In Italia sono state sospese alcune fondamentali garanzie costituzionali ma pochi purtroppo sembrano essersene accorti. Quel che è peggio poi è che tanti che potrebbero e dovrebbero dire o fare qualcosa, non si muovono. Preferiscono stare alla finestra.
Sembra che il pauroso vuoto di legittimità giuridica (evidenziato da autorevoli costituzionalisti come Baldassarre, Cellino, Ainis, Cassese, solo per citarne alcuni) costruito da questo governo improvvido e pasticcione, non interessi proprio nessuno.
Purtroppo sono in tanti a tacere, vergognosamente: non parla il Capo dello Stato, Sergio Mattarella; non si muove la presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia che soltanto oggi, dopo oltre due mesi di penoso silenzio sulla sospensione della Carta, parla di quest’ultima come della “bussola che deve regolare i comportamenti nell’emergenza”. Una frase sibillina che dice tutto e niente ma che consentirà al governo di andare avanti senza per questo dover rispondere del proprio operato.
Tace e acconsente a tutto questo il mondo delle politica e dei partiti che insieme ad un Parlamento autoesautorato, continua a brillare per assenza e acquiescenza colpevole.
Non fermato al momento giusto ed aiutato da questo fragoroso e compiacente silenzio, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha continuato a varare provvedimenti lesivi dei diritti dei cittadini a cominciare dalla restrizione delle libertà e dalla impossibilità per famiglie e imprese di potersi procurare i mezzi necessari ad andare avanti ed onorare gli impegni con Stato, mercato e società civile.
Considerazioni esagerate? Non si direbbe proprio.
Conte da due mesi, in nome dell’emergenza, dirige e governa il Paese attraverso DPCM, ovvero con atti amministrativi che diventano legge “in automatico” per i cittadini, ossia senza che su questi provvedimenti sia arrivato il via libera da parte delle autorità istituzionali di controllo, previste dalla Costituzione. In pratica, abbiamo un Premier, coadiuvato da “tecnici”, che decide in maniera insindacabile, su materie delicate che controllano, condizionano ed il più delle volte, sconvolgono la vita di persone, famiglie e imprese.
Pochi atti amministrativi sono stati sufficienti per mettere a cuccia e sotto tutela decine di milioni di persone. Tutto ciò, senza la possibilità che qualcuno potesse interloquire, se non proprio correggere, quanto deciso da “un uomo solo al comando”.
Ma qualcuno è consapevole della deriva autocratica, se non addirittura autoritaria che l’emergenza virus sta provocando nel Paese? Ho ripensato spesso alle parole di Conte nel presentare il suo ultimo decreto capolavoro. “Vedremo se consentire…”, “Concediamo…” “Proibiremo…”. Fastidiose ed arroganti parole per sudditi, pronunciate da chi, in questo momento, in assenza totale di interlocutori, pensa di fare ciò che vuole, in aperto contrasto con quanto previsto dalle leggi e dalla stessa Costituzione.
È giusto chiedersi se e per quanto tempo il Paese possa restare senza rete di protezione? Ma a qualcuno non viene il dubbio che la gestione dell’emergenza stia partorendo un precedente pericolosissimo per le istituzioni repubblicane proprio nel momento in cui si aprono scenari pesanti per la corretta gestione democratica di una crisi economica e sociale che potrebbe catapultare il Paese indietro di decine di anni?
Qualche riflessione coraggiosa su questa domanda dovremmo pur farcela! Nell’interesse di tutti.
Enzo Cirillo
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