapevole del suo ruolo di privilegiato, figlio della medio-borghesia emiliana, studente modello “masterizzato” con onore ad Harvard nel 1981 e “globalizzato da quarant’anni”, in un pamphlet caustico e sboccato invita i “figli dei parassiti” (parassiti tra i quali, cospargendosi generosamente il capo di cenere, pone anche se stesso) a riprendere in mano il proprio destino.
Il titolo della sua lettera ai giovani è eloquente: “Muovete il culo!”, scritto a caratteri cubitali su una vivace copertina gialla, edito da Baldini+Castoldi.
A rendere interessante questo volumetto non è tanto l’ennesimo richiamo ad una generazione bellamente addormentata nel bosco, che se non si sveglia per tempo dal sonno malefico in cui l’ha precipitata una politica matrigna e cialtrona, sarà cancellata da questo pianeta, quanto l’analisi lucida e cinica di quali siano state le conseguenza tangibili della mala gestione industriale, sociale e politica, degli ultimi quarant’anni.
Forchielli, una laurea e un master in economia, ha le idee molto chiare su dove si sia intoppata la crescita italiana, che nel secondo dopoguerra ha fatto sperare un’intera generazione – da lui definita la Great Generation, quella di suo padre – di riuscire a trasformare l’Italia, allora “arretrata come uno staterello nordafricano”, in “una grande potenza economica su scala planetaria”.
La prima causa è stata la “caduta verticale del tessuto morale del Paese”, ossia la crescita esponenziale dell’interesse personale e la “furbizia che ha spodestato l’etica del lavoro”, in un Paese dove vige uno “spregio totale delle regole”, ma dove solo lo 0,9% della popolazione carceraria è composto da chi infrange le norme che regolano l’economia (finanza, fisco, etc.), “un quinto rispetto alla media europea e un ventesimo rispetto alla Germania”.
La seconda ragione è l’arretratezza del nostro sistema scolastico, dove i docenti invecchiano da precari e ad ogni generazione si propone una nuova riforma dell’intero sistema nonché una riforma dei criteri di accesso alle cattedre. Il risultato è che i nostri figli studiano con quelli che potrebbero essere i loro nonni, in strutture fatiscenti, con programmi obsoleti. Non va meglio all’università – insiste Forchielli – dove i nostri poli non reggono il confronto né con i tradizionali College Americani e Inglesi (Cambridge, Berkley, Oxford, Harvard, Stanfor ai primi 5 posti della classifica del World University Rankings stilata dalla QS) né con le emergenti Università Cinesi e Indiane che sfornano super laureati in materie scientifiche, ingegneristiche e informatiche (secondo Forchielli e non solo per lui, settori chiave dello sviluppo economico mondiale) al ritmo di più di 7 milioni l’anno, ciascuna.
La terza ragione è – per Forchielli – la profonda ignoranza del popolo italiano e dei suoi dirigenti, che non solo non leggono più (secondo il Rapporto AIE del 2016 il 58% degli italiani non legge nemmeno un libro l’anno), ma si informano con giornali che pubblicano editoriali con “le solite prediche vecchie di trent’anni” e convivono con “l’impatto malefico delle TV” dove le “informazioni che contano non vengono riportate nemmeno nelle notizie ‘brevi’ e le pagine di economia sono tutte infarcite di marchette”. Studiare l’inglese per accedere a un’informazione migliore e muoversi nel mondo, è per Forchielli la chiave che apre il futuro, insieme ad una laurea nelle materie STEM, che sta per “Science, Technology, Engineering e Mathematics”. Filosofia, Letteratura, Arte, che nel nostro Paese hanno toccato i massimi livelli mondiali vanno bene per il tempo libero, non per costruirci il proprio futuro sopra, né quello della nazione; per Forchielli infatti molto meglio imparare seriamente una professione manuale: pasticcere, cuoco, pizzaiolo, sommelier – ma quelli non usano solo il naso? – enologo, paramedico, badante professionale, maggiordomo etc. E poi partire alla conquista del mondo, sì perché è chiaro che l’Italia non offre più prospettive, impantanata com’è in una decrescita progressiva sia economica che demografica, un invecchiamento costante con 13,5 milioni di residenti over sessantacinque pari al 22,3% della popolazione totale (dati Istat 2017), la disoccupazione giovanile al 37,1 % (dati Istat 2016), i redditi medi dei trentenni tra i più bassi d’Europa e non solo.
Dunque che fare? Muovere il culo, naturalmente! Visto che il costo del lavoro, la burocrazia e la fiscalità ci rendono anti-competitivi, che il Paese è da decenni “del tutto disabituato a ogni criterio meritocratico”, col fatto che “si punta a mettere in una determinata poltrona l’uomo che poi ricambierà il favore elargendo tanti favori”, che i figli dei grandi industriali si sono rivelati del tutto incapaci di proseguire l’opera dei propri padri e così pure la nuova classe politica, con gli uomini nei gangli vitali di finanza e politica “anziani fuori e dentro, anagraficamente e intellettualmente, legati a logiche antiche”, scappare all’estero, con una laurea in tasca e per fare un lavoro qualificato però, pare essere l’unica soluzione. Oppure più prosaicamente, se proprio si vuole restare nonostante l’evidente “handicap di un habitat ostile”, smettere di lamentarsi e rimboccarsi le maniche, rioccupandosi degli interessi comuni “dal buon funzionamento del nostro condominio fino all’amministrazione della cosa pubblica”, lavorando nei settori che funzionano (ristorazione, turismo e agricoltura 2.0 in primis) e poi mettersi in proprio appena possibile. Tertium non datur? Secondo Farchielli, un’altra possibilità esiste ed è fare la rivoluzione. Ma per far quella – ci informa – dobbiamo aspettare il suo prossimo libro.
Elisa Rocca
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy