Il pasticcio della crisi di governo è servito. La voglia dell’iperattivo leader della Lega, Matteo Salvini, tarantolato estivo costretto dal carattere (e dal partito) a servire su un piatto d’argento la fine dell’esecutivo nel momento meno adatto per il Paese, è stata finalmente appagata.
Con una manovra spregiudicata ed azzardata al tempo stesso, Salvini è riuscito a mettere nell’angolo il “nemico” interno, ovvero l’ex alleato ed amico, Luigi Di Maio neutralizzandolo per “andare avanti da solo”, “senza guardare al passato”. Una mossa geniale non c’è che dire. Chiudere con il passato e garantirsi il futuro. Un colpo solo, due vittime: il socio di oggi, i Cinquestelle, il padrino di ieri e possibile alleato di domani, Silvio Berlusconi. Bruciato senza neanche citarlo per nome.
I bagni di folla sulla sabbia e i sondaggi non sono ovviamente estranei a questa pressione sempre più venata di arroganza. Ma l’eccesso di sicurezza a volte può giocare brutti scherzi tanto più quando si chiude con gli amici di ieri e di oggi e quando gli altri dentro e fuori del Paese ti aspettano al varco.
La segreta speranza di Salvini di fare il pieno di voti quando si tornerà a votare, probabilmente alla fine di ottobre, potrebbe riservare qualche sorpresa. Viste le modalità che hanno portato alla richiesta di dimissioni del governo Conte e vista la volontà dello stesso premier di “parlamentarizzare” la crisi, consente di dire che nulla è scontato.
Anzi. L’unica cosa certa è la costituzione di un governo di garanzia elettorale che poi porti al voto. Un voto è bene dirlo che potrebbe non garantire maggioranze certe anche se Salvini dovesse ottenere un ottimo responso dalle urne.
La partita resta apertissima perchè nel prossimo autunno, l’Italia si troverà schiacciata da una scadenza micidiale, quella della presentazione e dell’approvazione della legge di bilancio. Una finanziaria che sarà passata al vaglio (non certo generoso con governi guidati da sovranisti), di una Ue ancora a guida franco tedesca, non certo amica della penisola tricolore.
Pensare poi che su quella legge non si scaricheranno tutte le contraddizioni di una crisi al buio come questa è pura illusione. Il confronto parlamentare renderà difficile e pesante il terreno su cui maggioranza ed opposizione in autunno si misureranno sulle scelte da fare soprattutto in materia economica.
E gli italiani quando saranno chiamati ad esprimersi su norme dove prevarranno lacrime, sacrifici (ancora) e sangue e non certo quei provvedimenti sociali, fiscali e di rilancio economico che pure il governo Conte Salvini Di Maio avevano cominciato ad approvare ed impostare nell’interesse del Paese, si regoleranno di conseguenza.
Il dibattito parlamentare stabilirà con esattezza le responsabilità di chi e perché ha voluto la crisi. E le considerazioni degli elettori sulla bontà a meno di questa scelta, si trasferiranno pari pari sulle schede. Salvini è avvertito.
La crisi del governo gialloverde si è dunque materializzata. Con grande gioia di quanti (e sono tanti) che non avevano digerito la sconfitta epocale del 2018. La politica tutto può, ma chi pensa che nelle prossime ore un personaggio modesto e politicamente poco lucido come Zingaretti possa svolgere un ruolo come opposizione e aprire nuovi scenari, non ha ancora inquadrato la crisi profonda del partito del Nazareno che rischia di restare orfano anche della componente che fa capo a Renzi, che alla prossima assemblea della Leopolda a Firenze potrebbe decidere di andarsene per proprio conto.
Tra qualche settimana sarà calato anche il polverone fatto di avvisaglie, battibecchi, accuse e ambiguità che ha caratterizzato l’ultimo mese di vita dell’esecutivo Conte e allora si saprà veramente come sono andate le cose.
Ma nel frattempo a godere sono i grandi sconfitti del 2018: i poteri forti, la finanza speculativa, gli amici dell’asse franco-tedesco, il Vaticano, vergognosamente schierato sulla questione migranti, i grandi gruppi industriali parassitari come i Benetton.
Galvanizzato dalle urne europee e spinto dal vento in poppa dei no all’Europa cinica e truffaldina che per anni aveva lasciato l’Italia sola di fronte al dramma dell’immigrazione clandestina, il leader della Lega ha voluto chiudere prima del tempo l’esperienza del governo Conte e di conseguenza l’alleanza voluta dagli italiani che nel giugno dello scorso anno, con la nascita di una maggioranza giallo verde, avevano deciso di lasciarsi alle spalle dodici anni di crisi politica, economica e morale.
Nel torrido caldo d’agosto, con una accelerazione senza precedenti Salvini in preda ad una specie di delirio di onnipotenza farcito di inchini un po’ melliflui ed esposizione continua di amuleti, rosari, crocifissi e felpe ha fatto capire che con lui e senza i Cinquestelle che ritardavano il suo ruolino di marcia all’interno dell’azione di governo, gli italiani potevano e dovevano aspettarsi solo un futuro paradisiaco.
Sarà vero? I fatti raccontano una verità diversa, meno entusiasmante e decisamente più inquietante. I prossimi giorni, dopo il voto sulle mozioni di sfiducia a Salvini e Conte, daranno le prime risposte e diranno chi ha ragione. L’Italia intanto, resta ferma al palo.
Enzo Cirillo
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