Sul piano tecnico nulla di trascendentale (anche se lo stop a seguire di petto di Neymar che genera il tap in vincente di Fred è da urlo), su quello dell’intensità, invece, Brasile-Uruguay ha mantenuto in pieno le promesse e aggiunto un ulteriore capitolo denso di pathos alla storica rivalità che separa i due colossi del continente sudamericano (Argentina permettendo). Alla fine, l’ha spuntata per 2-1 la formazione di casa, più determinata nel cercare la vittoria nei minuti finali. Ma quanta sofferenza per forzare alla resa il fortino intelligentemente predisposto da Tabarez. Un Brasile già plasmato ad immagine e somiglianza del suo tecnico, Luis Felipe Scolari, da sempre fautore di un calcio molto pratico e muscolare, da battaglia, e che poco regala a chi vorrebbe sempre vedere una Seleçao fantasiosa e ispirata. L’ispirazione è demandata ai lampi individuali della stellina Neymar, pur irritante per la tendenza a lasciarsi andar giù al primo refolo di vento. Il solito Uruguay, tosto, grintoso, maestro nel giocare dietro la linea del pallone e micidiale nelle ripartenze affidate ai tre tenori tra i quali, dopo un torneo anonimo, è brillato su tutti il quasi ex napoletano Cavani (al rientro in Italia lo attenderà un confronto di fuoco con De Laurentiis). Una partita a tutto tondo la sua: gol e pericolosità davanti, corsa a centrocampo e persino sacrificio in difesa ad aiutare il Fort Alamo voluto da Tabarez sui calci piazzati. Una Celeste che ha giocato la partita che ci si attendeva, un Brasile meno pimpante del previsto e molto preoccupato di fallire l’appuntamento di domenica con il nuovo Maracanà che già si preannuncia esaurito. Ne è scaturito un match ad alta tensione emotiva, soprattutto per i 60000 del Mineirao terrorizzati all’idea di vivere un “Mineirazo”. E i presupposti per un’altra atroce beffa c’erano tutti. I supplementari sembravano un traguardo ormai acquisito per gli uruguagi che davano anche l’impressione di poter affondare il colpo decisivo in qualsiasi affondo, avendo creato, dopo il pareggio di Cavani, le due occasioni più clamorose per il raddoppio. Ed è qui che è emerso lo spirito guerriero degli uomini di Scolari. La sostituzione di un Oscar logorato dalla lunga stagione inglese ( e protagonista con i Blues del Chelsea anche in Europa League fino al suo atto conclusivo) e gli ingressi del laziale Hernanes ma, soprattutto, dell’idolo della sponda “atleticana” di Belo Horizonte, Bernard, altra felice intuizione del pluridecorato tecnico brasiliano, hanno dato nuova linfa agli asfittici tentativi dei verdeoro. E’ stato così Paulinho, gran giocatore e gran perdita per il nostro calcio ( niente Inter né Roma per lui, sarà del Tottenham), a siglare a quattro minuti dal termine il gol scaccia-incubi che ha deciso il nome della prima finalista. Splendido il suo stacco aereo su angolo pennellato da Neymar ma notevoli responsabilità vanno ascritte anche a Caceres, colpevole di essersi fatto superare nello stacco, e a Muslera, rimasto a metà strada nell’uscita. Il momento-chiave, però, col senno del poi, risulterà essere il rigore coraggiosamente concesso (ma c’era) dal cileno Osses agli ospiti dopo neanche un quarto d’ora dall’inizio per trattenuta di David Luiz all’anima della Celeste, Diego Lugano. Dal dischetto, battaglia di nervi tra i due ex compagni all’Inter, Forlàn e Julio Cesar, conditi da tanto di perdita di tempo del portierone e dal sorrisetto di risposta dell’attaccante. E’ il brasiliano il più lesto ad estrarre la colt dal cinturone e a intercettare il pallone distendendosi alla sua sinistra. Il protagonista forse meno atteso ma quello che, alla fine, avrà avuto i meriti maggiori. Senza dimenticare la solita griffe del sottostimatissimo Fred, lento e poco partecipativo alla manovra, ma tecnica di prim’ordine e fiuto della rete da opportunista di razza. Fa bene Scolari a riproporlo sempre nonostante le critiche della stampa.
Stasera, avremo il nome dell’altra finalista e la cosa ci interessa piuttosto da vicino. In campo, alle 21, ora italiana, ci saranno gli Azzurri, impegnati nella mission impossibile contro le “furie rosse”, campioni di tutto ( meno che della Confederations Cup) e desiderosi di confermare di essere furie anche al di fuori delle turbolente serate in hotel. Prandelli e i suoi avranno l’unico vantaggio reale di poter affrontare la gara senza alcuna pressione né aspettativa di sorta. Con la forza dei nervi distesi che, ogni tanto, al nostro calcio farebbe pure bene. Ma il divario che ci separa da uno squadrone che non perde da 25 partite e due anni è oggettivamente significativo. Verranno recuperati alla causa gli acciaccati Pirlo e Montolivo e il reduce dalla squalifica, De Rossi. Ma, inutile negarlo, l’assenza forzata di Balotelli ( sarà sostituito da Gilardino) ci priva anche della possibilità di rovesciare le sorti del match con un blitz isolato di SuperMario. L’obiettivo sarà replicare il miracolo tattico di Danzica agli Europei di un anno fa quando , prima di naufragare sotto il peso di un in equivoco 4-0 nella finale di Kiev, avevamo già affrontato gli spagnoli nel girone in Polonia. Allora riuscimmo ad essere cortissimi e ad innalzare la maginot difensiva sino alla metà campo. La speranza è di aver recuperato almeno parte di quella brillantezza atletica fin qui mancata giocando, all’occorrenza, anche con il cronometro perché, come fatto notare argutamente da Pirlo, si può passare anche senza vincere.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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